I libri posti all’indice della Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo”

“Indice de’ Libri Proibiti che si conservano nella Pubblica Libreria di Brindisi fondata dall’Ill.mo e Rev.mo Mons. D. Annibale De Leo…”

20160324_171947Nel corso dell’età moderna con l’avvento della stampa la discussione intorno alla censura assunse proporzioni enormi. Fino ad allora i libri venivano copiati a mano negli “scriptoria”, non c’erano reali possibilità di controllo, ma la produzione avveniva principalmente all’interno di strutture religiose e questo costituiva una forma di garanzia. I libri prodotti, inoltre, erano pochi ed estremamente costosi, e arrivavano quasi esclusivamente nelle mani di studiosi ed eruditi. L’introduzione della stampa cambiava lo scenario. Le stamperie, gestite da privati, erano in grado di produrre tirature elevate in pochissimo tempo e a costi notevolmente inferiori rispetto al passato.

Per tutto il XVI, XVII e XVIII secolo l’attenzione della Chiesa si rivolse principalmente alle opere di carattere religioso e dottrinale precisando i principi della censura preventiva con ulteriori regole allegate agli indici dei libri proibiti. Solo i testi riportanti il fondamentale “imprimatur”, l’autorizzazione ecclesiastica alla stampa, potevano circolare ed essere letti liberamente. 

Ignoto meridionale, Annibale de Leo, olio su tela, XVIII secolo. Provenienza: Basilica Cattedrale, Brindisi.

Proprio alla fine del XVIII secolo mons. De Leo, uomo di profonda cultura, fondava la biblioteca arcivescovile di Brindisi donando tutti i volumi conservati nella sua libreria permettendo così  alla biblioteca da lui fondata di conservare e tutelare per secoli opere ascritte all’Indice.

Il primo nucleo di libri che compose la biblioteca arcivescovile “A. De Leo” fu acquistato da mons. De Leo proprio dalla collezione del cardinale Renato Imperiali (1651-1737), la cui biblioteca  fu famosa in tutta l’Europa come una delle poche e più ricche che un privato avesse mai potuto formare.  Giusto Fontanini, che ne fu il bibliotecario, ne fece un catalogo apparso nel 1711 . Essa comprendeva circa 30.000 volumi di cui circa 2.000 tra incunaboli e cinquecentine e fu destinata per disposizioni testamentarie dello stesso cardinale al castello degli Imperiali di Francavilla Fontana per essere messa a disposizione dei letterati e del pubblico.

L’arcivescovo De Leo fu uno dei pochi a comprendere il valore di quella biblioteca a tal punto da acquistare quasi 300 volumi che andarono ad arricchire, come si è detto, la sua raccolta privata. Il De Leo eletto amministratore apostolico nel 1812 per la diocesi di Oria, ebbe sicuramente occasione di prendere visione della biblioteca del cardinale Imperiali collocata nelle sale del castello di Francavilla e valutata la difficile situazione, acquistò in blocco i volumi che così si salvarono dalla dispersione. I testi acquistati da mons. De Leo avevano tutti una caratteristica peculiare: erano per la maggior parte rilegati in pergamena bianca e quasi sempre muniti di segni particolari quali le nervature e le incisioni in oro sul dorso, segno del valore estetico della collezione originale.

Un segno degli influssi e della mutata atmosfera culturale e del nuovo indirizzo dell’editoria settecentesca era dato dalla cospicua presenza del genere storico: storie ecclesiastiche, storie sacre, dizionari, ritratti storici di nazioni e di testi sottoposti alla censura ecclesiastica elencati dal Lezzi  come “Indice de’ Libri Proibiti, che si conservano nella Pubblica Libreria di Brindisi fondata dall’Ill.mo e Rev.mo Monsignore D. Annibale De Leo Arcivescovo della Detta Città”.

L‘elenco è rapido, ma preciso e riporta il titolo, l’autore, l’editore ed infine luogo e anno di edizione. Non tutti i testi però sono a tutt’oggi presenti nella biblioteca De Leo, mancano infatti il Mysterium Iniquitatis di Philippe Mornay (1549-1623), diplomatico, teologo protestante, il Discorso istorico-politico dell’origine del progresso e della decadenza del potere de’ chierici su le signorie temporali di Giuseppe Capecelatro (1744-1836) e l’Esame degli Ingegni di Juan Huarte (1530-1592).

