Cripta di S. Michele Arc. – Ceglie M.ca (Br)

Nelle campagne cegliesi tra il XVIII e il XIX secolo si contavano vari edifici sacri di diversa natura e dimensioni.

La chiesa rurale del Mezzogiorno, soprattutto quella di masseria, si configura come un luogo di culto privato più che comunitario, perché legata a un patronus. Una chiesa di masseria, comunque, oltre a soddisfare le esigenze devozionali della famiglia del proprietario, veniva eretta, sempre con autorizzazione dell’ordinario diocesano, per permettere agli abitanti dell’azienda e ai lavoranti stagionali, ingaggiati per la mietitura e/o per la raccolta delle olive, di assolvere il precetto della messa festiva o di altre celebrazioni liturgiche.

A partire dalla seconda metà del XIX secolo molte chiese di masseria o di contrada caddero in stato d’abbandono e, quindi, furono sconsacrate a causa della scarsa o mancata manutenzione loro assicurata dai padroni, laici o ecclesiastici, sicché spesso tali luoghi di culto vennero destinati a usi promiscui.

La manutenzione di alcuni degli edifici sacri, per lo più nell’abitato o in zone prossime a esso, era affidata a laici che vivevano more ecclesiastico, detti eremiti o romiti, ai quali veniva imposto un severo codice comportamentale ma non sempre il loro impegno si rivelò efficace o commendevole, almeno sotto l’aspetto spirituale.

Questo complesso stato di cose ha fatto sì che nella memoria collettiva si sia progressivamente perduto persino il ricordo dell’esistenza dei luoghi di culto rurali, soprattutto delle cripte rupestri dell’agro cegliese, tra le quali s’impongono quelle di San Michele e della Madonna della Grotta (per saperne di più clicca QUI), quest’ultima esistente al di sotto dell’omonima cappella sub divo.

La trecentesca Chiesa di Santa Maria della Grotta, eretta su un ipogeo cultuale

Si ritiene, convenzionalmente, una vera e propria chiesa rupestre un’aula scavata e/o adattata nella roccia, spesso affrescata e, a volte, dotata di navate generalmente terminanti in absidi.

Nel caso della Cripta di San Michele non è ipotizzabile che l’enorme caverna naturale, ora così denominata, sia stata direttamente adattata a luogo di culto, in quanto il rinvenimento di più antichi reperti testimonia una remota frequentazione del sito come rifugio stanziale o temporale.

La grotta e la presunta cappella, poi trasformata in casino, edificato in prossimità della cavità, prendono nome, dunque, da un medievale affresco, presente nella cripta, raffigurante San Michele Arcangelo.

La Cripta di San Michele e l’adiacente casino sono facilmente raggiungibili dalla strada provinciale n. 26, che porta a FrancaviIla Fontana, a circa 3 chilometri dall’abitato di Ceglie Messapica.

L’ingresso della cavità è recintato da un muretto a secco, superato il quale, un breve tratto scosceso immette alla testa di un’ampia scalinata in cemento, costruita, secondo fonti orali locali, negli anni Sessanta del secolo scorso.

La scalinata discende per circa 5 metri nell’enorme caverna, caratterizzata dalla presenza di formazioni stalagmitiche e stalattitiche di notevoli dimensioni. In prossimità dell’ingresso, a destra entrando, è scavata nella roccia e sorretta da un muretto a secco una grande vasca, pressoché circolare, del diametro di circa 3 metri e profonda circa 1 metro.

È singolare il posizionamento di questo manufatto, visto che analoghe strutture, presenti in molte chiese rupestri pugliesi, sono sempre collocate a sinistra, subito dopo l’accesso al luogo di culto. È possibile che questa vasca rientri in un sistema ideato per la conservazione e per la canalizzazione delle acque piovane, tanto che vi si raccoglie ancora lo stillicidio; è da escludere, però, che si tratti di un’antica vasca battesimale, visto che il battesimo veniva officiato in luoghi specifici.

Dall’accesso alla fine della scalinata, la grotta si apre in forma conico-detritica, fino a raggiungere un rudimentale altare in pietra calcarea a forma di parallelepipedo (altezza cm 99; lunghezza cm 203; larghezza cm 97); due brevi scalini, pure modellati nella roccia, dal piano di calpestio permettono d’accedere all’altare, addossato alla parete rocciosa, in parte intonacata, sulla quale residuano due degli affreschi che decorano la cavità. La grotta si dilata, poi, verso destra, dove il susseguirsi di colonne stalattitiche determina un altro salone naturale che si rastrema progressivamente in un cunicolo sempre più stretto e basso, percorribile con adeguata attrezzatura speleologica per alcune decine di metri.

