La Cattedrale di Brindisi

LA STORIA

La Cattedrale di Brindisi come era, probabilmente alla sua nascita, nel 1143. Da un disegno di Antonio Mingolla (*)

“La Cattedrale di Brindisi, ovvero la Basilica di San Giovanni Battista, della quale la prima pietra fu posta da papa Urbano II nel 1089, fu compiuta entro il 1143.” (1)

La sua origine è “avvolta nella leggenda: il primo Apostolo della città di Brindisi, S. Leucio, avrebbe appreso in sogno che la sua missione era quella di abbandonare la cattedra vescovile nella nativa Alessandria d’Egitto per recarsi a Brindisi e liberare la città dagli eretici. La missione fu compiuta così degnamente che il Santo volle innalzare una chiesa proprio nel luogo in cui aveva avuto la consolazione di battezzare  27.000 convertiti; la chiesa fu dedicata alla Beata Vergine e a S. Giovanni Battista e sorse su un antico tempio pagano dedicato al Sole e alla Luna. Era il secondo secolo dell’era cristiana. Nessun documento storico è a sostegno della tradizione che vorrebbe vedere in questa chiesa le prime origini della cattedrale brindisina, la cui esistenza è invece documentata nel secolo XII: due epigrafi su lastre marmoree murate nella sagrestia riportano, con chiaro riferimento, al normanno Ruggero  e all’arcivescovo Bailardo che edificò il tempio negli anni 1139-1143.” (2)

“L’intrapresa sottolineava la ricostruzione della città, voluta dai normanni nel contesto della loro politica d’espansione verso oriente; Brindisi, di fatto, riacquistò in breve il ruolo, già suo proprio nell’età antica, di caposcalo nelle rotte verso levante, passaggio obbligato per quanti da Roma volevano dirigersi verso Gerusalemme.
A sottolinearne il ruolo, Ruggero, figlio di Tancredi, fu qui, nella grande cattedrale, incoronato re di Sicilia nel 1191, primo fra i normanni ad esserlo fuori Palermo, e nell’anno successivo si unì in matrimonio con Irene, figlia di Isacco l’Angelo imperatore di Costantinopoli.
Nel 1225 ancora proveniente dall’oriente, la quattordicenne Isabella di Brienne, regina di Gerusalemme, avrebbe celebrato le proprie nozze in Brindisi; lo sposo era il signore dell’occidente, l’imperatore Federico II.
È nella cattedrale, prossima alle banchine del porto, che si riuniscono in preghiera i crociati prima di salpare verso Terra Santa: Brindisi è campo di raduno già dei partecipanti alla I crociata. I segni della secolare presenza della basilica cattedrale nella via dei pellegrini, da Roma a Gerusalemme, sono nelle reliquie che allora arricchiscono il suo tesoro: il braccio di San Giorgio, l’idria delle nozze di Cana, le reliquie di san Teodoro d’Amasea rendono alla sede metropolitica brindisina prestigio e alla città flusso ininterrotto di pellegrini. ” (3) (a)

Disegno storico del Blaeu 1703 - Museo Diocesano Giovanni Tarantini
Disegno storico del Blaeu 1703 – Museo Diocesano Giovanni Tarantini

“Di questa antica chiesa rimane oggi ben poco: nella notte tra il 20 e il 21 febbraio dell’anno 1743 un violento terremoto causò danni alla Cattedrale, al palazzo arcivescovile e al campanile. Le lesioni causate alla Cattedrale indussero il clero a ristrutturarla radicalmente, secondo il gusto dell’epoca. Alla Cattedrale normanna appartengono: i resti dell’abside con un doccione a forma di elefante e del pavimento musivo, che fu quasi del tutto distrutto lo scorso secolo dall’arcivescovo R. Ferrigno; un capitello, ora nel Museo Provinciale , che presenta animali poggianti su fogliami d’acanto” (2).

Occorsero alcuni anni perchè la Cattedrale risorgesse; questo accadde nel luglio del 1750 quando la “nuova” chiesa fu terminata, come attestano le epigrafi a lato del portale. In seguito fu più volte restaurata.

