L’atmosfera magica del Natale a Francavilla Fontana (Br)

Raccogliendo l’invito di Alessandro Perrone, guida professionale abilitata, abbiamo deciso di partecipare a una gita turistica nel centro storico di Francavilla Fontana.
Ci siamo incontrati in Via San Salvatore e, dopo aver visto “La percezione del Natale” con gli occhi dei fotografi che hanno partecipato all’omonima collettiva fotografica organizzata dall’Associazione Ardeco, siamo partiti per una passeggiata nel centro storico che ci ha permesso di ammirare tutte le più interessanti chiese poste nelle vicinanze, il vasto castello degli Imperiali e alcuni suggestivi scorci e palazzi antichi.

La Mostra Fotografica

Natale.com ( di M. Aprile)
Figuranti ( di L. Madaghiele)
Antimo Altavilla
Maria R. d’Alema
Essenza (di S. Spedicato)
Contrasti ( di M. Nitto)
Alessandro Perrone

 

Presepe (di A. Perrone)

 

A. Altavilla
Giuseppe Lombardi
Giuseppe Lombardi

In compagnia ( di Mimma Salerno)
Francavilla Fontana – Masseria “La Guardiola” particolare dell’affresco rappresentante la “natività nell’estasi di S. Teresa”. Questo bene non esiste più. Foto Alessandro Rodia
Francavilla Fontana – Cappella della Masseria “Perito”. Affreschi di Madonne e Santi. In fase di avanzato disfacimento. Foto di Alessandro Rodia

 

 

Basilica minore del Santissimo Rosario, o  Matrice

“Lega la sua fondazione al nome degli Imperiali e precisamente all’ultimo della dinastia, Michele IV junior: questi volle che, dopo il terremoto del 20 febbraio 1743, la primitiva chiesa angioina fondata sul luogo del leggendario ritrovamento dell’immagine della Madonna fosse ricostruìta dalle fondamenta.
L’iniziativa del principe fu sostenuta dall’entusiasmo popolare e dalla generosa partecipazione non solo delle classi abbienti: “Don Luca dell’AgIio [un notabile locale] nella piazza grande, nella piccola, ai crocicchi, eccitava il popolo a concorrere; lo si ammirò ogni sera attendere i villani sotto le porte universali ed invitarli alla pia impresa […].
I trainanti offrirono le loro vetture pel trasporto delle pietre, gli ammassari donarono vettovaglie, i braccianti parte della giornata, le donne si toglievano e donavano anelli, orecchini, collane d’oro e medaglie d’argento, canonici e partecipanti elargirono i loro proventi. Da per tutto una gara che mai la più fervida. Fave, ceci, grano, olio, bambace, vestiti, puntali e fibbie d’argento […]. Il Principe donò quasi la metà di quanto abbisognava; gli ufficiali dell’Università lasciarono a beneficio della fabbrica lo stipendio; il Capitolo assegnò una somma annuale fino al compimento.
La prima pietra fu posta il 19 agosto 1743, dopo aver salvato l’immagine della Vergine e aver abbattuto case, botteghe e cantine che occupavano l’area su cui sarebbe sorta la chiesa.
L’inaugurazione avvenne il 1° luglio del 1759. Fino al 1947 fu l’unica parrocchia di Francavilla (diocesi di Oria).
La chiesa oggi presenta un aspetto tipicamente barocco, con armoniosa sintesi tra il corpo centrale aggettante e slanciato che termina con una stella e quelli laterali più stretti e smussati agli angoli; tra il verticalismo suggerito dalle lesene e la duplice scansione orizzontale delle trabeazioni.
Nella lunetta ricavata dal timpano spezzato, sulla cui parte centrale poggia uno scudo raffigurante lo stemma civico si inserisce, in un groviglio di elementi decorativi, l’immagine della Vergine della Fontana cui è dedicata la chiesa. ” (1)

“La chiesa ha un impianto centrale a cupola, a tre navate e con una pianta a croce greca prolungata nell’abside. Questo modello strutturale è da considerarsi un esempio raro nelle chiese salentine del Seicento e Settecento, quasi tutte impostate a croce latina.”  (2)

Navata centrale

Quattro grossi piloni, costituiti da paraste appaiate, alleggeriscono la massa, delimitano le cappelle laterali della navata centrale e sostengono archi e pennacchi che impostano la cupola.