Alla fine degli anni Settanta del XIX secolo la cripta fu visitata da Cosimo De Giorgi ( 1842- 1922), che descrive … una grotta sotterranea profonda da tre a quattro metri sotto il piano del fondo. È tutta scavata nel calcare compatto bianco e la volta è sorretta da sei pilastri, sui quali le stalattiti hanno formato dei grossi cordoni, come nelle colonne polistile del Medioevo. Anche la volta è coperta di stalattiti e tinta in rosso dal ferro contenuto nella roccia e in verde dai licheni. Di contro all’apertura dalla quale si scende, e che illumina la grotta, si vede un altare, e dietro questo sulla parete son dipinte a fresco delle figure sacre di stile bizantino, divise in quattro scompartimenti verticali. …La grotta è in gran parte naturale (e tante se ne incontrano su queste colline!) ma fu ingrandita nel ridurla ad uso sacro, probabilmente dai Basiliani.”

La lunga scalinata d’accesso alla cripta di S. Michele

Gli affreschi della Cripta di San Michele

Accostarsi a questi dipinti, malgrado il loro deplorevole stato d’abbandono, è come raggiungere la meta di un emozionante viaggio ideale per assistere a un rito sacro, che si perpetua in una dimensione atemporale.

Le forti emozioni suscitate si trasformano subito, però, nell’impellente desiderio d’agire con urgenza per mantenere vivo il ricordo di una cultura che ci appartiene, proteggendo e salvaguardando splendide immagini sacre, spesso condannate all’oblio dalla dominante incuria, come quelle della Cripta di San Michele a Ceglie Messapica.

Questi stessi sentimenti deve aver provato centotrent’anni fa Cosimo De Giorgi nel descrivere le sacre immagini proposte nella cripta cegliese: “Sono quasi tutte sciupate dall’umidità, eccetto la figura mediana nella quale è rappresentato Nostro Signore e la Vergine. Quando io le vidi nell’agosto del 1879 mi parvero del tutto simili a quella delle due cripte di San Biagio e di San Giovanni nel territorio brindisino. Le raccomando all’attenzione di coloro che studiano le pitture greche dell‘Italia meridionale.”

Discesa l’ampia scalinata in cemento, che permette di superare il dislivello tra l’ingresso e l’area sacra della cripta, emergono dal buio, infatti, sulla parete rocciosa, dietro l’altare, le immagini del Cristo Pantocratore, affiancato a destra dall’Arcangelo Michele che trafigge il drago e dalla Madonna orante.

Il Cristo Pantocratore (cm 116×50) e l’Arcangelo Michele (cm 116×50) sono stati dipinti su un unico strato d’intonaco, non perfettamente livellato ma ben legato all’irregolare parete della grotta.

La Madonna orante è composta in un riquadro con cornice rossa (cm 113×53) su un intonaco più rozzo e slegato da quello precedente, da cui dista 130 centimetri circa. (..)

L’altare lapideo con affreschi, sul fondo della cripta di San Michele Arcangelo

L’immagine del Cristo Pantocratore a mezzo busto e benedicente, raffigurato in una rozza cornice lobata nella parte superiore, è quella meglio conservata; presenta cromie vivide e ben sfumate, poco deteriorate dall’umidità naturale della grotta.

Il motivo è, forse, da ricercare nel fatto che il sole, sorgendo, illumina l’entrata della grotta e parte dell’interno, sicché per alcune ore del giorno parte di quest’affresco è interessato da un periodico soleggiamento, che limita in parte gli effetti delle persistenti infiltrazioni d’acqua.

Il volto del Cristo, dai delicati lineamenti e dallo sguardo fisso, è circondato da lunghi e lisci capelli castani, che, attraversati da larghe pennellate nere, si movimentano all’altezza delle gote e scendono sul collo; la corta barba e i baffi sono, pure, castani, come i grandi occhi, mentre lo sopracciglia sono arcuate da una linea nera; il naso è lungo e sottile; la bocca è piccola con il labbro inferiore carnoso; il mento è tondo.

La testa è circondata da un’aureola ocra con croce e profilo esterno in nero; ai lati della testa, nella parte bassa dell’aureola, si rileva la scritta esegetica ((interpretativa ndr) in greco con caratteri maiuscoli I(HOY]C e X(PICTO)C; il sigma lunato (C) di quest’ultima parola è scomparso a seguito della caduta dell’intonachino. Il Pantocratore indossa un manto rosso, posto sulle spalle, che lo avvolge e copre la grigia tunica manicata; porta la mano destra dinanzi al petto in atto benedicente alla greca, mentre nella sinistra stringe il rotolo chiuso.