“Tra il 1920 e il 1923, ad iniziativa dell’arcivescovo Tommaso Valeri (1910 – 42), si completò la facciata con un timpano cui si pensò di sostituire, coi restauri avviati nel 1957, promossi dall’arcivescovo Nicola Margiotta (1953-75) e condotti sotto la direzione dell’arch. Lorenzo Cesanelli, le statue dei santi Teodoro, Lorenzo da Brindisi, Leucio e Pio X, in cemento, modellate da Alessandro Fiordegiglio. I lavori si conclusero con la solenne riapertura della basilica il 18 luglio 1959..

Il Duomo. (N.B. Se si guarda con attenzione, sulla destra, si intravede la sagoma del Cappellone del SS. Sacramento)
Cappellone del SS. Sacramento.

Il campanile, ove è ammurato lo stemma dell’arcivescovo Giovan Battista Rivellini (1778-95) che ne promosse la costruzione protrattasi dal 1780 al 1793, fu progettato dagli architetti Giuseppe e Carlo Fasano di Ostuni; danneggiato dai bombardamenti aerei alleati su Brindisi durante la seconda guerra mondiale, fu ricostruito attenendosi all’antico modello. Della chiesa romanica è rimasta la planimetria basilicale, comune a quella della coeva basilica di San Nicola in Bari, a tre navate senza transetto” (7). Sulla navata destra si apre il cappellone del Santissimo Sacramento comprendente anche gli altari di S. Antonio di Padova e S. Teodoro d’Amasea.

Il campanile ove è ammurato lo stemma dell’arcivescovo Giovan Battista Rivellini (1778-95)
Particolare del campanile.

Il pavimento a mosaico

“Il pavimento musivo di Brindisi, voluto dall’arcivescovo francese Guglielmo (1173-81), ha grandemente sofferto lungo i secoli sino alla distruzione avvenuta per volere dell’arcivescovo Raffaele Ferrigno (1856-75). Oggi sono visibili alcuni frammenti nella navata laterale sinistra ed intorno all’altar maggiore. Il mosaico fu opera di un artista che probabilmente conosceva i pavimenti di Otranto e Taranto; creò tuttavia una composizione originale sia per lo stile che per l’inserimento di nuove immagini, come la figura di Ascanio e per il rilievo dato ad episodi della Chanson de Roland. Nei frammenti che sono verso il fondo della navata sinistra è la rappresentazione di un tronco d’albero che ha radici sopra un globo con decorazione a giglio, spinto verso destra da due uomini, tra cerchi a larghe bordure e con decorazioni zoomorfe nell’interno.

Frammenti del mosaico in fondo alla navata sinistra.
Frammenti del mosaico in fondo alla navata sinistra.

Frammenti del mosaico in fondo alla navata sinistra.

Gli altri vicino l’altare maggiore includono cerchi a larga bordura in cui sono motivi zoomorfi. A differenza di ciò che resta nella navata, vi sono animali non inclusi in cerchi o cornici che giocano dentro e fuori i bordi, alla destra e alla sinistra dell’altare. Questi animali sono movimentati e vari: cani che mordono cani, uccelli con colli legati, bestie con code trasformate in feroci teste ed uccelli appaiati coi colli intrecciati attraverso le eleganti bordature alla base dell’originale muro absidale.” (3)

Frammenti del mosaico vicino all’altare maggiore.
Frammenti del mosaico vicino all’altare maggiore.
Frammenti del mosaico vicino all’altare maggiore.
Frammenti del mosaico vicino all’altare maggiore.
Frammenti del mosaico vicino all’altare maggiore.
Frammenti del mosaico vicino all’altare maggiore.
Frammenti del mosaico vicino all’altare maggiore.

Presbiterio e Altari

“L’area presbiteriale fu rialzata, rispetto al piano delle navate, allorché si ripensarono gli spazi della chiesa in relazione alle indicazioni offerte dal Concilio di Trento; l’abside centrale fu demolita sul finire del 1582 per dar luogo al magnifico coro dei canonici. Il presbiterio è definito da una balaustra marmorea “di marmo saravazzo” eseguita durante l’episcopato di Antonino Sersale (1743-50) che ne commise la realizzazione al napoletano Aniello Gentile che iniziò il lavoro il 1748. Nel novembre di quell’anno il maestro si fece sostituire nell’incarico dal concittadino Michele Capuezzo cui si sarebbero aggiunti, su indicazione dello stesso Aniello, Antonio Polmone e Gennaro Chiriatti. Il 5 ottobre 1749 fu consegnata l’opera. Ancora al Gentile va ricondotto il rifacimento degli altari nelle cappelle del Santissimo Sacramento, di Sant’ Antonio da Padova e di San Teodoro d’Amasea” (3). Il gusto contemporaneo ha privato la chiesa degli altari barocchi laterali.

