Chiesa Matrice – Mesagne (Br)

Il centro storico di Mesagne

“Il monumentale edificio barocco occupa una vasta area del centro storico mesagnese e svetta in mezzo a complessi architettonici circostanti grazie alla notevole verticalità della facciata scandita in tre ordini da linee marcapiani aggettanti (…)

La piazza antistante la Collegiata è di impronta ottocentesca, essendo stati demoliti quasi tutti gli edifici più antichi ivi esistenti, ed è quindi poco avvertibile la scenografia barocca un tempo offerta dagli altri manufatti posti in relazione col sacro tempio.

Il piccone demolitore si è però fortunatamente fermato dinanzi agli altri pregevoli edifici di cui risulta particolarmente ricca Mesagne e si possono quindi ammirare a poca distanza dalla Collegiata altri manufatti di gran pregio tra cui spiccano il Castello Orsiniano, quattrocentesco, e la chiesa di S. Anna, seicentesca.

Mesagne, Chiesa di S. Anna

Mesagne, Porta Grande

La grande Torre quadrata

Mesagne. Dal 1999 il castello è sede del Museo Archeologico “U. Granafei”

Interno del Castello attuale Museo Granafei

Mesagne, il magnifico cortile all’interno del Castello, ristrutturato nel XVIII sec. dall’architetto-sacerdote F. Capodieci fondendo parte antica e moderna

Muro esterno del Castello-Museo

La chiesa matrice si presenta come un centro ideale a cui fanno da corona le decine e decine di splendidi palazzi e di chiese che riempiono l’abitato ed il territorio di questo splendido centro agricolo salentino situato a pochi chilometri da Brindisi. Per la maggior parte si tratta di complessi architettonici barocchi costruiti o ricostruiti dopo il terremoto del 1743 i cui effetti furono devastanti per un gran numero di città dell’antica provincia di Terra d’Otranto.” (1a)

Mesagne, Palazzi Guarini (particolare)

Mesagne, Palazzi Guarini (particolare)

Mesagne, Palazzo Guarini (particolare)

La struttura architettonica

“Soggetta nel tempo a varie modifiche, l’attuale costruzione fu progettata nel 1650 dal sacerdote mesagnese Francesco Capodieci, dal frate Francesco da Copertino e dal chierico mesagnese Antonio Leugio. E’ una chiesa a croce latina, ad unica navata. Il prospetto è composto da tre ordini architettonici, sormontati da un timpano, che ne fanno una chiesa davvero maestosa.

Chiesa Matrice di Mesagne

Il primo ordine è costituito da sei pilastri di ordine ionico, nei cui interspazi vi sono quattro nicchie con quattro apostoli. Il cinquecentesco portale maggiore è sostenuto da quattro colonnette doriche, con capitello corinzio, che nella parte bassa sono intagliate da motivi vegetali ed antropomorfi. E’ sormontato dalle statue di S. Oronzo (erroneamente indicato nell’architrave come S. Eleuterio) e di Anthia e Corebo, secondo la tradizione (errata) martirizzati a Mesagne. Il portale fu recuperato e inserito nella facciata seicentesca.

Il secondo ordine è di tipo corinzio e tra le sei lesène, che continuano quelle del primo ordine, vi sono altri quattro apostoli.

Il terzo ordine è di tipo composito e contiene le statue di altri quattro apostoli. Al centro vi è un bassorilievo rappresentante la Madonna del Carmine.

Nel timpano vi è lo stemma di Mesagne in bassorilievo; sopra il timpano vi sono quattro angeli che facevano ala alla statua del Cristo, andata distrutta da un fulmine sul finire dell’Ottocento.

La chiesa era stata costruita sulla cappella bizantina di S. Nicola Vetere (attuale succorpo *), nel periodo della seconda colonizzazione (X sec.) e si tramanda che fosse stata dedicata, in quel periodo, ai tre Santi: Eleuterio, Anthia e Corebo. Poi, attorno al 1450 (come afferma lo storico C.A. Mannarino) fu ristrutturata e dedicata a “Tutti i Santi”. Intorno al 1580 fu nuovamente ristrutturata, a spese dell’Università (la città), per impulso del vescovo mesagnese Lucantonio Resta. In quell’occasione fu probabilmente riorientata ad est, mentre prima l’ingresso era ad ovest, dalla parte del Castello.

