San Pietro (o Santa Maria) di “Crepacore” – Torre Santa Susanna (Br)

L’edificio, “inglobato nella Masseria “Li Turri”, è situato a 7 km. da Torre S. Susanna, lungo la strada che porta a Mesagne. (..)

Sia la sua ubicazione, sia il ritrovamento di grandi quantità di ceramica nell’area circostante, fanno pensare che la Chiesa dovesse far parte di un insediamento alto medievale molto più vasto, probabilmente un “castrum” (a) bizantino”. (1)
“La Chiesa è un monumento risalente al VI- VII sec. d.C., costruito sulle fondamenta di un’antica villa rustica romana, non molto lontana dal Limitone dei Greci (b), essa rappresenta il connubio fra due civiltà: quella longobarda e quella bizantina.

La chiesa è costruita con conci tufacei di grosse dimensioni.

Si possono notare all’interno e all’esterno della struttura materiali di riutilizzo provenienti da antichi edifici.

Altri elementi che rendono unica la Chiesa sono le cupole in asse e gli affreschi rappresentanti il Cristo Benedicente e il committente con San Pietro, risalenti al IX e all’XI sec.” (2)
“Occorrerebbe mettere “in rete” tutta la serie di questi monumenti (Santa Maria di Gallana, San Lorenzo di Mesagne clicca qui, San Miserino clicca qui, SS. Crisante e Daria, ecc.) per ottenere un percorso del più grande interesse in un territorio fra i più belli e tipizzanti della regione, fortemente segnato dalla storia e dall’arte.” (2)

Chiesa S. Maria di Gallana – Oria (BR)
Tempietto di S. Lorenzo – Mesagne (BR)
Tempietto di S. Miserino – Sandonaci (BR)
S. Pietro a Crepacore

“Riepilogando la successione cronologica delle varie fasi di utilizzo dell’area antistante Masseria Li Turri sulla base degli esigui dati, in molti casi purtroppo privi di stratificazione, emersi nel corso delle indagini archeologiche, si può quindi affermare che le prime fasi di vita nel sito risalgono ad epoca protostorica.
Successivamente, dopo un lungo periodo di abbandono, nell’area vengono impiantate delle strutture abitative pertinenti verosimilmente ad una unità rurale, sulla base di un sistema insediativo tipicamente romano di occupazione e sfruttamento del territorio.
Le scarse testimonianze relative a questa fase, rappresentate da pochi e semplici muretti rinvenuti a livello di fondazione, non consentono di avanzare alcuna ipotesi sull’originario sviluppo planimetrico dei vani e soprattutto del complesso di appartenenza, che, sulla base dei materiali rinvenuti, sembra comunque coprire un lungo arco di tempo che va dall’età ellenistica, probabilmente dalla seconda metà del III sec. a.C., ad epoca tardoromana, e precisamente al lV sec. d.C.
Nel corso del VII sec. d.C. sui ruderi dell’impianto ellenistico-romano viene edificata, riutilizzando anche elementi architettonici del complesso precedente, la chiesa altomedievale di S. Pietro a Crepacore con il suo piccolo sepolcreto, oggi ultima attestazione di un insediamento ormai scomparso a causa del continuo e “attivo” susseguirsi di vita nel sito, che ha inevitabilmente portato alla distruzione delle testimonianze preesistenti.” (3)

“Nel settore nord, al di sotto di uno strato di terreno marrone chiaro in alcuni punti frammisto a pietrame, spesso m 0,20/ 0,30 (U.S. 1), sono stati rinvenuti, a livello di fondazione e solo parzialmente conservati, tre ambienti, dei quali purtroppo non è stato possibile constatare compiutamente lo sviluppo dal punto di vista planimetrico a causa dei rimaneggiamenti avvenuti in epoche successive. I muri perimetrali dei vani, larghi m 0,50 e conservati per un’altezza di m 0,10 / 0,30, sono realizzati con pietre irregolari di piccole dimensioni sistemate a secco e allettate direttamente sul banco tufaceo argilloso in trincee di fondazione appena visibili, in corrispondenza delle quali sono state altresì effettuate delle verifiche di scavo per acquisire eventuali elementi di datazione, che hanno dato però esiti negativi per mancanza di stratificazione”. (3)