Balaustra marmorea “di marmo saravazzo”
Balaustra marmorea “di marmo saravazzo”
Balaustra marmorea “di marmo saravazzo”
Altare maggiore
Altare nella Cappella del Santissimo Sacramento.
Altare nella Cappella di S. Antonio di Padova.
Altare nella Cappella di S. Teodoro d’Amasea.
Emblema araldico cittadino riprodotto in marmo.
Coppia di putti.
Portacandelabro.
Acquasantiera a muro.
Acquasantiera con piede.

Il Coro

“Di particolare interesse artistico è il coro ligneo, commissionato dall’arcivescovo Andrea de Ajardi alla fine del XVI secolo, una delle poche cose sopravvisute al terremoto e successiva demolizione del XVIII secolo. Esso, tuttavia, ha subito, soprattutto nei due secoli successivi a quello della costruzione, aggiunte, asportazioni, sostituzioni, visibili peraltro nelle differenze stilistiche delle varie parti e nel differente colore del legno. Si segnalano, per capacità creativa e magistrale esecuzione: la formella di S. Giorgio e il drago, con uno scorcio della Brindisi cinquecentesca (riconoscibili Porta Mesagne, la chiesa e il campanile di S. Benedetto, la chiesa di S. Paolo, la Cattedrale); la formella di S. Teodoro che, nelle vesti di cavaliere spagnolo, trafigge il demonio, sullo sfondo, il mare con nave a vela e le antiche torri poste all’ingresso del porto di Brindisi.” (2)

Brindisi, Chiesa Cattedrale. Coro, veduta d’assieme. (4)
Coro, cattedra arcivescovile.(4)
Coro, S. Michele Arcangelo che trafigge il demonio. (4)

Coro, S. Andrea apostolo tra la Giustizia e la Carità. (4)

Coro, S. Girolamo penitente. (4)
Coro, S. Leucio (4).
Coro, S. Marina (4)
Coro, S. Cristoforo. (4)
Coro, S.Giorgio.
Coro, S. Teodoro (4)
Coro, da sinistra verso destra: S. Pelino, S. Lucia, S. Giorgio, S. Ciriaco, S. Martino di Tours. (4)
Coro, stemma dell’arcivescovo de Ajardi (4)
Coro, S. Paolo, decorazione dello stallo del canonico forestiero. (4)
Coro, S. Pietro, decorazione dello stallo del vicario. (4)
Coro, grotteschi ornitomorfi. (4)
Coro, l’orante. (4)
Coro, decorazioni geometriche degli scanni dei presbiteri. (4)
Coro, decorazioni geometriche degli scanni dei presbiteri. (4)
Coro, Telamone e Cariatide dei dossali degli stalli dei canonici. (4)
Coro, Telamone e Cariatide, altra veduta dei dossali degli stalli dei canonici. (4)
Coro, poggioli degli scanni dei presbiteri (il penultimo: il frate) (4)
Coro, poggioli degli scanni dei presbiteri – part. (4)
Coro, particolare. (4)
Coro, la celata (primo a sin.) (4)
Coro, pannello con decorazione fitiforme. (4)
Coro, (part.) angolo. (4)

“Precisata l’età in cui furono intagliate le formelle con le immagini dei santi (XVI secolo ndr), ossia della parte più importante di questo monumento ligneo brindisino, resta da precisare la personalità dell’anonimo intagliatore. Egli offre notevoli elementi di contraddizione. In alcuni casi si attiene a schemi iconografici del passato, come nella rappresentazione dei santi vescovi e delle vergini Lucia e Marina, in altri ostenta una propria autonomia creativa. Dimostra d’essere libero dalle contingenze e dal luogo in cui visse, superando i limiti veristici in una tesi d’idealizzazione. La più valida conferma, per considerare nell’artista i meriti di architetto e scultore, e nell’uomo una propria visione filosofica della vita, può essere data dall’esame del suo autoritratto, eseguito in un rettangolo orizzontale alle spalle della cattedra dell’arcivescovo. In esso egli è rappresentato in costume di liberto, scalzo, coperto di una corta tunica, con una mano sopra l’impugnatura di uno scudiscio e l’altra al cappello dalle larghe falde che pare calcarsi in testa.” (4)