La parte inferiore del dipinto è andata perduta a causa dell’umidità, che si concentra sulle pareti, distruggendo progressivamente la pellicola pittorica di questo o degli altri due affreschi. Un Pantocratore di analoga fattura è nella Chiesa di Mater Domini a Massafra.

Il Cristo Pantocratore nella cripta di San Michele Arcangelo
Part.

La porzione della parete grottale su cui è affrescata l’immagine dell’Arcangelo Michele è particolarmente umida, il che ha provocato la perdita quasi totale del dipinto.

È possibile, malgrado ciò, riconoscere ancora l’iconografia convenzionale dell’archistratega delle milizie celesti che sconfigge il Maligno: il santo guerriero, dalla testa nimbata, ha il braccio sinistro alzato e impugna la lancia; un fermaglio chiude un mantello rosso, che copre una corta tunica chiara ricadente a pieghe parallele; della parte inferiore dell’affresco sono ancora evidenti le sagome delle gambe, dalle ginocchia in giù.

L’immagine dell’Arcangelo Michele è frequentemente proposta nella decorazione pittorica delle cripte rupestri, in quanto per l’uomo del Medioevo ogni segno naturale era premonizione della fine del mondo, allorché le armate celesti, una sorta di cavalleria divina, sarebbero intervenute per punire i reprobi e gli infedeli al momento del giudizio universale; il devoto, pertanto, s’affidava all’intercessione dell’Arcangelo Michele per placare la giusta collera divina.

San Michele, secondo le Sacre Scritture, compare, infatti, dinanzi al trono celeste come un siniscalco (alto funzionario ndr) e ordina il placito: il tribunale di Dio, quindi, pronuncia le sue sentenze al pari di quello dei signori della terra.

L’Arcangelo Michele affrescato nella cripta omonima
Part.

 

La Madonna orante è raffigurata frontalmente con le braccia alzate in atto di preghiera, secondo lo schema iconografico, molto diffuso nel mondo bizantino, della Blachergnotissa, ossia colei che, pregando, intercede presso Dio.

È considerata da Rosario Jurlaro il più antico reperto di questo genere nel Salento; lo studioso, quindi, ne propone la datazione all’VIII secolo.

Suppongo che lo stile dell’esecutore di quest’immagine sia diverso da quello di chi ha realizzato gli altri dipinti della cripta, già descritti, come s’evince dalla diversità dei lineamenti del volto della Vergine, più arcaici e meno morbidi, nonché dalle dimensioni del corpo, sproporzionato rispetto alla testa e molto rigido.

La Vergine è dipinta in un riquadro a fondo azzurro, limitato da una cornice rossa; alza le mani, appena accennate, con le palme rivolte in fuori. La testa, più grande del corpo, è in precarie condizioni, il che non consente un’indagine attenta.

Il volto è caratterizzato da linee marcate; in particolare le sopracciglia e i grandi occhi sono pesantemente ombreggiati; il naso è allungato; le ombre sono scure e dure, in assenza di lumeggiature; sulle guance compare un forte colorito rosso.

La Vergine indossa un maphorion rosso, caratterizzato da spesse pennellate per evidenziare le pieghe, decorato con mezzelune rivolte verso l’alto; il nimbo è ocra e al suo interno non è riscontrabile alcuna iscrizione esegetica. È tuttora visibile lo strato di gesso preparatorio per la resa dell’affresco e compaiono sulla sagoma grosse scalfitture bianche, ben evidenti.

Nel 1939 Alba Medea (1906-2008) inserisce nella sua monumentale opera gli affreschi della Cripta di San Michele, descrivendoli dettagliatamente ed evidenziando l’immagine del titolare: “La figura dell’Arcangelo è ben visibile, soprattutto nella parte alta, porta un mantello rosso (è appena visibile qualche traccia della veste ricamata) raccolto e fissato sul davanti da un grosso fermaglio; a destra si notano tracce dell’ala giallastra con le singole penne indicate da tratti neri; il volto, lievemente inclinato, è rappresentato di tre quarti e incorniciato da riccioli fluenti, fra i quali passa un nastro le cui estremità ondeggiano ai lati  ed è di una dolcezza di espressione quasi femminea; delicato il modellato in toni ocra, i grandi occhi sono sormontati da sopracciglia nere. Si indovinano tracce di nimbo e della mano che regge un disco (o globo) ancora ben visibile ove si notano residui di lettere, ed una croce.”

La Madonna orante nella cripta di San Michele Arcangelo
Part.

Le iscrizioni della Cripta di San Michele

Una più accurata osservazione degli affreschi e delle pareti della Cripta di San Michele mi ha permesso d’accertare la presenza d’iscrizioni esegetiche, purtroppo frammiste a graffiti incisi di recente da estemporanei visitatori, ragion per cui non sempre è agevole isolare le testimonianze dei devoti d’età medievale.