Veduta dell’area archeologica a nord della chiesa. Tracce di insediamento abitato antecedente alla chiesa.
Veduta dell’area archeologica a nord della chiesa.Tracce di insediamento abitato antecedente alla chiesa.
Veduta dell’area archeologica a nord della chiesa.Tracce di insediamento abitato antecedente alla chiesa.
Veduta dell’area archeologica a nord della chiesa.Tracce di insediamento abitato antecedente alla chiesa.

L’Architettura

“L’edificio è a pianta quadrangolare (ha tuttora le forme rudi della fortezza ndr), alzato con grossi blocchi di pietra calcarea locale (le cui dimensioni vanno decrescendo, col progredire in altezza), sormontato da due torri che nascondono le cupolette a trullo, costruite senza malta con pietre disposte a cerchi concentrici che vanno via via restringendosi fino a chiudersi con una grossa pietra che costituisce la chiave di volta.

S. Pietro di Crepacore – veduta absidale lato est
L’ingresso della navata laterale destra prima dei restauri (3)
Particolare della torretta sovrastante l’abside
Porta d’accesso lato est

 

Particolare della finestrina absidale (bifora).
Particolare della finestrina absidale (bifora).
Muratura all’angolo sin. dell’abside
Muratura all’angolo destro dell’abside.
Particolare dell’angolo di sud-est
Particolare della monofora sovrastante l’arco di accesso lato est.
Particolare dell’angolo di Nord-Est
Esterno. Veduta lato sud
Particolare della facciata lato sud.
Lato sud. Particolare della facciata.
Esterno, veduta lato nord.
Esterno, particolare della facciata lato nord.
Vialetto interno all’area
Facciata del tempietto, con assemblaggio di materiali diversi. Lato ovest.
Facciata principale della chiesa lato ovest prima dei restauri (3)
Esterno. Immagine della chiesa, facciata ovest, durante i lavori di restauro
Giardinetto davanti all’entrata ovest.

La facciata quadrangolare, da cui sporgono le torrette, ha tre aperture ad arco; le due laterali sono state chiuse per adattare l’edificio a stalla (con il meritorio consenso del proprietario è stato sottratto alle squallide funzioni di ovile ndr), di queste quella centrale consta di un’arcata a tutto sesto poggiante su due pilastri: il pilastro di sinistra è di reimpiego.

Facciata, particolare del paramento murario con blocchi e colonne di spoglio
Portale d’ingresso sulla facciata principale lato ovest prima dei restauri (3)
Particolare della facciata. Colonna di reimpiego.
Colonna composita con materiali di reimpiego

La zona absidale si inserisce sul muro posteriore rettilineo e la calotta dell’abside viene mascherata all’esterno da un corpo cilindrico che richiama i torrioni sovrastanti: una bifora ad archetti retti da un pilastrino illumina l’altare e l’interno dell’abside, sul quale si possono ancora notare i resti di affreschi romanici del XII secolo fra cui si riescono a distinguere, nonostante il cattivo stato di conservazione, due figure di santi e le tracce di un “Cristo Pantocrator”.

Finestra bifora (doppia finestra divisa da una colonnina) dell’abside.
Vano absidale.

La Chiesa è a tre navate , quella centrale è divisa in due campate ( su ognuna delle quali insiste una cupola) separate da un’ampia arcata.

Veduta del doppio arco nella navata centrale, visto dall’ingresso.
Veduta della navata centrale prima dei restauri (3)
Le due campate della navata principale viste dall’abside.
Le due campate viste dall’entrata principale
Veduta prima dei restauri (3)

La zona dell’abside è separata dalle navate laterali da due arcate sostenute da pilastri;

Seconda campata
Arcate che collegano l’abside alle navate laterali
Arcate che collegano l’abside alle navate laterali

nella prima campata le arcate sono sostenute da colonne calcaree scanalate, ottenute probabilmente segando in due parti una unica colonna romana, come si può dedurre dal fatto che una sola di tali colonne è provvista di listello e collarino.