Coro, ritratto (parziale) dell’intagliatore del 1500. (4)

A QUESTO LINK un articolo specifico e dettagliato di Brundarte sul coro ligneo

L’interno

“A destra di chi entra ed a metà della Navatina, si trova l’apertura completa dell’arco che immette nella Cappella del SS. Sacramento, costruita fin dal 1500 e restaurata poco dopo il terremoto del 1743. La bella cappella con cupoletta nel centro e lucernario illuminante, porta ai lati due altre Cappellette, od Oratori votivi, dedicati il destro a S. Teodoro, e il sinistro a S. Antonio da Padova.” (5)

La Cupola del Cappellone del SS. Sacramento con i dipinti.

Cupoletta della Cappella del SS. Sacramento.

“Nelle quattro tele poste sul tamburo della Cappella del SS. Sacramento in Cattedrale sono rappresentati rispettivamente, i seguenti temi: a) Mosè e il serpente di bronzo; b) Mosè e il sacrificio offerto a Dio; c) Mosè e le acque scaturite dalla roccia; d) Mosè e la manna caduta dal cielo. Le quattro opere sono dovute ad unico autore (ignoto pittore locale ndr) operante su schemi compositivi classicheggianti, databili alla seconda metà del Settecento.” (6)

Mosè e il serpente di Bronzo
Mosè e il sacrificio offerto a Dio
Mosè e le acque scaturite dalla roccia.
Mosè e la manna caduta dal cielo.

La Cappella del SS. Sacramento 

Cappella del SS. Sacramento.

le Volte e gli Affreschi

I Dipinti.

“Dipinto raffigurante l’Ultima Cena di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767). In questa pala centinata (ricurva ndr) è rappresentata l’ultima cena di Gesù. Il Cristo, in piedi innanzi ad una tavola rotonda imbandita, istituisce l’Eucarestia. Attorno alla tavola seggono gli apostoli; S. Giovanni dormiente s’appoggia al Maestro, Giuda in primo piano sulla destra, guarda verso l’esterno, tenendo con la mano sinistra i denari del tradimento. In basso al centro, un cane beve in una bacinella ricolma d’acqua. La scena è racchiusa in un vano architettonico.” (6)

L’Ultima Cena, 1715 di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767)

Sulle pareti vi sono due tele rappresentanti, a sinistra, il Giudizio di Salomone e a destra, Salomone e la Regina di Saba.

“Dipinto raffigurante il Giudizio di Salomone del 1715 di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767). Al centro è raffigurato il saggio Salomone seduto su un trono ligneo. Innanzi a lui le due madri ed il soldato che si accinge a dividere il neonato “in questione”. Alla destra del re giace il corpo esanime di infante. Sul lato sinistro sono rappresentate alcune figure dietro una balaustra ed una colonna con immagini e decorazioni scolpite.” (6)

“Dipinto raffigurante Salomone e la Regina di Saba del 1715, di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767). La Regina di Saba s’inchina innanzi al Re Salomone. Alle spalle della Regina, alcune donne recano capienti anfore ricolme di monete d’oro. Altri personaggi sullo sfondo ove è raffigurata una struttura architettonica circolare con cupolone.” (6)

Salomone e la Regina di Saba del 1715, di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767).

Cappella di S. Teodoro

Cappella di S. Teodoro

I Dipinti.

Pregevoli le tele: il Santo a cavallo (di Filippo Palizzi, 1840) con sullo sfondo una veduta del  porto di Brindisi;

San Teodoro a cavallo (di Filippo Palizzi, 1840)

“Il martirio di S. Teodoro, dipinto di Diego O. Bianco (Manduria, 1683-1767), raffigurante il Santo, nella parte centrale  del dipinto, attorniato dai carnefici che attizzano il fuoco del suo martirio;” (6)

Il martirio di S. Teodoro,di Diego O. Bianco (Manduria, 1683-1767)

“S. Teodoro davanti ai giudici, dipinto di Diego O. Bianco (Manduria, 1683-1767), raffigura il Santo protettore di Brindisi davanti al giudizio del sacerdote della dea Cibele.”

S. Teodoro davanti ai giudici, di Diego O. Bianco (Manduria, 1683-1767)

Nella Cappella di S. Teodoro abbiamo, inoltre :

alle basi delle colonne dell’altare sono scolpiti gli stemmi della città, forse a indicare le pie oblazioni dei cittadini o del Comune, concorrenti alle spese dei restauri.