Il 31 gennaio 1649 la chiesa crollò e fu poi ricostruita tra il 1650 e il 1660. Nel 1766, quando il tetto fu trasformato a volta, alla facciata seicentesca fu evitato lo smantellamento dall’arch. G. Palmieri di Monopoli. Dopo i recenti lavori di consolidamento statico e di restauro, è stata riaperta al culto alla fine del 1994.” (2)

“Collocata entro le dieci nicchie aperte sui tre ordini della facciata e con S. Pietro e S. Paolo posti sui terminali delle paraste angolari, la serie di dodici statue raffiguranti gli Apostoli rivela modelli corrispondenti ad un’unica logica compositiva, pur differenziati nei tratti  fisiognomici e negli attributi di riferimento. (…) Quasi tutti i soggetti sono resi facilmente individuabili dagli eloquenti attributi che li accompagnano (…) restano insolute le identificazioni delle tre statue mancanti degli attributi iconografici. (…) E’ da supporre che le raffigurazioni dei dodici apostoli, che probabilmente alludono alla dedicazione della chiesa d’Ognissanti, furono realizzate nella cerchia dei ‘mastri’ salentini operanti nella fabbrica della collegiata a partire dagli anni Cinquanta del Seicento che i referti documentali indicano in Salvatore Miccoli, Gianmaria Biasi e Domenico Capozza.” (1c)

Apostoli, tutti in pietra scolpita, di ignoto scultore salentino del secolo XVII:

S. Pietro e S. Andrea

S. Giovanni Evangelista e S. Paolo

S. Giacomo Maggiore e S. Giacomo Minore

S. Filippo, S. Tommaso

S. Bartolomeo (?) e S. Simone (?)

S. Taddeo (?), e. Matteo

Il Campanile capitozzato, coevo alla chiesa seicentesca ma mai ultimato. (1a)

Particolare del Campanile (lato facciata)

L’interno

“Nell’insieme la fabbrica presenta ancora l’assetto conferitole tra il ‘600 e il ‘700: una pianta a croce latina, a bracci laterali molto corti in rapporto alla lunghezza della nave ed alla profondità del presbiterio e del coro divisi, questi ultimi, dall’altare maggiore. Dal coro alla porta maggiore la lunghezza netta è di circa 47 metri e la larghezza massima nel transetto è di 25 metri; l’altezza sotto la cupola raggiunge i 24 metri.

Navata centrale

Presbiterio e coro sorgono in posizione elevata di otto gradini rieptto alla navata e sotto di essi si trova la cripta raggiungibile dalla navata con una scala centrale in discesa.

Al presbiterio si ascende invece mediante due scale laterali.

L’aula è coperta da una volta ogivale alleggerita da lunette pur esse a sesto acuto nelle quali sono racchiuse le finestre ovali che illuminano dall’alto tutta la chiesa. Le lunette, insieme alle colonne e paraste corinzie, scandiscono le pareti della navata, del transetto e del presbiterio. Tra le colonne sono racchiuse le cappelle poco profonde, dotate di altari in pietra.

Nell’incrocio della navata col transetto, si eleva su quattro pennacchi la cupola semiellissoidale illuminata da due finestre mistilinee all’altezza dei pennacchi e da quattrofinestre oculari al suo interno.

Dietro l’altare una volta a spicchi conclude il coro, in cui sono ancora allogati gli stalli in legno del ‘700; sono questi ormai gli unici arredi corali esistenti in Mesagne, essendo andati perduti per vicende sconosciute i cori lignei delle stesse chiese conventuali.” (1b)

La Quadreria

GESU’ CACCIA I MERCANTI DAL TEMPIO 

Olio su tela XVIII sec. di Domenico Pinca (1746-1813)

“La tela mistilinea è collocata sulla controfacciata. La raffigurazione dell’episodio sembra essere stata eseguita avendo innanzi lo scritto del Vangelo secondo Giovanni quando descrive che Cristo giunto a Gerusalemme ‘trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi e ai venditori di colombe disse: Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato’. (Giovanni 2, 13-16).” (1c)

MADONNA CON BAMBINO E SANTI

Olio su tela, di ignoto pittore meridionale XVIII sec.