Prima campata
Arcate di comunicazione con la navata lat. destra, colonna senza listello e collarino
Colonna senza listello e collarino.
Arcate di comunicazione con la navata lat. sinistra, colonna con listello e collarino
Colonna ellenistico-romana di reimpiego in una campata

La navata laterale nord termina in una piccola abside, mentre quella sud termina con una apertura ad arco che doveva mettere in comunicazione con una sagrestia oggi completamente demolita.

Navata laterale destra.
Navata laterale sinistra.

La datazione della Chiesa di Crepacuore è piuttosto incerta per la mancanza di documenti e citazioni in proposito.
Alcuni autori la individuano tra l’XI e il XIII sec. assimilando la Chiesa di Crepacuore ad altre chiese a cupole in asse, situabili cronologicamente in questo arco di tempo.
Altri autori la fanno risalire fino al VI – VII sec. trovando analogie invece con alcune chiesette mediterranee, e siciliane in particolare, del periodo, che costituivano esempi di architettura bizantina minore, sorte “in un ambito culturale povero e decentrato in cui le forme dell’arte colta vengono filtrate attraverso un’esperienza provinciale”.
Altra ipotesi possibile è quella di un ampliamento e reinterpretazione alto medievale di un tempio ellenistico, la cui pianta perfetta è rintracciabile nella parte centrale dell’edificio e di cui tra l’altro sono presenti moltissimi materiali reimpiegati (blocchi di pietra, colonne, ecc.) che, forse più verosimilmente, potrebbero essere stati trovati in loco anziché essere trasportati da templi più o meno vicini e addirittura nel caso dei blocchi megalitici, dalle mura messapiche di Manduria.
In tutti i casi comunque, al di là di una precisa datazione e delle diverse impostazioni storico critiche, si mette in evidenza il carattere autoctono della rielaborazione dei tipi e modelli importati dall’esterno, e perciò stesso l’importanza dell’edificio sia come una delle più antiche testimonianze della nostra storia, sia come esempio della forza delle tradizioni e delle tipologie costruttive locali sulle influenze provenienti dall’esterno.” (1)

La Necropoli di età medievale

“L’area cemeteriale, chiaramente in connessione alla chiesa di S. Pietro a Crepacore, è attualmente documentata da quattordici sepolture, collocate sui lati nord, est e ovest dell’edificio di culto e rinvenute nel corso degli interventi di scavo effettuati negli anni 1992-1994.
ln origine doveva verosimilmente occupare una zona più ampia, se si considera che le tombe erano ricoperte da un interro minimo, per cui molte saranno state asportate in epoca recente in quanto di ostacolo ad un completo utilizzo dell’area. (..)
L’esiguo numero delle sepolture messe in luce, correlato alla mancanza di elementi culturalmente caratterizzanti nella composizione dei corredi, alla presenza di iscrizioni sepolcrali in lingue diverse e alle evidenze emerse soprattutto dalle analisi osteologiche, apre, anche se certamente non risolve, una serie di problematiche interpretative sulla necropoli e sulla relativa chiesa, da sempre interpretata come probabile cappella di un castrum difensivo ubicato sul limes bizantino o “Limitone” dei Greci.
Il piccolo sepolcreto, sovrapposto a strutture insediative di età romana e sistemato in modo regolare con le tombe disposte in file ordinate intorno all’edificio di culto, appare comunque utilizzato a partire dal VII sec. d.C.: i materiali relativi ai contesti funerari rinvenuti, così come la forma delle sepolture e la loro ubicazione, sono chiari indizi dell’elevato stato sociale di alcuni degli individui ivi inumati, siano essi autoctoni di tradizione bizantina o longobardi fortemente permeati dalla cultura locale.