Sotto la mensa dell’Altare si conservano le ossa del Santo Martire,

icone sull’altare

Altre foto

 

La Cappella di S. Antonio da Padova

che si apre di prospetto a questa è del medesimo stile. Il quadro in tela dell’altare, rappresentante l’apparizione di Gesù Bambino a S. Antonio, è autografo di Diego O. Bianco.

Cappella di S. Antonio da Padova

I Dipinti.

“Il dipinto che raffigura S. Antonio col Bambino è del II-III dec. del XVIII sec. e descrive “S. Antonio vicino ad un tavolo, abbraccia il Bambino che è posato su un libro. Alle spalle del frate due serafini. In alto a sinistra un serafino, a destra due puttini reggenti uno stemma gentilizio illeggibile. In basso due puttini col giglio bianco.” (6)

S. Antonio col Bambino, di Diego O. Bianco (Manduria, 1683-1767)

A lato, abbiamo il dipinto  “Resurrezione di un morto di Diego O. Bianco (Manduria, 1683-1767), stesso periodo. Qui S. Antonio è raffigurato nell’atto di miracolare un defunto, resuscitandolo. Vari personaggi assistono alla scena. Un uomo con barba, col Crocifisso tra le mani, muove verso il defunto che ha aperto gli occhi.” (6)

Resurrezione di un morto di Diego O. Bianco (Manduria, 1683-1767)

Notevole la statuaria presente

 

Come si è già detto, la struttura della chiesa è a tre navate senza transetto; qui vediamo la navata centrale con l’altare, il coro dei canonici e la balaustra marmorea

presenta anche uno splendido soffitto, finemente lavorato

la navata centrale vista dall’altare

e due navate laterali,  le cui  absidi furono occluse dagli altari per i quali , Oronzo Tiso (1726-1800) dipinse le due tele rappresentanti la Predicazione di san Leucio

Navata laterale sinistra

con dipinto raffigurante la “Predicazione di S. Leucio di Oronzo Tiso (Lecce 1726-1800). Qui il vescovo è ritratto nell’atto di svolgere la predica con ampi gesti delle mani. Attorno a lui una folla di uomini. In basso a destra e a sinistra, personaggi in primo piano. Trattasi di opera del maggior pittore salentino del ‘700 che si appaia alla tela raffigurante il Martirio di S. Pelino nella stessa chiesa.” (6)

Predica di S. Leucio di Oronzo Tiso (Lecce 1726-1800).

ed il Martirio di san Pelino, compiute nel 1771.

Navata laterale destra.

Dipinto raffigurante il “Martirio di S. Pelino di Oronzo Tiso (Lecce 1726-1800). Il vescovo Pelino è raffigurato inginocchiato ed incrocia le mani al petto. Dietro di lui le due figure dei carnefici nell’atto di colpire il martire con due pugnali. Una folta schiera di personaggi circonda il luogo del martirio. In alto due serafini recano i simboli del martirio.” (6)

Martirio di S. Pelino di Oronzo Tiso (Lecce 1726-1800).

Entrati in chiesa, procedendo da sinistra verso destra, si rilevano le seguenti opere:

“Dipinto raffigurante il Battesimo di Cristo, di ignoto pittore locale (forse Serafino Elmo) del XVIII sec. Descrizione: in basso a sinistra è raffigurato il Cristo inginocchiato nelle acque che riceve il battesimo da S. Giovanni. Il Battista è alla sua sinistra ricoperto da un manto rosso. Sullo sfondo prosegue il paesaggio lacustre sino ad incontrare la montagna. In alto la Colomba dello Spirito Santo tra i puttini. In basso all’angolo sinistro, vi è lo stemma dell’Ordine di Malta.” (6)

Battesimo di Cristo, di ignoto pittore locale (forse Serafino Elmo) del XVIII sec.

“Dipinto raffigurante la Pietà, di Giovanni Scatigno del 1750. Descrizione: la scena è composta lungo la diagonale del quadro che va dal basso angolo sinistro, a partire dalla figura del Cristo morto, segue la direttrice segnata dalla Vergine Maria, sino a giungere all’anfolo destro in alto. Il Cristo è raffigurato nudo e in posizione raccolta. Maria seduta porta le mani sulle proprie ginocchia e volge lo sguardo verso l’alto.” (6)

Pietà, di Giovanni Scatigno del 1750.