Un terzo di quelli presenti fa a tutt’oggi parte del fondo Imperiali ed i restanti sedici sono inventariati come appartenenti alla biblioteca.

Nel primo gruppo si trovano: l’Institutionum Christianae religionis libri quatuor di Johannis Calvini (sec. XVI-XVII)

l’Augustinus (vol. I e III) al quale Cornelis Jansen (1585-1638) aveva lavorato per ventidue anni e posto all’Indice dall’Inquisizione e dalla Congregazione dell’Indice il 10 agosto 1641 perché polemico e conduceva al parossismo un personale giudizio.

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Ancora della collezione Imperiali fa parte la Bibliotheca Fratrum Polonorum  che contiene quattro monografie: Commentaria posthuma di Jonas Slichting (1592-1661) , l’Opera omnia del sociniano Johann Crell (1590-1633) , l’Opera omnia di Johann Wolzogen (1632-1690) ed infine l’Opera omnia di Fausto Sozzini (1539-1604)

Ci sono inoltre  cinque opere (fig.4) di Rudolf Hospinianus (1547-1626)

Nel fondo appartenente alla biblioteca sono invece comprese le opere sine autore: Atti e i decreti del Concilio diocesano di Pistoia del 1786 sul sinodo convocato dal vescovo Scipione de’ Ricci per attuare un rinnovamento dottrinale e disciplinare della chiesa toscana; l’Apologia contro la censura fatta da 14 vescovi della Toscana ad alcuni libri pubblicati in Pistoia e gli Acta et decreta Synodi provinciae Ultrajectensis, in sacello ecclesiae parochilis Sanctae Gertrudis, Ultrajecti, celebratae. Die 13. septembris 1763 .

Contemporanee del De Leo sono le opere De statu Ecclesiae di Johann Nikolaus Von Hontheim (1701-1790) e i tre libri di Antonio Pereira de Figueiredo (1725-1797) che sosteneva la giurisdizione dei vescovi superiore a quella dei papi e che in alcune questioni attribuiva ai sovrani il potere di nominare i prelati . Ancora del fondo della biblioteca fanno parte il Tractatus teologico-politicus di Benedetto Spinoza (1632-1677) in cui il diritto naturale era identificato con la stessa regola del vivere, determinata dalla Natura, le cui inclinazioni costituivano un diritto sovrano; l’Opera omnia theologica di Ugo Grozio (1583-1645) che finì all’Indice per le dottrine protestanti ed i commenti sull’Anticristo professati all’interno del testo;

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l’Opera teologica di Simone Episcopo (1583-1643) che cadde nel pelagianesimo

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l’Inclementia clementis di Johann Frick (1670-1739) proscritto perché antipapale e razionalista riguardo alla potenza del papato; e l’ormai nota opera di Paolo Sarpi (1552-1623) Historia del Concilio tridentino scritta con lo pseudonimo di Pietro Soave e pubblicata ad insaputa dell’autore che spogliava il concilio di ogni ispirazione superiore riducendo ogni azione ad una mera mossa politica. Le stesse discussioni tenute al Concilio erano riportate con una certa superficialità e l’atteggiamento caustico e sarcastico del Sarpi si muoveva sempre all’interno del libro soprattutto quando i pontefici venivano descritti gelosi e fin troppo attaccati alla superficialità delle cose terrene.

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Ed infine  concludiamo con l’eclatante caso della “Encyclopédie” che, pubblicata a partire dal 1750, non senza difficoltà, veniva attaccata da gesuiti e giansenisti nel 1752 e salvata da Malesherbes, direttore della “librairie” di Parigi. Nel 1759 gli avversatori ci riprovavano e questa volta interveniva il Parlamento, che accusava Diderot e gli altri autori di attacco alla religione e all’autorità. Intenzionato a bloccare le vendite dell’opera, il Parlamento revocava il privilegio reale e metteva il testo all’indice, ma era ancora una volta Malesherbes, incaricato dal Parlamento di liquidare l’impresa, a salvare la situazione. Questi i due volumi conservati in Biblioteca

 

Katiuscia Di Rocco – “Indice de’ Libri Proibiti che si conservano nella Pubblica Libreria di Brindisi fondata dall’Ill.mo e Rev.mo Mons. D. Annibale De Leo…”

 

 

             

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