Cupola vista dall’interno con stucchi tardo settecenteschi

 

 

“L’origine della Chiesa, secondo la tradizione, è legata al ritrovamento, vicino ad una fonte nei pressi del Casale di San Salvatore, di un’icona bizantina raffigurante l’immagine della Madonna, avvenuto il 14 settembre 1310 da parte del principe di Taranto Filippo I d’Angiò. Subito dopo la scoperta della sacra immagine, il principe ordinò che intorno a quel luogo si costruisse una chiesa nella quale sarebbe stata conservata l’icona. L’altare della Madonna fu commissionato nel 1773 al maestro marmorario napoletano Domenico Tucci, al quale era stato offerto un compenso di 1140 ducati. Il modello dell’altare sia in marmo che in materiali meno pregiati sarà riproposto in molte altre chiese.” (2)

Cappella della Madonna della Fontana

 

 

Icona bizantina della Vergine col Bambino nell’altare marmoreo (1773) della Madonna della Fontana

 

“L’altare maggiore (decorato ai lati da due angeli con cornucopia), invece, assieme alla balaustra in marmo, proviene dalla vecchia chiesa di San Francesco d’Assisi, posta sul luogo dove oggi si erige la chiesa dedicata a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.” (2)

“La decorazione interna della nuova chiesa fu eseguita utilizzando stucchi, cartigli srotolati da angeli, volute arricciate, successivamente appesantiti da colorature e dorature per una distorta accezione del gusto barocco. Più modesto è il contributo della decorazione pittorica, affidata a Domenico Carella (*), Ludovico Delli Guanti, artisti di cultura solimenesca ed alla pittrice Francesca Forleo-Brayda.

Sulla porta principale, nella controfacciata, vi è La caduta del fulmine, tela di Ludovico Delli Guanti, che ricorda l’avvenimento del 28 marzo 1779, ritenuto miracoloso perché durante una polemica, sfociata in pesanti ingiurie, scoppiata all’interno della chiesa nel corso di un’assise amministrativa, un fulmine uccise Angelo Candita, uno tra quelli che più avevano usato toni offensivi e ingiuriosi nel luogo sacro.” (2)

La caduta del fulmine, di Ludovico delli Guanti (1779)

 

Cappellone della Madonna della Fontana, tela di D. Carella (1778)
Il rinverdimento degli ulivi, di D. Carella.

Per quanto riguarda i dipinti, quelli della vecchia chiesa erano stati gravemente danneggiati e, al contrario di altri oggetti, non si poté reinserirli agli altari; sono comunque presenti numerose tele, statue e oggetti d’arte in prevalenza d’epoca barocca. ” (2)

L’ultima cena, di Domenico Carella
Vergine Maria con S. Giovanni e S. Lorenzo Martire, di D. Carella
Sacra Famiglia, di Domenico Carella
Anime del Purgatorio, di Domenico Carella

 

La chiesa di S. Chiara (1836)

E’ una delle chiese di Francavilla ricostruite nel XIX Secolo, dopo l’abbattimento della costruzione preesistente.

La neoclassica facciata, opera dell’architetto gesuita G. Battista Jazzeolla, ha, ai lati del portale con trabeazione orizzontale, due binati (coppie) di lesene (**) ioniche di ordine gigante che poggiano su bassi plinti (blocchi in calcestruzzo armato a forma di parallelepipedo), come le lesene angolari. Il timpano occupa solo la parte relativa alla zona centrale della facciata. (1)

Facciata della Chiesa di S. Chiara

 

 

Particolare della facciata

 

Facciata laterale con i resti delle strutture conventuali dell’ex Monastero S. Chiara

 

“Nell’interno a pianta poligonale, la cupola a lacunari dell’abside trae ispirazione dai recuperi cinquecenteschi del Pantheon. Dell’antica chiesa si conservano: le grate attraverso le quali le clarisse potevano assistere alle funzioni religiose;la statua dell’Addolorata, nella seconda cappella, a destra. Essa è di scuola veneta del XVIII secolo e ha volto e mani in legno policromo; è stata sempre riccamente addobbata dai notabili del luogo. Come tutte le statue dell’Addolorata di derivazione barocca, ha il petto trafitto da uno stilo d’argento, sul capo ha una corona anche in argento e, nelle mani, un fazzoletto bianco per asciugare le lacrime che le rigano il volto.” (1)

“L’antico coro e l’organo delle clarisse sono conservati in locali annessi alla chiesa. Osserviamo il prezioso pavimento in ceramica di Vietri sul Mare, la cui data è leggibile dietro l’altare, sul pavimento stesso: A.D. MDCCCXXXX.”(1)

“Nella prima cappella, a destra, il busto in gesso policromo di S. Pompilio (1710-1766) ricorda la pennanenza a Francavilla del santo, quale docente di retorica nel collegio degli scolopi.

Sull’altare, una tela del pittore A. Calabrese rappresenta s. Francesco che riceve le stimmate (1889).” (1)

Dello stesso autore è la tela dell’Immacolata (1919) nella prima cappella a sinistra.

Cristo in Croce (1911) del leccese G. Manzo è stato di recente collocato nella seconda cappella, a sinistra.


“Pregevoli statue in cartapesta provenienti dall’antica chiesa della Morte, demolita nel 1947 (di fronte alla cattedrale), sono quelle poste nell’abside: a destra, la Vergine di Loreto e s. Filippo Benizi; a sinistra s. Francesco d’Assisi e s.Gioacchino.

La chiesa di Santa Chiara è sede dell’arciconfraternita della Morte, la cui attività prioritaria era quella di dare sepoltura ai poveri; i confratelli vestono di nero: nero il camice, nero il cappuccio, nera la mozzetta su cui è ricamato un teschio (a destra) con la scritta ARCHÎCONFRATERNÎTAS MORTIS e, a sinistra, un cuore trafitto da una spada con la scritta VIRGO DOLOROSISSIMA ORA PRO NOBIS.” (1)

 

 

“Spostandoci nella sagrestia, troviamo, subito a sinistra, la “ruota” in cui venivano abbandonati i trovatelli e, intorno, le famosissime statue dei Misteri che, portate in processione il venerdì santo, sono ancora oggi non solo uno dei punti di riferimento della religiosità cittadina, ma anche i simboli intorno a cui gravitano tradizioni antichissime, riti altrove scomparsi, forme di culto legate a ritmi di vita cancellati per sempre.” (1)

La “ruota”

“Osserviamole una per una, con lo stesso ordine con cui vengono portate in processione la sera del venerdì santo: la Cena ovvero Cristo col pane, in cartapesta policroma di Nicola Distante;

Cristo nell’orto (1817), di scuola leccese; Cristo vestito da pazzo di N.Distante: Cristo alla colonna di P.P.Pinca (1758- 1832), pittore e soprattutto famoso statuario; Cristo alla canna (Ecce Homo),cartapesta policroma di PP. Pinca; la Cascata o lo Spasimo, cioè Cristo caduto sotto il peso della croce. di P.P.Pinca: è la statua più famosa ed è certo quella in cui il tragico realismo delle statue dei Misteri raggiunge i vertici del pathos (attualmente in restauro leggi qui ; Cristo Morto o il Tumulo o la Bara (1911) di G. Manzo.” (1)

 

La chiesa e il collegio di S. Alfonso de’ Liguori (chiesa dei Padri)

“La facciata novecentesca si ispira a motivi rinascimentali di maniera: la ricchezza degli elementi architettonici dell’ordine inferiore (paraste. colonne, capitelli, ecc.) e la relativa sobrietà dell’ordine superiore in cui si trovano solo quattro esili lesene.” (1)

“Essa non fa supporre che ci troviamo di fronte ad uno dei monumenti di Francavilla di più remota origine: lo stesso Filippo d’Angiò nel 1322, avrebbe voluto la costruzione di un convento per i frati di s. Francesco, i minori conventuali, sito a breve distanza dal luogo in cui stava sorgendo la chiesa della Madonna della Fontana.