“Dipinto raffigurante il Transito di S. Giuseppe, di ignoto pittore locale del sec. XVIII. Descrizione: S. Giuseppe sul letto di morte, al suo fianco Gesù Cristo; ai piedi del letto siede la sposa Maria che si asciuga le lacrime. Più dietro sono rappresentati l’angelo Michele e altri angeli.” (6)

Transito di S. Giuseppe, di ignoto pittore locale del sec. XVIII.

“Dipinto raffigurante il Miracolo di Soriano di ignoto pittore locale, del XVII sec. Descrizione: La Vergine Maria mostra una tela effigiante S. Domenico ad un gruppo di domenicani. Le stanno accanto Maria Maddalena a destra, S. Caterina d’Alessandria a sinistra. In alto sono raffigurati dei serafini tra le nuvole.” (6)

“Dipinto raffigurante la Trasverberazione di S. Teresa di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767). Descrizione: il dipinto raffigura S. Teresa inginocchiata, in atteggiamento estatico con gli occhi rivolti verso un angelo che sta per colpirla con un’asta infuocata. Intorno, variamente disposti, angeli di cui alcuni adagiati su soffici nuvole.” (6)

Trasverberazione di S. Teresa di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767).

“Dipinto raffigurante la Comunione di S. Girolamo eremita, di ignoto pittore locale, seconda metà XVII sec. Descrizione: la scena racconta l’episodio della comunione di Girolamo, primo eremita. Il santo è raffigurato inginocchiato mentre riceve l’Ostia divina da un angelo che è innanzi a lui. Sulla destra altre due figure di angeli adulti recanti ceri accesi. In alto dei puttini con i ceri. Al lato destro ed a quello sinistro, in margine, due alberi.” (6)

Comunione di S. Girolamo eremita, di ignoto pittore locale, seconda metà XVII sec.

“Dipinto raffigurante S. Giuseppe col Bambino, di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767). Descrizione: S. Giuseppe al centro in ginocchio, solleva il Bambino Gesù. In alto dei puttini sollevano una cortina rossa. Altri puttini si muovono attorno alle due santità. Sulla destra un angelo discende recando un giglio bianco nella mano destra. A destra, lungo il limite verticale della tela, vi è una colonna con ai piedi del basamento, un puttino col bastone fiorito.” (6)

S. Giuseppe col Bambino, di Diego O. Bianco (Manduria 1683-1767).

Dipinto raffigurante l’Estasi di Santa Teresa, di ignoto meridionale, sec. XVIII.

Estasi di Santa Teresa, di ignoto meridionale sec. XVIII.

“Dipinto raffigurante S. Pompilio Maria Pirrotti di ignoto pittore locale. Descrizione: lo Scolopio è raffigurato inginocchiato su una nuvola. Dei bambini lo portano in gloria innanzi ad un altarino su cui compare l’immagine della Vergine con Bambino.” (6)

S. Pompilio Maria Pirrotti di ignoto pittore locale.

“Dipinto raffigurante S. Andrea e SS. Ignazio e Francesco Saverio di Serafino Elmo (Lecce 1696-1777) del 1750 ca. Descrizione: in uno schema piramidale sono rappresentati S. Andrea con croce decussata al centro, S. Ignazio di Loyola alla sua destra, S. Francesco Saverio alla sua sinistra. In alto, puttini; uno di essi, sulla sinistra, ha con sè un gruppo di piccole croci. Due angioletti, in basso al centro. Uno ha un libro aperto ove è scritto AD MAIO REM DEI GLORIAM.” (6)

S. Andrea e SS. Ignazio e Francesco Saverio di Serafino Elmo (Lecce 1696-1777) del 1750 ca.

“Dipinto raffigurante la Visitazione di Niccolò Perillo del 1750 ca. Descrizione: al centro del dipinto è raffigurato l’abbraccio tra Elisabetta e Maria Vergine sulla soglia di un’abitazione. A destra in basso una fanciulla con un cestino con due galletti, in alto S. Zaccaria. In basso a sinistra Giuseppe col bastone ed un sacco.” (6)

Visitazione di Niccolò Perillo del 1750 ca.