Resti di strutture insediative di età romana
Resti di strutture insediative di età romana
Tombe sovrapposte a strutture insediative di età romana.
Tombe sul lato nord
Tombe sul lato nord
Tombe sul lato nord
Foto (3)
Piano di calpestìo avanti alla chiesa
Tomba davanti all’entrata della chiesa, coperta da lastrone di cristallo.
Tombe davanti all’accesso della chiesa, dalla parte opposta al piano di calpestìo.
Tombe davanti all’accesso della chiesa, dalla parte opposta al piano di calpestìo.

 

L’indagine antropologica di 28 individui provenienti dal cimitero della chiesa di S. Pietro a Crepacore, ha messo in luce una serie di elementi, quali:
* i dati tipologici e di confronto con altri gruppi umani, indicanti caratteristiche comuni alle popolazioni nordiche quali cranio allungato, stretto ed alto, volto allungato, naso stretto, statura alta o altissima nella maggior parte dei soggetti, ed un’affinità con i cimiteri longobardi e celto-nordici;
* i dati dall’analisi dei markers occupazionali, che mostrano, a partire dalla robustezza rilevata dagli indici scheletrici, e dalle forti tracce di impianti muscolari interessanti soprattutto la parte superiore del corpo, il quadro di un gruppo umano dedito a notevole impegno fisico ma non ad attività lavorative estremamente intense e ripetitive;
* i risultati dell’indagine nutrizionale quali la notevole presenza di processi cariosi, l’usura dentaria piuttosto contenuta, l’accumulo di tartaro sui denti, l’imponenza dei fenomeni parodontopatici, che indicano un eccessivo apporto di carboidrati, e soprattutto zuccheri, uno scarso consumo di sostanze fibrose grezze di origine vegetale, una dieta ricca di proteine di origine animale e vegetale ed una sana igiene dentaria;
* il quadro dei dati patologici e di alcuni stress funzionali specifici, probabilmente correlati all’uso delle armi e del cavallo.
Queste considerazioni ci forniscono il quadro di un gruppo umano di alto status sociale, caratterizzato da una buona alimentazione, e presumibilmente non indigeno.” (3)

La documentazione epigrafica

“Delle tombe individuate all’esterno della chiesa, soltanto le tombe 7/93, 8/93, ed 11/93, situate ad ovest dell’edificio, presso la facciata, hanno restituito tracce di documentazione epigrafica. Si tratta di tombe a cassa, in un tufo estremamente tenero, con coperchio. Le prime due sepolture sono state rinvenute violate; la terza era integra. Tutte le iscrizioni sono tracciate a sgraffio, con solchi di varia grandezza e profondità, utilizzando come unico spazio di scrittura il bordo delle casse, che funge da base di appoggio alle lastre di copertura.
Durante la ricognizione autoptica del novembre 1998 si è dovuta constatare la scomparsa della maggior parte delle iscrizioni rispetto allo stato documentato dalle riproduzioni fotografiche effettuate al momento del rinvenimento delle tombe. l danni sono dovuti alla rapida erosione degli agenti atmosferici sul tenero tufo delle casse.
L’auspicio è quello di un rapido intervento di conservazione, protezione e consolidamento dei pochi resti superstiti di questa rara e preziosa documentazione scritta.” (3)

Fig. (6)
Tomba n. 7- Fig. (6)
Tomba n. 8. Fig. (6)
Tomba n. 8. Si può osservare un piccolo rilievo all’interno della tomba che rappresenta un “cuscino” su cui veniva adagiata la testa del defunto e il punto in cui si appoggiava il coperchio su cui venivano fatte le incisioni.

Gli Affreschi

“La scoperta più interessante, nel corso dell’intervento di restauro dell’edificio alto medievale, è senza dubbio costituita dal suo apparato decorativo (affreschi murari), del tutto sconosciuto e nascosto sotto uno spesso strato di calce.
Grazie all’attenta opera del restauro murario (intonaci) ad opera della dott.ssa Nori Evoli, è stata rimessa in luce la bella decorazione absidale che raffigura l’Ascensione di Cristo al Cielo fra gli Apostoli, databile all’XI – XII secolo, in stile e iconografia bizantina (i nomi degli Apostoli e l’iscrizione liturgica ai loro piedi sono anch’essi scritti in greco).
Ma oltre a questa fase bizantina riconoscibile con grande evidenza esistono altre fasi cronologiche attribuibili a periodi precedenti e successivi.
In particolare la decorazione del tempio copre un arco temporale piuttosto lungo attraverso i frammenti più o meno ampi degli affreschi superstiti. (4)
Infatti, “alla esotica struttura esterna corrisponde all’interno un più tradizionale programma decorativo, affreschi assai frammentati, afferenti a due distinti filoni culturali: bizantino e beneventano, propri di una chiesa di frontiera.
Nella prima campata sono riconoscibili le tracce della pittura beneventana: una figura avvolta in una tunica, la cima di un albero, due personaggi affrontati rivestiti anch’essi di tunica blu scuro con clavi (c) rosso-bruno e mantello; il rivolo di un fiume; le spire di un serpente.

Prima campata, frammenti di affreschi pertinenti ad un ciclo di scene di cultura ed ambito longobardo-beneventano.
Doppio arco di comunicazione
Veduta del doppio arco
Veduta zenitale del doppio arco.

Cupolette a trullo

Cupolette a trullo, costruite senza malta con pietre disposte a cerchi concentrici che vanno via via restringendosi fino a chiudersi con una grossa pietra che costituisce la chiave di volta
Chiave di volta

 

Nella seconda campata, a destra, gli affreschi sono di gusto e cultura bizantina: una figura di Pietro (donde il nome della chiesa) associato ad un donatore o committente in abito composto da tunica e mantello, ornato di ‘tablion” (d) color ruggine e “campagi” (e) (scarpe a punta, come negli affreschi e mosaici di Ravenna), indicato dalla iscrizione greca sul lato destro, propria del committente: “ricordati, Signore, del tuo servo”, forse un “Maghistros” o Protospatario imperiale (lo stesso principe Gaiderisio di Oria?).

Pannello votivo affrescato con figura di San Pietro e committente
Il committente (senza aureola) potrebbe essere Gaiderisio Principe di Benevento. Fu mandato ad Oria ad amministrare la zona in nome dell’Imperatore di Bisanzio. L’alto lignaggio del committente è dimostrato dal fatto che è posto allo stesso livello del Santo e quet’ultimo parrebbe appoggiargli la mano sulla spalla.
Particolare dell’abito del committente e delle scarpe a punta (campagi) e della relativa iscrizione greca con formula di supplica.

In alto nei sottarchi sono visibili, entro clipei (f) perlinati, busti di santi anonimi e altri frammenti sparsi.

Medaglione con busto di santo bizantino (Demetrio?)
Frammento di pannello affrescato con figura di S. Pietro in trono.
Frammento di figura (gamba) con elegante panneggio, di iconografia incerta.
Doppio arco con frammento di figura (gamba).

Il catino absidale invece ha svelato, dopo il restauro, una scena sorprendente di Ascensione di Cristo in cielo, entro un clipeo sostenuto dagli arcangeli Gabriele e Raffaele, in alto fra gli Apostoli, divisi in gruppi di sei per lato, rivestiti di tuniche bianche e mantello dello stesso colore, con le teste cinte da nimbi, sovrapposti gli uni agli altri, quasi in una icona ”sinaitica” (g) di sapore arcaico, accentuato dalle vistose didascalie in greco, che ne identificano il ritratto.
Manca purtroppo la figura della Vergine al centro del catino, distrutta per far posto ad una bifora (h).
Una lunga iscrizione in greco corre lungo il bordo inferiore della scena, riferita al fondatore della chiesa e alla sua famiglia (lacuna vistosa del suo nome): “Questo tempio è stato edificato per la remissione dei peccati del servo di Dio e della sua consorte, Veneria, e dei loro figli. Amen”.

Veduta d’insieme del catino absidale con scena d’Ascensione di Cristo e gruppi di Apostoli ai lati.
Veduta dell’abside
Particolare dell’affresco
Gruppo di Apostoli a sinistra nel catino absidale
Ai lati del Cristo si dispongono 12 personaggi, in gruppi di sei, disposti su tre piani (a forma piramidale) rispetto all’osservatore: in primo piano tre, in secondo due, nel terzo uno.

 

Nel gruppo di sinistra le didascalie sono ancora abbastanza conservate e leggibili. All’interno delle aureole ci sono i nomi degli Apostoli in greco: Luca, Matteo e Marco; Taddeo e Tommaso; Bartolomeo.
Particolare del gruppo di sinistra
Particolare del gruppo di sinistra
Particolare del gruppo di sinistra
Particolare del gruppo di sinistra
Gruppo di Apostoli a destra nel catino absidale
Nel gruppo di destra le didascalie sono conservate solo in minima parte
Alla destra vengono rappresentati Giovanni (con una tunica scura), Andrea e Giacomo.
Particolare dei Santi di destra
Particolare dei Santi a destra
Particolare dei Santi a destra
Immagine di Cristo benedicente
Frammento privo di attribuzione
Frammento privo di attribuzione
Frammento privo di attribuzione

 

Particolare del catino absidale. Frammento della iscrizione di fondazione del tempio, in greco.

 

Abside, affresco: particolare della parte terminale dell’epigrafe dedicatoria

 La perdita del nome del fondatore rende problematica la datazione degli affreschi.

A proposito dei molti dati e delle tante immagini perse, si rammenta che “il tempietto è stato utilizzato in passato come stalla e pagliaio e vengono ricordati due incendi che sono la causa degli spessi strati di nero fumo fissato dalla presenza superficiale di veli di carbonato di calcio. (3) Infatti, la massiccia presenza di animali ha creato le condizioni di forte umidità che hanno dato via al processo chimico di deterioramento. Ciò spiega la presenza sulla superficie pittorica, delle concrezioni di sali che inglobano eventuali sostanze estranee (per es. fumo nero).

Questo è un esempio riportato su (3)

Foto (3)

Come si presenta oggi

Frammento del sottarco.

Frammenti a cui non è stato possibile attribuire un’identità


Quelli della prima campata potrebbero comunque trovar posto nella corrente della pittura “beneventana” in Puglia, attestata dagli affreschi di Fasano nella chiesa di Seppannibale,(..)
L’iconografia dell’Ascensione e quella del donatore sembra condurre invece all’area greco-provinciale ed in particolare agli affreschi di Santa Sofia a Salonicco, datati dal Lazarev alla fine dell’iconoclastia (843) e a quelli di talune chiese rupestri della Cappadocia (cappella VI di Gòremé); in particolare il Lazarev assegna la scena di Ascensione di Santa Sofia agli anni 880-885 o agli inizi del 900. Allo stesso periodo potrebbero appartenere anche gli affreschi della chiesa di Crepacore, dopo l’insediamento del principe Gaiderisio ad Oria nell’882 e al tempo del vescovo Teodosio (fra 877 e 895; oppure dopo il 977, anno dell’ultimo cruento eccidio di Oria da parte dei Saraceni).
Al di là comunque di tali connessioni (soprattutto con Salonicco) che dovranno essere ulteriormente accertate in futuro, il patrimonio evidenziato da Crepacore (architettura e affreschi), ha permesso alla chiesa di travalicare i limiti di una remota provincia e di inserirsi nel contesto più ampio dell’arte bizantina, nel cuore stesso dei suoi fondamenti, tra i centri di produzione e diffusione dei suoi contenuti, dall’Egeo all’Adriatico, da Costantinopoli alla Puglia.” (5)