I frati eressero la chiesa adiacente al convento, dedicandola a s. Francesco ed essa conservò per secoli il suo aspetto medioevale. Soppressi gli ordini religiosi nel periodo napoleonico, i frati abbandonarono il convento. Ripristinati gli 0rdini religiosi, ai francescani subentrarono i padri redentoristi di s. Alfonso de’ Liguori e la chiesa fu radicalmente trasformata. E’ interessante leggere quanto il Palumbo dice circa la vera e propria ansia di rinnovamento che distrusse pagine dì storia e tesori di arte: “I Liguorini, odiatori del passato, vollero sfondare ì cappelloni della Chiesa di S. Francesco ed ampliarla con forma migliore. Nel 1854 l’opera fu affidata a Prospero Ammaturo il quale rispettando gli antichi pilastri, come si era progettato, fece impresa inadeguata per cui
crollò la volta con grave pericolo di quei frati[…] Si convenne rifare l’appalto col maestro Antonio Zanzarella e rifabbricare la Chiesa.
Così sparì lo storico edificio dalle soffitte istoriate e dai larghi cappelloni e tra le rovine e le macerie furono involti i corpi imbalsamati degl’lmperiali che i Liguorini da un’alcova aperta al pubblico avevano confinati in un oscuro stambughetto. Ma i tempi fecero giustizia dell’inopportuno vandalismo, giacche’ nel 1861 fuggiti i monaci la chiesa rimase incompiuta ed oggi acquistata dal Municipio e fittata per stalla e per legnara se ne va in frantumi. Bisognerà aspettare il ritorno dei liguorini, avvenuto nel 1924 perché la chiesa, ormai dedicata al culto di s.Alfonso, sia restaurata e, all’interno, profusa di un’esuberanza di elementi architettonici, scultorei, pittorici.” (1)

“Fu chiamata “la Chiesa d’oro” e la definizione appare calzante, sia che la si visiti quando la luce del giorno, penetrando attraverso i tredici finestroni, mette in risalto stucchi, fregi dorati con oro zecchino, intarsi madreperlacei; sia che la si visiti di sera, quando una opportuna illuminazione elettrica enfatizza le dimensioni dei possenti pilastri e la ricchezza delle decorazioni. ln questa chiesa, ogni elemento architettonico o scultoreo ha i suoi arabeschi e fregi: il trono di s. Alfonso con la statua del santo e con le otto colonne e la cupola; esso è un tutt’uno con il maestoso altare maggiore, le statue della Fede, Speranza, Carità e Pietà, i putti che reggono i candelabri a forma di cornucopia. Da notare, al centro del paliotto, una riproduzione, in bassorilievo, della Cena di Leonardo e, ai lati, gli stemmi della famiglia De’ Liguori (a destra) e dell’istituto redentorista (a sinistra). Ugualmente ricchi di decorazioni sono le navate laterali con gli otto altari dedicati a vari Santi. Tutte le pitture ad affresco della chiesa sono di G.Vollono di Napoli; quelle dell’abside e della navata centrale si riferiscono a scene della vita di s. Alfonso. La storia della chiesa è sintetizzata nelle epigrafi che troviamo ai lati dell’ingresso, dove si trova anche il gruppo statuario della Pietà.” (1)

 

 

Chiesa di San Sebastiano

“L’ex Real Collegio Ferdinandeo (ora Scuola Media Vitaliano Bilotta) e la Chiesa di S. Sebastiano, furono costruiti dall’Ordine di san Giuseppe Calasanzio: gli Scolopi, dietro munificenza dei principi Imperiali, tra il 1696 ed il 1728. Il convento, dopo essere stato soppresso durante il periodo napoleonico e murattiano, riaprì nel 1830, col Convitto annesso e nel 1841 venne titolato Real Collegio Ferdinandeo e Scuole di Belle Lettere e Filosofia. Qui venne educata e istruita una nutrita schiera di giovani provenienti dalla regione e dal materano. Negli anni seguenti, a fasi alterne, ospitò il Ginnasio comunale; attualmente il complesso Ferdinandeo ospita la Scuola media Vitaliano Bilotta.(2)
Sulla lapide posta sul pilastro angolare del fianco destro (in via Crispi) possiamo leggere l’anno in cui cominciarono i lavori di Costruzione della chiesa sul luogo di una precedente cappella dedicata a s. Sebastiano: FUNDITUS ERECTA/ PRIMO LAPlDE SOLEMNlTER/ BENEDICT0/ DIE XX OCT. MDCXCVI.
I lavori si protrassero per alcuni anni; fu ultimata nel 1703; nel 1728 venne eretta, ad opera di fra Benedetto delle Scuole Pie, l’imponente cupola maiolicata. La semplice facciata è scandita da lesene con capitelli dorici; in essa si apre un portale sagomato “a orecchio”.  L’appartenenza agli scolopi è ben evidenziata dallo stemma di s. Giuseppe Calasanzio, sul portale, a sinistra della chiesa. A sinistra della chiesa si può ammirare il bel portale dell’ex convento, sul quale ci sono tre stemmi: quello degli scolopi, al centro; della città di Francavilla, a destra e quello degli lmperiali, a sinistra.” (1)

Il Castello

Le origini

“La costruzione del castello risale al 1450 circa, quando Giovanni Antonio del Balzo Orsini impose alla popolazione la continuazione delle mura concesse da Filippo I d’Angiò e in più la costruzione di un castello merlato “da sostenere qualsiasi assedio”. Più che un castello, inizialmente esso era una torre quadrata bastionata dotata di fossato e ponte levatoio.
Intorno al 1547 la fortezza fu ampliata e modificata dal duca Giovanni Bernardino Bonifacio, l’eminente umanista che aveva ereditato i feudi di Francavilla e di Oria dal padre. Il castello accentuò la sua funzione di fortezza con ulteriori opere di fortificazione di architettura  rinascimentale.
Il castello è anche detto palazzo Imperiali, dal nome dei feudatari che acquistarono il feudo di Francavilla nel 1572. Michele Imperiali decise di trasformare la fortificazione in residenza (tra il 1720 ed il 1730).
Nel 1739 Michele junior lo fece isolare, facendo demolire un muro ed alcune botteghe dal lato nord e demolendo archi e colonne che sostenevano un pergolato sul portone d’ingresso. Alla morte di Michelino (1782), mancando gli eredi, il palazzo fu incamerato tra i beni del regno come proprietà feudale, ma l’erede designato da Michelino, Vincenzo Imperiali di Latiano, dopo aver intentato causa al Regio Fisco ottenne il titolo di principe di Francavilla Fontana, ereditando dal castello anche gioielli, mobili, arredamento, libreria, attrezzatura del teatro.” (2)

Piano terra

“Costeggiando l’antico fossalo, recinto da una balaustrata e, attraverso il ponte di pietra che sostituisce l’antico ponte levatoio, giungiamo davanti all’imponente portale. Degno della dimora patrizia della quale era l’accesso, esso è fiancheggiato da colonne con capitelli compositi ed ha sull’arco a pieno centro un encarpo di foglie d’alloro con rosette alle estremità; sulla chiave di volta, lo stemma degli Imperiali. Una trabeazione con cornice fortemente aggettante e spezzata poggia sugli alti abachi.

Nell’androne dalla volta a botte, leggiamo, a sinistra, l’epigrafe nella quale ci viene ricordato quello che può considerarsi il motivo dominante della storia di Francavilla e del nostro itinerario: la piccola fonte, la divinità tutelare, le origini della città.

A destra, un altorilievo bronzeo (1988) dell’artista C. Conte (per approfondire vedi qui), eseguito in occasione del bicentenario della concessione del titolo di “città” a Francavilla.” (1)

Superato l’androne si accede nel primo cortile con portico e loggia, di cui la parte settecentesca è probabilmente solo quella in cui si trova la prima rampa di scale, mentre le arcate degli altri lati  sono di epoca anteriore. (1)

“Nel cortile interno si trova un fonte battesimale pedobattista (***) datato al XIV secolo ed appartenuto all’antica Chiesa Madre. L’oggetto rivela passate manomissioni; la conca è decorata a baccelli e sull’orlo, segnato da listelli, è scolpito un fregio, raffigurante delfini affrontati, che si legano a motivi floreali che si interrompono nella zona dove è stato sovrapposto lo stemma, a forma di bucranio o testa di cavallo e recante: nella banda di sinistra la croce dei Cavalieri di Malta, in quella destra un grifo alato e sotto un motto in latino.” (2)

 

 

In una delle sale adibite a deposito, solo di recente sono stati ritrovati alcuni affreschi della antica cappella privata di S. Maria delle Grazie;

In una sala al pianterreno, dove c’è un’antica acquasantiera, artigiani locali espongono le rappresentazioni del presepe

Piani superiori
“Lo scalone, probabilmente fatto da Mauro Manieri (secondo altri  è attribuito all’architetto napoletano Ferdinando Sanfelice ndr), porta al ballatoio del piano superiore, dove si affacciano finestre e porte ornate con cornici e fregi simili alle finestre cinquecentesche della facciata. Le stanze dei due piani sono disposte intorno al cortile e le porte interne “ad orecchio” sono la traccia dell’opera del Manieri.” (2)

Loggiato esterno seicentesco

“Nella sala consiliare si trova il seicentesco caminetto in pietra leccese. Esso ha un profilo rimarcato dai festoni floreali degli stipiti, da un motivo di uccelli che si abbeverano nello stesso vaso sul fregio e infine dal timpano a forma di drappo, che accoglie lo stemma Imperiali-Spinola sormontato da una corona e chiuso da due profili femminili incoronati d’alloro.” (2)

notevole la tela dell’Ultima Cena (sec. XVIII) con sigillo napoleonico

sul pavimento è riportata l’arma araldica cittadina

Il soffitto è stato decorato nel secolo scorso da G. Vollono

“Adiacente alla sala del caminetto è la sala in cui troviamo i famosi ritratti di Michele Senior e Andrea Imperiali.” (1)

“Tra i locali non facilmente accessibili al visitatore troviamo la sala consiliare col soffitto ligneo e alcune tele cinquecentesche.” (1)

Arredata modernamente è la Sala delle Riunioni

L’attenzione particolare data dall’Amministrazione Comunale alla promozione del turismo è dimostrata da un ufficio riservato all’interno del Castello

Vedute e scorci del Centro Storico

 Palazzo Argentina

“In via Argentina troviamo il palazzo Argentina, ad angolo con via Clavica, di cui si legge” che appartenne a F.A. Argentina, il quale, il 2 agosto 1602 vi si trasferì da via Roma. Gli Argentina qui trasferitisi furono detti “ti San Franciscu” per il vicino convento dei Francescani neri. ll palazzo ha bei balconi rinascimentali con le tipiche ringhiere in ferro a petto d’oca ed il portale a doppia fila di bugnato liscio e capitelli dorico-tuscanici” (1)

 

 

Palazzo Clavica-Guarini

“Subito dopo, il palazzo Clavica (ora Clavica-Guarini). uno dei pochissimi esempi di architettura cinquecentesca sopravvissuti nella città; esso appartenne per intero alla famiglia Clavica, forse originaria della Spagna, ma sicuramente venuta a Francavilla dalla vicina Ceglie nel 1530. Il palazzo, che fu costruito da Luca Clavica, ufficiale di Marina al tempo della dominazione spagnola, richiama nella forma la prua di una nave; esso ha i caratteri delle fortezze e, insieme, delle dimore patrizie: alle prime fanno pensare il solido impianto e, sul retro, le cortine murarie svasate verso il basso e alle seconde si richiamano il semplice portone ad arco, contrapposto al ricco balcone che lo sormonta; la porta-finestra dal bell’architrave su cui si legge: JESU DUCE COMITE MARIA è sormontato dallo stemma della famiglia: una torre coronata da tre stelle. La facciata su via Argentina è movimentata da una fila di fìnestre ben architravate.” (1)

 

Palazzo Salerno

“Ha la Struttura solida di un fortino; sorge, infatti, su una costruzione preesistente. Il portale arcuato è fiancheggiato da due plinti ruotati di 45° rispetto alla facciata e sormontati da due colonne a forma di bulbo che si rastremano verso i capitelli compositi. Su questi ultimi poggiano i dadi di trabeazione dando origine ad un balcone dall’andamento spezzato cui si contrappone la morbidezza delle concavità e convessità della ringhiera, in ferro battuto, ornata da motivi vegetali; quest’ultima ha come modello quella del balcone della facciata posteriore del palazzo Imperiali.” (1)

 

Arco Loreto

 

Piazza Umberto I, notturno

 

Note:

(*) Domenico Antonio Carella (Francavilla Fontana, 1721 – Martina Franca, 1813) è stato un pittore italiano. Il Carella si formò sulla cultura napoletana e il suo apprendistato presso Francesco Solimena e Pompeo Batoni, più tardi si avvicinò ai modi pittorici di Corrado Giaquinto e Luca Giordano.Nel 1746 si sposò con Maria Dell’Abbate a Francavilla.L’artista operò molto a Martina Franca intorno al 1770 dove venne sancita la sua fama, lavorando per gli affreschi del Palazzo Ducale del duca Francesco III Caracciolo in tre sale: dell’Arcadia, del Mito e della Bibbia. Fra gli artisti più stimati e prolifici della Puglia del settecento operò anche a Alberobello, Massafra, Ceglie Messapica, Erchie, Taranto, Francavilla Fontana, Monopoli, Conversano, Ferrandina, Calvera, Palagiano, Rutigliano e Castellaneta. (Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Domenico_Antonio_Carella)

(**) Risalto verticale di una parete muraria, ripetuto in genere ritmicamente, con funzione sia decorativa sia di rinforzo della parete stessa: ha per lo più l’aspetto e la conformazione di un mezzo pilastro o di una mezza colonna sporgente dalla parete. (Treccani.it)

(***) Nel linguaggio eccles., il battesimo dei bambini, che, raro nei primissimi tempi della Chiesa, si è poi sempre più diffuso (anche se non senza forti contrasti e controversie dottrinali) fino a diventare la regola. (Treccani.it)

Ringraziamenti:

Si ringrazia l’amico Mario Carlucci che ha collaborato con me nella ripresa delle immagini, la guida professionale  Alessandro Perrone e la redazione di Salentowebtv Lecce per  aver gentilmente messo a disposizione il video da loro realizzato su youtube  – Pasqua in Puglia: i Pappamusci di Francavilla Fontana.

 Bibliografia e sitigrafia:

“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica o sitografica.”

(1) Guida di Francavilla Fontana, di Vittoria Ribezzi Petrosillo e F. Clavica. Congedo editore, Galatina 1995.

(2) Fonte Wikipedia – http://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_minore_del_Santissimo_Rosario

 

7 commenti

  1. TUTTE le foto hanno una spettacolare magnificenza. E’ condensata in esse, con dovizie di partticolari, la bellezza di Francavilla Fontana, le Chiese, i palazzi antichi…, ogni particolare viene evidenziato, non esagero, con somma maestrìa, sc che considero questa esposizione un vero, impegnato capolavoro divulgativo.
    ALFIO TARULLO

    1. Grazie.

  2. Complimenti per gli autori delle foto, per i curatori della mostra e a Brundarte per la divulgazione. Saluti Lorenzo

    1. Grazie a te che ci segui con tanta attenzione e costanza! Alla prossima, allora.

  3. Wow che bel servizio !!! Mi fa piacere che abbiate apprezzato i miei servizi di guida turistica. Vi aspetto per un altro tour nella nostra splendida Puglia

    1. Verremo molto volentieri Alessandro, anche perchè c’è ancora molto da scoprire di quella bellissima città! A presto.

  4. […] a partire dal XVIII secolo, esisteva una locale scuola di cartapestai. Il Cristo alla colonna di Pietro Paolo Pinca (1758-1832) è di una impressionante tragicità: nudo, magro, piegato in avanti fino a […]

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