“Dipinto raffigurante la Morte di S. Anna di Domenico Viola del 1682. S.Anna, rappresentata nell’attimo precedente il transito, distesa sul letto. Alla sua sinistra S. Giuseppe le mostra il Bambino Gesù che le porge una corona. Più dietro vi è l’arcangelo Michele. Alla destra di S. Anna, sua figlia Maria, un angelo recante una ghirlanda di fiori e S. Gioacchino alquanto costernato.” (6)

Morte di S. Anna di Domenico Viola del 1682.

A destra della porta si trova un antico Crocefisso

mentre, a sinistra, c’è il fonte battesimale, voluto dall’arcivescovo Bernardino de Figueroa (1571-86), in pietra leccese; la vasca, ornata da quattro cherubini, poggia su un supporto in cui si evidenzia il motivo del delfino, simbolo del Cristo. (3)

Fonte battesimale
La “Madonna a ddoi”
Proprio nella giornata di oggi, 2 luglio, secondo una antica tradizione brindisina, una processione che partiva dalla Cattedrale e arrivava fino alle Sciabiche, trasportava la statua lignea della Madonna della Visitazione detta della “Madonna a ddoi”, raffigurante la Madonna con Santa Elisabetta.
L’usanza, interrotta prima della seconda guerra mondiale, fu ripristinata un’unica volta alla fine degli anni ’50 per iniziativa di don Giuseppe Cavaliere, parroco della Cattedrale che, alla fine delle celebrazioni volle farsi ritrarre con un gruppo di pescatori brindisini membri della “Pia Unione”.
La scultura reca alla base l’iscrizione “Nell’anno del Prefettato di Teodoro Camassa del fu Tomaso il 30 maggio 1813”.

 

(*) Si ringrazia il Prof. Antonio Mingolla per il materiale messoci cortesemente a disposizione.

Note:

a) attualmente esposti al Museo G. Tarantini presso la chiesa di S. Teresa – Brindisi;

Bibliografia e siti web:

Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica.”

(1) G. Carito, Brindisi Nuova Guida;

(2) Vittoria R. Petrosillo – Guida di Brindisi, ed. Finiguerra Arti Grafiche – Lavello (Pz) per conto Congedo editore 1993;

(3) G. Carito, Brindisi Nuova Guida;

(4) Rosario Jurlaro – Il coro della Cattedrale di Brindisi. La scultura figurativa in legno dei secoli XVI e XVII in Puglia.Ed. Arti Grafiche Schena, Fasano (BR) 24 giugno 1969.

(5) P. Cav. Domenico Bacci dei minori – Cattedrale Brindisina, tip. del commercio brindisi 1924.

(6) Tesi di laurea: Catalogazione della pittura sacra dei secc. XVI-XVII-XVIII nella città di Brindisi presso Univ. degli Studi Lecce, Fac. Lettere e filosofia – Dott: Massimo Guastella

(7) Rosario Jurlaro, Cronaca dei sindaci di Brindisi  (1787-1860). Rist. anastatica

12 commenti

  1. grazie

    1. Gentile Matilde, non credo di conoscerla, ma le assicuro che il suo semplice “grazie” mi dà la forza per continuare ad esplorare la nostra bella città e soprattutto “mostrarla” attraverso tante foto, ai nostri concittadini. A presto.

  2. L’ha ribloggato su Brundarte.

  3. Poderosa, dettagliatissima presentazione della Cattedrale di Brindisi, con la messa in evidenza di particolari, anche fotografici, che sfuggono all’occhio del frettoloso visitatore che di nulla s’accorge, Notevole lavoro di catalogazione e rivisitazioine storica-artistica.

    1. Grazie. Troppo generoso! Falla vedere anche a Gina.

  4. gran bel lavoro interessante e particolareggiante. Ti fa avvicinare alla nostra città ed amarla.

    1. Grazie Nico! Credo che non mi potessi fare un complimento più bello.

  5. Molto interessante e documentato da belle foto. Ti ringrazio

    1. Grazie e Buone Vacanze.

  6. Complimenti. Bel resoconto. Solo che il Guiscardo era Roberto, morto il 1085. Ruggero d’Altavilla Re di Sicilia era un suo nipote, figlio di Tancredi, fratello del Guiscardo.

    1. Grazie per i complimenti e per la segnalazione. Abbiamo provveduto alle opportune rettifiche.

Rispondi a Stefania Colafranceschi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *