Una polemica di 58 anni fa – Chiesa di S. Lucia

Una polemica di 58 anni fa

Chi volesse sapere l’anno di costruzione o semplicemente in quale stile è stata costruita la chiesa della SS. Trinità che comunemente viene chiamata S. Lucia, avrebbe delle indubbie difficoltà per l’esistenza di più teorie.
L’unica cosa certa è che si parla della cripta in un antico documento del 1248 riferendosi all’annesso monastero delle monache premonstratensi.


Poi la chiesa cadde nell’oblio e restò “quasi misconosciuta” fino al 18 dicembre 1870, quando un diligente ricercatore, l’Arcidiacono Giovanni Tarantini ne parlò nella sua “Monografia di un antico Tempietto Cristiano recentemente trovato in Brindisi sotto la chiesa della SS. Trinità”, pubblicato nel 1872.
Nel 1938 l’arch. Cesanelli fu incaricato dello studio e della progettazione della nuova chiesa. Iniziò lo studio avendo a mente un restauro che riportasse la chiesa per quanto possibile allo stato “primiero” senza tuttavia dimenticare che la stessa doveva essere aperta al culto e quindi rispondere alle esigenze di un pubblico più moderno, e con la necessità di essere più accogliente così come richiesto anche dal sacerdote della parrocchia Don Scazzi.
Cesanelli s’incarica di farlo “penetrando nello spirito dell’antichità del monumento” ma con quel desiderio di modernizzazione che lo porta a distruggere la scala ottocentesca semiovoidale giudicata “opera sciatta e brutta del 1890” e che gli fa attirare su di sé le ire di studiosi, critici e appassionati nonchè della stessa Sovrintendenza con cui si instaura una polemica forte al punto da determinare l’invio degli ispettori ministeriali.
L’incarico di contestare decisamente l’operato e soprattutto le tesi espresse nella monografia dall’arch. Cesanelli, viene assunto da R. Jurlaro già direttore della Biblioteca Arc. De Leo, sulle pagine de “Il Meridionale” del 1961, ove, tralasciando le critiche alle pitture e agli interni, per quanto riguarda la generale struttura della chiesa dice testualmente: “Quindi, con l’arch. Cesanelli si resta in accordo nell’ammettere che la parte inferiore, cioè la cripta e parte delle pareti della chiesa superiore hanno elementi romanici, ma di una tarda età romanica non precedente al IX secolo come egli osa affermare a pagina 32 della sua opera. Non precedente perché ben altre espressioni aveva l’arte, anche nostrana, in quell’epoca, come dimostrano Seppannibale e Gallana, per rimanere a monumenti della provincia.”
Adesso, senza voler entrare nel merito della polemica riteniamo importante, da parte nostra, riportare con esattezza la tesi dell’arch. Cesanelli, almeno per quanto riguarda la struttura della chiesa, supportandola anche con le immagini in maniera tale da mettere chi legge in condizione di fare le proprie valutazioni.

Come era la chiesa della SS. Trinità nell’anno 1938

“I primi studi e i primi saggi del monumento furono iniziati nel luglio e continuarono fino al mese di ottobre 1938 e si svolsero durante le operazioni di rigorosi rilievi, per tutte le misure per i disegni del progetto di restauro.
Eseguimmo anche molte fotografie degli insiemi più notevoli e dei particolari più significativi.
Questi studi furono voluti dal Rev.mo Don Antonio Scalzi, nominato parroco della Chiesa, il 10 novembre 1933; il quale ne prese possesso il successivo 31 dicembre. La Chiesa fu eretta Parrocchia Vicariale della Cattedrale il 23 giugno 1635 da Mons. D. Giovanni Falces di S. Stefano.
Il Parroco volle questi studi, questi rilievi ed i saggi, per il grave stato in cui si trovava allora la sua Chiesa, sia per le tante superfetazioni (c), sia per l’abbandono in cui si trovava, per cui si richiedevano restauri oculati e radicali.
Per maggior esattezza, diremo in sintesi quanto è dimostrato dalle illustrazioni grafiche e fotografiche del monumento prima dei nostri restauri, riprodotte in questa monografia: v. le riproduzioni alle tavole 2-3-4-5-6-7-10-11.” (1) Per una più immediata comprensione dei fatti abbiamo aggiunto il disegno della chiesa dopo il restauro (Tav. 30) e la foto della facciata con la nuova scala (31)).

Tav. 30
Tav. 3 – Parte superiore della facciata nel 1938
Tav. 4 – Stipite destro della porta
Tav. 5 – Una delle finestre abusive sul fianco
Tav. 6 – La ripida scala ovoidale moderna (fine ‘800 ndr)
Tav. 31 – La facciata a restauri compiuti
Tav. 7 – Il fianco sulla via Lata nel 1938
Tav. 10 – Resti romanici in via Lata
Tav. 11 – Resti romanici in via Lata, particolare

Altre immagini dell’esterno

Resti romanici in via Lata
Resti romanici in via Lata
Mensole con la chimera
Resti romanici sul fianco sinistro
Vista del campanile e della finestra del presbiterio

“Nel secolo scorso (XIX), erano state murate le finestre originali della Chiesa superiore e in loro vece venivano aperte arbitrariamente sei nuove, brutte finestre, mal disposte, architravate; due sul fianco di via Lata (una di m. 1,02 per 1,28 di altezza, l’altra di m. 1,27 per 1,41 di altezza, con nessuna uniformità); altre quattro finestre sulla facciata e la settima sul fianco sinistro presso la sacrestia, alterando una delle antiche finestrelle.
Queste nuove finestre avevano in comune il carattere di provvisorietà e della massima trascuratezza.
Così la facciata sulla piazzetta di Santa Lucia e il fianco sulla via Lata, nonostante la patina secolare delle reliquie dell’antico paramento di carparo, a vista — peraltro imbiancato a calce nella facciata, durante alcune gravi epidemie, ultima quella del 1799 — avevano aspetto di un vecchio capannone di rimessa, se si faceva eccezione alle reliquie architettoniche del fianco, verso il fondo a destra, sulla via Lata.
L’interno della Chiesa era in peggiori condizioni che l’esterno e precisamente, le pareti delle tre piccole navate erano perfettamente imbiancate a calce fino dallo zoccolo, alto, verniciato in marrone scuro: tipico delle caserme; v. le riproduzioni alle tavole 15-17-26.” (1)

Fig. 15 – Una vista dell’interno durante le opere di liberazione
Tav. 17 – Una vista dell’interno nel 1938
Tav. 26 – Vista dell’interno della chiesa durante le opere di liberazione

Della primitiva chiesa romanica

“I nostri disegni di pianta e prospettico riprodotti alle tavole nn. 41-42-43-44-45-46 ci danno un’idea della forma della primitiva Chiesa romanica, in base ai resti visibili al giorno d’oggi; i due ampi matronei (a) che si congiungevano dietro l’abside erano funzione del Cenobio delle “Suore Bianche” dell’ordine delle Premostratesi che avevano il convento contiguo alla nostra Chiesa sul fianco sinistro di essa e vi entravano dalla porta (nicchia di S. Rita) che immetteva al matroneo di sinistra e discendevano al piano della Chiesa a mezzo della scala che da quella porta scendeva in vicinanza del presbiterio, in cornu evangeli (b); scala che doveva essere preclusa al pubblico per le ragioni ovvie e per le precise disposizioni del: “Diploma dell’Arcivescovo Pino del 1355″ (..). Infatti vi è ancora il vano di porta centinato a tutto sesto, con stipiti in pietra ed internamente con gli anelli di pietra per i cardini di legno dell’infisso di porta a due partite.” (1)

“La Chiesa era a tre navate e coperta a volte impostate su pilastri; l’abside centrale era ed è fiancheggiata da due piccole absidi appena accennate nelle curve, (forse le Conchulae per i diaconi) e quindi le due porticine dei due diaconici che internamente sono due piccoli locali coperti a volte che s’insinuano fino dietro l’abside centrale ed hanno ben conservate tutte le nicchie e i vani di armadio per la custodia dei libri e delle suppellettili per il Culto. Per le altre parti della Chiesa romanica è sufficientemente indicativo il nostro disegno prospettico riprodotto alla tavola n. 54.” (1)

Punti salienti della “Descrizione strutturale-stilistica della chiesa” di L. Cesinelli (1) 