“Il quadro d’impronta devozionale, attribuito da qualche studioso, alla mano del pittore mesagnese Domenico Pinca, suggerisce al fedele l’esempio di santi, per ottenere grazie attraverso l’intercessione della Vergine, e ritrae anche due dei protettori contro la peste ( Antonio abate e Rocco). Imponenti sono le figure di Sant’Agostino – in vesti episcopali, posto in primo piano a sinistra, che dialoga con l’angelo, quasi sottoponendo le sue ricerche alla sapienza divina – e di S. Rocco, che indica esplicitamente il ruolo di intercessione della Vergine. Accennate, ma non meno rilevanti, le figure dei Santi Antonio abate, Lorenzo e Lucia martiri, in un dipinto la cui attuale superficie pittorica è stata realizzata su precedente opera, così come si evince osservando attentamente il volto della Vergine.” (3)

ASSUNZIONE DI MARIA

Olio su tela, di Saverio Lillo (1708-1789)

L’artista ripropone l’evento che più volte ha occupato i migliori pittori, traducendo visibilmente la narrazione dei Vangeli apocrifi, che appunto lasciano memoria dell’evento straordinario riguardante Maria, il cui corpo non conobbe la corruzione del sepolcro. Lillo ha inteso legare, infatti, con un notevole volo circolare  di angeli attorno alla Vergine, la gioia nei cieli e lo stupore terreno degli apostoli per ciò che accadde nel cimitero della valle di Giosafat, dove la bara di Maria, tre giorni dopo la sua morte, viene scoperchiata dall’arcangelo Gabriele, la sua anima riunita al corpo e questo di peso fu sollevato dagli angeli verso il Paradiso. Tale meraviglia è fissata sulla tela da una sequenza di sguardi che vanno dalla contemplazione del sepoolcro vuoto all’elevarsi lento e continuo dei volti verso l’ultraterreno. (3)

PENTECOSTE

Olio su tela, di Domenico Pinca (1746-1813)

“L’autore fissa il momento della discesa dello Spirito Santo su Maria e sugli Apostoli riuniti nel cenacolo,così come l’evento è narrato negli Atti degli apostoli (At 2, 1-4). Egli ha realizzato con colori caldi l’intera scena ed ha collegato l’insieme attraverso le lingue di fuoco sul capo dei soggetti. Centrale la figura della Vergine Maria, illuminata più di tutte le altre dalla luce dello Spirito Santo, perchè lei lo ha conosciuto prima di tutti gli altri e perchè Mater Ecclesiae, Madre della Chiesa che nasce a Pentecoste. Significativa la collocazione dell’Apostolo Pietro accanto alla Vergine: il messaggio che si vuole trasmettere è quello della funzione di Pietro e dei successori all’interno della Chiesa terrena universale.” (3)

VISITAZIONE, S. NICOLA DI MIRA E S. ELIGIO (O AGOSTINO)

Olio su tela, di ignoto pittore meridionale inizio XVIII sec.

“Il mistero mariano che dà origine al Magnificat viene collegato all’esperienza di due grandi santi vescovi verso i quali è ancora viva la devozione nel Meridione d’Italia. Il dipinto appartiene alla quadreria più antica del luogo sacro mesagnese ed è stato attribuito da qualche studioso a Gianleonardo Cunavi. ‘Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta – scrive Luca. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo’ (Lc 1, 41). E la scena, che traduce visivamente il brano evangelico, pur nella sua complessità compositiva, non distrae il fedele devoto e l’osservatore attuale dal mistero centrale, efficacemente raffigurato nella centralità delle figure femminili (Maria ed Elisabetta), rispetto alle figure maschili comprimarie, accomunate dallo stupore.” (3)

ULTIMA CENA

Olio su tela, di Domenico Pinca (1746-1813)

“L’istituzione dell’Eucaristia viene fissata nella parte centrale, in contrapposizione al tradimento evidenziato sulla destra del dipinto, grazie alla voluta differenziazione degli sguardi, tutti rivolti al gesto di Gesù, ad eccezione di quello di Giuda  i cui occhi sono altrove. Il quadro è stato utilizzato per realizzare il Repositorio del Giovedì Santo ed è l’unica testimonianza della possibile scuola che Pinca ebbe in Mesagne, perchè l’Angelo in alto è per tradizione attribuito alla mano di Teresa Dello Diago. In ogni caso, l’impaginazione

nell’ovale, è fatta in maniera tale da far convergere gli sguardi sul pane elevato per la preghiera di benedizione, su quel ‘fate questo in memoria di me’, culmine e centro della fede crstiana.” (3)

TRINITA’ CON MARIA VERGINE, S. MICHELE ARCANGELO ED ANIME PURGANTI

Olio su tela, di ignoto pittore meridionale

“L’imponente tela, anch’essa attribuita da alcuni studiosi a Gianleonardo Cunavi ed appartenente alle più antiche opere d’arte della Chiesa Matrice, è un compendio della fede cattolica, perchè vengono descritte, secondo i canoni del Concilio di Trento, le verità di fede sulla vita ultraterrena. In primo piano il Purgatorio, con le anime che sperano nella più immediata assunzione alla visione del volto di Dio, grazie all’intercessione della Vergine, collocata in alto a sinistra, ‘avvocata nostra’, com’essa viene invocata nelle preghiere mariane, ammessa direttamente alla contemplazione della Trinità, culmine del dipinto, con Dio Padre, in dialogo con il Figlio, risorto e redentore del mondo, sotto la luce dell’amore che è lo Spirito Santo.” (3)

MADONNA DEL CARMINE

Olio su tela, di Giuseppe Bonito (1707-1789) XVIII sec.

“La tela fu commissionata al grande artista napoletano, perchè anche l’Università di Mesagne desiderava avere, di sua proprietà esclusiva, un quadro che raffigurasse la Patrona e protettrice e che andò a sostituire l’ovale realizzato anni prima da Domenico Pinca. Così l’anziano caposcuola partenopeo impaginò il dipinto conferendo la massima centralità alla figura di Maria, attestata non solo dal convergere di tutti gli sguardi su di lei, ma anche da alcuni movimenti delle figure, che completano la tela. Notevoli, infatti, sono il gesto del giovane arcangelo, posto ai piedi della Madonna con lo scapolare tra le mani, e i movimenti del Bambin Gesù che, rievocando le movenze proprie dei neonati, conferiscono familiarità e naturalezza al ricorrere fiduciosi all’intercessione della Madre.” (3)

ADORAZIONE DEI PASTORI

Olio su tela, di Gian Pietro Zullo (1557-1619) quindi Andrea Cunavi ( 1586-p.1626) Domenico Pinca (1746-1813)

“Completata dal Cunavi e ampliata dal Pinca, l’opera testimonia la continuità della tradizione artistica locale, capace di adattare ai gusti di diverse epoche il mistero della Natività. La tela originariamente mistilinea, tuttavia, quando assunse la forma attuale non perdette nulla del suo messaggio teologico, ampiamente sottolineato non solo dalla qualità dei volti, che distinguono il divino dall’umano, ma dalla collocazione stessa della scena, avanti ad antiche vestigia, quasi a sottolineare la nuova era, il tempo nuovo determinato dalla venuta al mondo del Dio-con-noi, quel Bambino in fasce posto nella cesta di vimini, il cui sguardo benedicente è tutto per l’umanità rappresentata dai pastori, che si inchinano offrendo doni, quasi santificando la loro quotidianità.” (3)

S. ORONZO VESCOVO E MARTIRE

Olio su tela, di ignoto pittore salentino.

“L’anonimo copista del gallipolino Coppola (la tela commissionata per la Collegiata copia la medesima immagine del santo formulata originariamente nel celebre dipinto eseguito nel 1656 dal gallipolino G. Andrea Coppola 1c) contestualizza il quadro, ritraendo il santo vescovo patrono del Salento e suo protettore contro la peste nell’atto di benedire la città di Mesagne, chiaramente individuabile sullo sfondo attraverso la sua Porta Grande. Più volte interessato a restauri (sul quadro intervenne anche Domenico Pinca a fine sec. XVIII) il dipinto resta a testimonianza della devozione anche nella cittadina mesagnese per il santo la cui figura di guida del popolo di Dio (paramenti episcopali e pastorale) sembra preponderante rispetto a quella del martire, i cui attributi iconografici sono in primo piano ai piedi del santo ( l’ascia littoria e la palma del martirio ndr). Notevole resta anche la piccola figura dell’angelo-sentinella che vigila sulla cittadina mesagnese.” (3)

MARTIRIO DI S. PIETRO APOSTOLO

Olio su tela, di Domenico Pinca (1746-1813) XVIII sec.