Chi volesse vedere la chiesa in 3D oppure sapere come prenotare una visita, clicchi qui

Ringraziamenti:

all’ amico Mario Carlucci che ha collaborato con me nella ripresa delle immagini;

alla D.ssa Galasso della locale pro-loco che ci ha guidato diligentemente nella visita del monumento, esaudendo tutte le nostre più svariate richieste;

alla redazione di  Telerama/Terre del Salento che con i suoi servizi fornisce sempre un arricchimento culturale in chi li guarda e contribuisce a far conoscere il nostro patrimonio storico-artistico anche al di fuori dei confini regionali;

alla redazione di “Emozioni del Salento” che ci ha presentato “Angoli di Ignoto – Santa Maria in Crepacore” e soprattutto alla guida turistica – D.ssa Santina Vapore e alle sue colleghe, che hanno presentato la chiesa con una dovizia di particolari a cui, spesso, chi scrive, ha potuto far ricorso durante la redazione dell’articolo.

Note:
(a) era l’accampamento o meglio, la fortificazione, nel quale risiedeva in forma stabile o provvisoria un’unità dell’esercito romano come per esempio una legione ( wikip.)
(b) linea difensiva di grosse proporzioni, formata da una serie distanziata di castrum di sorveglianza e di difesa per contrastare eventuali invasioni nemiche, collocata sulle Murge Salentine, su un gradino roccioso che costituiva il limite tra i territori del ducato longobardo di Benevento e quelli bizantini del Salento
(c) striscia d’ornamento che nell’iconografia cristiana medievale, è spesso segno di distinzione nelle vesti di Cristo, degli angeli, degli apostoli. (Treccani.it)
(d) La clamide, era un mantello circolare corto, veniva fissato sulla spalla destra e copriva il lato sinistro. Nel periodo bizantino si arricchì di bordi ricamati e di un rettangolo di stoffa di diverso colore e decorata sul davanti, il tablion (Treccani.it)
(e) Calzatura degli antichi Romani nel periodo del Basso Impero, simile al sandalo, ricoprente la pianta e le dita del piede, cui era assicurata mediante corregge. (Treccani.it)
(f) Disco contenente immagini di dei o eroi. (Treccani.it)
(g) un’icona sinaitica del sec. 7° (S. Caterina sul monte Sinai, monastero) http://habibi.forumfree.it/?t=50939306
(h) Doppia finestra divisa da una colonnina

Bibliografia e sitigrafia:

“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica o sitografica.”
(1) Materiale informativo all’interno (tab. 2)
(2) http://www.emozionidelsalento.it/index.php?option=com_content&view=article&id=16:chiesa-di-san-pietro-in-crepacore-torre-santa-susanna&catid=18:chiese&Itemid=138
(3) Torre Santa Susanna: Chiesa di S. Pietro. Storia archeologia restauro, di Grazia A. Maruggi e Gaetano Lavermicocca. Stampato nell’aprile 2000 da Ed. Pugliesi – Martina F.ca (Ta) per conto di M. Adda Editore, Bari
(4) Materiale informativo all’interno (tab. 6)
(5) Puglia bizantina. Storia e cultura di una regione mediterranea (876-1071), di Nino Lavermicocca. Capone editore, maggio 2012

(6) http://terraitalia.altervista.org/servizi/articoli/Felle2012a.pdf

0 commenti

  1. […] tracce di diversi edifici di epoca romana e successiva: Chiesa di San Pietro a Crepacore (vedi QUI) a Torre Santa Susanna, Terme romane di Malvindi a Sud di Mesagne, tempietto di San Miserino (vedi […]

  2. Emozionante rivedere, con tanta dovizia di particolari, monumenti segnalati come novità nella mostra “Alle sorgenti del romanico. Puglia, XI secolo”, Bari, Pinacoteca prov., 1975, in quanto sicuri precedenti alto medievali della stagione proto romanica. E degli affreschi non esisteva nemmeno il sospetto! Grazie per l’ottimo lavoro di divulgazione.

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