I graffiti più interessanti e più attinenti a questa ricerca sono riportati in forma grafica abbreviata d’ideogrammi e di crittogrammi. (..) Frequenti sono, anche, nella Cripta di San Michele le croci graffite, testimonianza di devoti in transito in varie epoche: I pellegrini hanno sempre lasciato nei diversi luoghi di culto una traccia del loro passaggio e della loro presenza. …

Si evidenzia nelle scritte un’interessante commistione di cultura greca e latina, pertanto si può congetturare che, probabilmente, esse siano state realizzate in epoche diverse.

La presunta Cappella rurale sub divo di San Michele Arcangelo

Al tempo della visita del De Giorgi, ma anche in seguito, le fonti orali locali riferivano dell’esistenza di una cappella sub divo, dedicata all’archistratega delle milizie celesti (..). Quivi nel Medioevo esisteva una cappella la dove oggi è la casina. A breve distanza da questa si trova l’omonima grotta cultuale.

Sulla presunta cappella sub divo, dunque, non si hanno notizie storiche certe, anche se potrebbe realmente trattarsi del casino costruito nelle adiacenze della grotta cultuale ma radicalmente trasformato nel corso del tempo, al punto da rendere affatto irriconoscibile la primitiva struttura.

Nel 1995 il casino presentava ancora un impianto architettonico molto sobrio: solide murature imbiancate; un probabile rosone, trasformato in finestra polilobata, al di sopra dell’essenziale portale d’accesso; una semplice finestra; una slanciata canna fumaria; coperture piane.

A questo corpo principale è, tuttora, addossato un terraneo locale più basso con un ampio accesso ad arco a sesto ribassato molto rudimentale, il che fa pensare a una costruzione più tarda, il cui interno presenta un pavimento costituito da irregolari lastre calcaree (chianche).

All’interno del caseggiato, oggi di proprietà di una famiglia inglese, vi è una cisterna (pozzo), sulla cui rustica vera è infissa una pompa in ferro di fattura tipicamente ottocentesca.

I contadini della contrada ancor oggi affermano che in questo luogo vivevano i monaci ripudiati, probabile riferimento metastorico all’esistenza di una non documentata presenza di Basiliani, diffusa dalla letteratura, scientifica e divulgativa, otto-novecentesca.

La casina ritenuta l’adattamento della Cappella “sub divo” di San Michele Arcangelo, prossima all’omonima grotta cultuale

Video prodotto dall’amico Andrea Ecclesie che ringraziamo per la cortesia usataci

 

Il presente articolo è un abstract di: Civiltà rupestre – La cripta di San Michele in agro di Ceglie Messapica di Olga Sarcinella. Articolo contenuto nel file http://www.umanesimodellapietra.it/UmanesimoManager//File/pubblicazioni/000017/allegati//riflessioni_2009.pdf

 

Ringraziamenti:
All’amico Mario Carlucci
Alla nostra guida di Ceglie, Michele Miccoli

Alla simpatica coppia di inglesi che ci ha consentito di visitare i luoghi descritti nell’articolo

9 commenti

  1. […] Brundarte ci presenta la Cripta di San Michele a pochi metri dall’abitato di Ceglie Messapica. Questo gioiello avrebbe dovuto essere della comunità. All’epoca sul Diavoletto feci una battaglia solitaria ovviamente, ne uscii sconfitto. Un grazie a Francesco Guadalupi. Clicca qui per leggere l’intero articolo. […]

    1. Ovviamente sono d’accordo! Le battaglie culturali sono le più difficili ma sono anche quelle che regalano le più grandi soddisfazioni.

  2. Una struttura architettonica così bella e così ricca di suggestivi affreschi dovrebbe essere restaurata e fruita dall’utenza come bene culturale e artistico.

    1. Perfettamente d’accordo. Per fortuna i proprietari, così come ho detto nell’articolo, sono due signori inglesi molto gentili e sempre disponibili a far visitare la grotta. Un buon tramite può essere la nostra guida Michele Miccoli, a cui ci si può rivolgere anche tramite facebook.

  3. […] saperne di più cliccate qui e qui. Studiosi rigorosamente NON LOCALI ci raccontano e rivelano uno dei tantissimi tesori […]

  4. Salve, come posso far visita alla cripta per fotografare? Grazie.

    1. La cripta è nella proprietà privata di due amici inglesi che ci vivono; gentilmente, su richiesta di un comune amico, ci concessero di poterla fotografare.
      Buona giornata.
      Francesco Guadalupi

      1. La casina adiacente la grotta era adibita a scuola elementare fino alla fine degli anni 50 ..io ho frequentato i primi anni di scuola…e si diceva che….

        1. Grazie

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