“L’episodio raffigurato è il supplizio patito da S. Pietro, che appare fissato alla croce con la testa rivolta verso il basso, in segno di umiltà nei confronti di Gesù, mentre i carnefici si accingono a  martirizzarlo; sulla destra è collocata la figura ripresa da tergo di un soldato romano che ci appare protetto da cimiero, corazza e mantello di fogge medievali; in alto un angiolettoin volo porta a Pietro la corona e la palma; sullo sfondo si accalcano truppe schierate, in alto Nerone osserva la scena affacciato da un edificio. L’opera fu commissionata al Pinca nel 1770 insieme ad altre cinque tele (fu rimossa dopo poco più di un decennio perchè non gradita alla comunità religiosa che la giudicava ‘non spirante alcuna divozione’).” (1c)

Icona non classificata

Statuaria

“Cristo Risorto, di ignoto cartapestaio salentino del XVIII sec.” (1c)

“S. Cuore di Maria, di ignoto cartapestaio salentino fine sec. XIX – inizio XX – Fonte Battesimale , di Nicola Carletti (disegno) e Pasquale e Pietro A. Sebastiani (fattura)” (1c)

“S. Cuore di Gesù, di Francesco Giancane (1886-1936)” (1c)

“Madonna della Luce, di Antonio Maccagnani (1809-1892)” (1c)

“Cristo Crocifisso, di ignoto intagliatore italiano della seconda metà del secolo XVII” (1c)

Altre opere sacre presenti

“Cancello in ferro battuto, di Artigianato salentino del 1921” (1c)

“Campana, mastro fusore G. Maria Cupito da Messina (1611). Sul corpo, oltre ai consueti motivi esornativi, è impressa a rilievo l’effige della Madonna.” (1c)

“Coppia di acquasantiere pensili in marmo bianco scolpito, intagliato del 1770 doc. N. Carletti (disegno) e Pasquale e Pietro A. Sebastiani (fattura)” (1c)

“Pulpito in legno di noce intagliato, policromo 1774 doc. Nicola Carletti (disegno) e Innocenzo Rizzo, Giuseppe e Rocco Leopardi (fattura)” (1c)

“Coppia di bussole laterali in legno d’abete, policromo 1774 doc. Innocenzo Rizzo, Giuseppe e Rocco Leopardi” (1c)

Veduta laterale del pulpito e della bussola

“Orchestra in legno di noce, radica di ulivo intagliato, policromo 1744 doc. Nicola Carletti (disegno) Innocenzo Rizzo, Giuseppe e Rocco Leopardi (fattura).” (1c)

Organo “T. Mauro – F. De Simone” (1648-1793)

Veduta laterale dell’orchestra

“Porta del succorpo in legno di noce, radica d’ulivo, vetro, 1773 doc. Nicola Carletti (disegno) Innocenzo Rizzo, Giuseppe e Rocco Leopardi (fattura).

Balaustrata di marmi policromi, scolpiti, commessi, 1770 doc. Nicola Carletti (disegno) Pasquale e Pietro Antonio Sebastiani (fattura)” (1c)

“Altare maggiore, marmi policromi, scolpiti, commessi 1770 doc. N. Carletti (disegno) Pasquale e Pietro Antonio Sebastiani (fattura) Giuseppe Pagano (statuaria).” (1c)

 

Altare maggiore – visione laterale

“Giuseppe Pagano, Angelo Reggifiaccola (particolare dell’altare maggiore).” (1c)

Angelo a sinistra dell’altare

Angelo a sinistra dell’altare

Angelo a destra dell’altare

“Coppia di candelieri da muro in legno intagliato, dorato, policromo di ignoto intagliatore salentino.” (1c)

“Decorazione a stucco sull’arco trionfale con firma autografa di Pasquale Faiella capo degli stuccatori del ‘700” (1c)

Note:

(*) succorpo è un ambiente scavato, come le cripte, al di sotto di una chiesa, in prossimità dell’abside e a cui si accede dall’interno dell’edificio (è detto anche sottochiesa).

Un ringraziamento all’amico M. Carlucci che ha collaborato con me nella ripresa delle immagini.

Bibliografia e sitigrafia:

“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica o sitografica.”

(1) Archivio di Stato – Brindisi + 3, La chiesa matrice di Mesagne fra storia e restauri. Ed. Italgrafica Edizioni Srl – Oria, 1996

a) La Collegiata di Mesagne di Luigi Greco;

b) Il luogo e le fabbriche della chiesa matrice di Mesagne di M. Rosaria Cipparrone;

c) Gli arredi sacri della collegiata mesagnese di Massimo Guastella.

(2) Domenico Urgesi, Guida di Mesagne : itinerario storico artistico. Lecce : Capone, stampa 1995

(3) La Chiesa Madre di Mesagne, Le tele. – Foto di M. Gioia; testi di M. Grazia Russo e Angelo Sconosciuto. Sito web www.chiesamadredimesagne.it

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