p. 15 – Si vede ben chiaramente che i muri dell’edificio superiore furono in tempo posteriore innestati in quelli dell’edificio inferiore e lungo tutta la linea dell’innesto fu lasciata una risega.
p. 17 – Da Tarantini p. 4 “dice infatti il brindisino G.B. Casimiro scrittore della metà del XVI secolo che il Monastero della Trinità era dedicato a San Basilio”.
p. 26 – La facciata conserva il paramento di carparo fino alla quarta fila di pietre, in altezza, sopra la risega (d) esterna; il fianco su via Lata, dall’angolo fino alla porticina a sesto acuto, è di carparo fino la quarta fila di pietre, in altezza, sopra la seconda risega; dalla detta porticina fino al fabbricato di confine, è di carparo fino la penultima fila di pietre in altezza; tutta la muratura rimanente è di tipo: muratura della ricostruzione.
p. 27 – Sul presbiterio sopra avanzava una sola delle capriate antiche, a vista, con mensole scolpite agli appoggi; la capriata era dipinta a fiori.
p. 31 – La cappella inferiore trovasi a m. 1,36 sotto il livello del marciapiede. “Questa cappella, per meglio dire chiesetta inferiore, non fu mai una cripta della chiesa Ss. Trinità, che alle sue origini doveva essere invece sopra elevata di qualche gradino dal livello stradale. Le cause si debbono ricercare nel fatto storico (vedi G.B. Moricino) della distruzione di Brindisi, operata dai Saraceni nella prima metà del secolo IX, con l’abbandono in completa rovina per circa un secolo e mezzo, delle fabbriche distrutte.
p. 32 – Possiamo con sicurezza dichiarare che questi elementi bizantini (quattro capitelli intagliati nel calcare forte) si trovano inseriti in un organismo (..) che ha tutti i caratteri e i resti originali di una struttura romanica: la quale da un accurato esame risulta essere la prima chiesa costruita.
p. 32 – Quindi il primo edificio nacque con l’arte romanica del primo periodo ed ebbe breve vita perché già alla metà del IX secolo era stato distrutto, con tutta la città dei Saraceni; distrutto come ci indicano i resti, in tutta la sua parte alta (…). Inoltre rimasero altri resti. Principalmente sui due muri longitudinali di sinistra e di destra (..). Tutto ciò ora si vede ad un’altezza diminuita di circa m. 1,50 da quella originale per avere, le macerie dei crolli, elevato il suolo circostante. Così le due finestrelle a tutto sesto entro gli archetti sottoposti ai detti finestroni, sulla via Lata (vedi foto), hanno ora le cornici di soglia a circa 35 cm. dal marciapiede, mentre nell’interno, si trovano a m. 1,55 dal pavimento.
Rimasero ancora in piedi la parte bassa della facciata e i due pilastri interni verso il presbiterio.
p. 33 – Questi tagli di adeguamento in piani orizzontali (sui muri per formare una possibile base d’appoggio ai nuovi muri) si riscontrano sul muro di facciata e di fondo e sui muri longitudinali, ove dal lato interno si vede una risega. (..)
Un secolo e mezzo passò prima che Brindisi distrutta riprendesse a vivere (..).
Fu così che, riunito il materiale di spoglio proveniente da altri luoghi diruti che forse non davano speranza di poter essere riutilizzati, venne adoperato per creare una prima chiesetta entro la parte bassa, ancora resistente, del rudere romanico (e).
p. 33 – I pilastri del presbiterio (chiesa inferiore) sono ancora visibili in corrispondenza dei quattro gradini del presbiterio della chiesa superiore.
p. 36 – L’esame dei materiali di scavo e di spoglio ci ha convinto apoditticamente (in maniera inoppugnabile ndr) che non solo i materiali non trovano riscontro in nessun’altra parte del monumento, ma questa caratteristica arte bizantina dei quattro capitelli è arte esclusiva di questi quattro elementi, isolati, in tutto il nostro complesso monumento.
p. 37 – Gli archi a tutto sesto in pietra calcarea che s’impostano sulle quattro colonnine e che sostengono le sei volte a crocera a copertura della chiesa inferiore, sono formati da conci di pietra tagliati a sesto e con giunti a raggio che dimostrano una mano d’opera particolare, pertinente alla maestranza greca che ricostruì Brindisi dalle fondamenta.
p. 38 – L’accesso a questa chiesetta era come al presente, dalla porta in via Lata che venne tagliata in breccia, allora, sulla muratura sopravanzata alla distruzione saracena.
p. 38 – I greci ricostruttori di Brindisi dedicarono questa chiesetta inferiore a S. Basilio o S. Nicola; del primo è un affresco sul pilastro a sinistra contiguo ai due nicchioni di fronte l’abside.
I greci poi decorarono tutta la chiesetta con una serie di affreschi che certo all’origine dovettero ricoprire le pareti e l’abside e di cui si intravedono i resti fino all’ingresso di via Lata.

Immagini degli interni commentate

Tav. 16 – Il Crocefisso antico coperto da molti strati di tinte a calce
Tav. 22 – S. Basilio dipinto nella parasta della chiesa inferiore
Tav. 24 – Stato della chiesa inferiore nel 1938
Tav. 25 – Il quadro polittico della “Madonna del dolce canto”, nel 1938
Tav. 26 – Vista dell’interno della chiesa durante le opere di liberazione
Tav. 27 – Vista particolare dell’interno della chiesa, parete destra, durante le opere di liberazione
Tav. 28 – Stato degli antichi affreschi, scalpellati, per dar presa all’intonaco ad essi sovrapposto, sul fondo della chiesa
Tav. 29 – Stato degli antichi affreschi, scalpellati, per dare presa all’intonaco ad essi sovrapposto
Tav. 32 – Resti di antichi affreschi nella parete di sinistra, nella chiesa superiore
Tav. 33 – Vista dell’interno della chiesa superiore a restauri compiuti e in primo piano resti di un pilastro romanico
Tav. 34 – Vista dell’interno dall’altare maggiore
Tav. 37 – 38 Vista generale dell’interno della chiesa superiore dopo i restauri
Tav. 39 Questi graffiti disegnati dall’arch. Cesanelli noi non siamo riusciti a vederli e forse questo disegno è l’unica cosa che ci rimane

Come si presenta la chiesa oggi

La facciata
La facciata con la scala in primo piano
Facciata della chiesa che si affaccia su Via Lata – 1^ parte. Si vedono nettamente i segni della risega (d) esterna
Facciata della chiesa che si affaccia su Via Lata – 2^ parte
Facciata della chiesa che si affaccia su Via Lata – 3^ parte, con i resti romanici dell’edificio
Portale d’accesso alla chiesetta inferiore
Resti romanici dell’edificio
Resti romanici dell’edificio
Resti romanici dell’edificio. La chimera
Resti romanici dell’edificio. La chimera
Serie di archetti e monofore appartenenti alla chiesa inferiore a m. 1,36 sotto il livello del marciapiede
Serie di archetti e monofore appartenenti alla chiesa inferiore a m. 1,36 sotto il livello del marciapiede. Si veda il confronto con le auto parcheggiate
Monofora vista dall’interno
Chiesetta inferiore con le due monofore poste a distanza regolare da terra

Leggi qui il servizio completo di Brundarte sulla Chiesa di S. Lucia

Note:
(a) E’ un balcone o un loggiato posto all’interno di un edificio e originariamente destinato ad accogliere le donne (derivante appunto da “matrona”). Nelle chiese medievali i matronei persero la funzione di accoglienza e divennero esclusivamente elementi architettonici, posti sopra le navate laterali e con la funzione strutturale di contenere la spinta della navata centrale, formati solitamente da campate sovrapposte a quelle delle navate laterali. (Wik.)
(b) Zona destinata alla lettura del Vangelo (Wik.)

(c) Parte aggiunta a un edificio dopo la sua ultimazione e tale da guastare l’aspetto estetico dell’edificio stesso o anche dell’ambiente circostante (Enc. Treccani online)

(d) Nelle costruzioni civili, ogni cambiamento brusco dello spessore di una struttura, in particolare muraria (Enc. Treccani online)

(e) Periodo dell’arte medievale compreso tra l’11° e il 12° sec. (In architettura) L’impiego dei pilastri composti, dei contrafforti, delle volte a costoloni e a crociera caratterizza l’architettura r. che riprende questi elementi, alcuni già presenti in antico e nell’Oriente cristiano, altri nell’Alto Medioevo in un insieme strutturale nuovo. (Enc. Treccani online)

Bibliografia e sitigrafia: “Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica o sitografica.”
(1) Della Chiesa Millenaria della SS. Trinità in Brindisi, di Lorenzo C. Cesanelli. Stamp. in Verona 1957

(2) R. Jurlaro. Per i monumenti medievali di Brindisi. Repliche ad A. Petrucci e Lorenzo Cesinelli, in “Il Meridionale” – 7 (1961) n. 1

(3) A. De Leo. Dell’antichissima città di Brindisi e il suo celebre porto. Bologna presso SIRAB srl 1970

(4) Ed. Amici della De Leo Brindisi. La chiesa della SS. Trinità S. Lucia. Italgrafica Oria (BR) 2000

(5) M. Guglielmi. Gli affreschi del XIII e XIV secolo nelle chiese del centro storico di Brindisi. Arti Gr. Pugliesi – Martina F. (TA)  1990

(6) L. Casone. Restauri a Brindisi tra ottocento e novecento. M. Congedo Ed. 2006

3 commenti

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  2. Dal mosaico della memoria:
    Abitavo in via Madonna della Scala e da bambino giocavo sul piazzale antistante la chiesa di Santa Lucia.
    In Santa Lucia sono stato anche cresimato.

    1. Grazie per la testimonianza

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