Il terribilissimo tremoto del 20 febbraro 1743 a Brindisi

Il sisma che in questi giorni ha colpito il Centro Italia, ci riporta al 20 febbraio del 1743 quando un violento terremoto con epicentro nel Canale d’Otranto, devastò Brindisi e tutta la costa salentina con una intensità riconducibile ad una magnitudo compresa tra 6 e 7 gradi della scala Richter.

Alcuni studiosi suppongono che le scosse generarono un forte tsunami che si abbatté su entrambe le sponde del canale d’Otranto. I danni registrati nei centri abitati e la perdita di vite umane sono documentate dai racconti folkloristici e dagli atti notarili, sebbene l’unica testimonianza storica certa relativa al maremoto la si trovi solo negli archivi storici di Brindisi, in cui si segnalava un repentino e sensibile abbassamento del livello del mare nel porto della c

Mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto – part. dell’Arca

Riportiamo la ricostruzione di  quei momenti terribili attraverso la dettagliata descrizione fattane da Cagnes e Scalese nella Cronaca dei Sindaci di Brindisi (1529-1787).

“A dì 20 febbraro 1743, giorno di mercoledì, all’ore ventitré e tre quarti fu  in questa città un terribilissimo tremoto, che in tre repliche durò minuti due, e fu così orribilissimo che rovinò tutte l’abitazioni, palazzi, molti caduti, e molti non atti ad esser abitati, ma tutte le case generalmente danneggiate, e risentite molto. Il domo non più atto a farsino i sacrifici e le funzioni divine, tanto che noi capitolari officiamo a Santa Chiara, per poi determinare dove dobbiamo rimeterci; li Riformati, patito il lor dormitorio, dormono in cucina, e refettorio; i Cappuccini cadé la campana, e fece danno a tre loro celle; cascò pure la campana delli Agostiniani; le chiese delle monache patite, ma di ambi i monasterj i dormitori danneggiati, e così nessuna chiesa, o casa rimasta illesa. Un frate zoccolante, paesano, figlio di Giovanni Caravaglio, morì dopo ore per esserli cascato un muro sopra, di una casella, avanti il palazzo di Pascale Blasi alla marina; il novo seminario precipitato dalla facciata, e così pure tre camere del palazzo di monsignor arcivescovo Madalena. È morta pure avanti la Conserva una figliola di tre anni coricata in letto dormendo, che le cascò la casa sopra; e finalmente, è stato così spaventoso, che ritirandosi il mare, faceansi vedere aperture della terra, et il molo di porta Reale diviso in tre parti; noi col clero capitolare il dì seguente andassimo ad officiare a Santa Chiara, et il dì 25 poi siamo andati alla chiesa delle monache degli Angioli, dove stiamo continuando tutti i preti senza eddomada, e colla pontatura.
A 26 detto venne qui il signor Mauro Manieri di Lecce, ingegnere, e mastro Pascale… di Martano, muratore, li quali consigliorno a monsignore Madalena che se ne calasse dal suo palazzo, atteso il pericolo che minaccia/va lo smantellare la chiesa cattedrale, come infatti, il dì 28 se ne calò, e andò a dormire in casa del cantore d. Lazaro Bonavoglia, et si è incominciata a smantellar la chiesa cattedrale; a primo marzo si finì di demolire la prima nave, o sia lamia di mezzo del domo, e la sera si ritirò monsignore arcivescovo in sua casa.
Oggi, 3 marzo, si è fatta, dal capitolo con molti regolari, processione di penitenza, partendosi il capitolo dagli Angioli dove officiava, e andò al Santissimo Crocefisso di San Domenico. Per strada si cantarono le litanie di tutti i santi, e nel S. Cristo < dei Domenicani > le litanie; e questa mattina, 4 detto, si è fatta processione a San Paolo per la santissima Concezione al di cui altare si è cantata la messa. Questa mattina, 5 marzo, si è cantata dal capitolo la messa a san Giuseppe in San Benedetto, andando in processione per ringraziamento al Signore per liberazione della morte pel flagello del terremoto.” (P. Cagnes e N. Scalese – Cronaca dei Sindaci di Brindisi 1529-1787. Ed. Amici della De Leo – Biblioteca Del Rotary Club di Brindisi)

La Cattedrale di Brindisi andò quasi completamente distrutta ed è questa l’occasione per riportare le importanti ipotesi di Nicola Vacca nel suo libro “Brindisi ignorata”, circa il mosaico che probabilmente rivestiva il pavimento e il suo probabile autore, il monaco Pantaleone, autore anche del mosaico della Cattedrale di Otranto.

“Quasi nulla nel rifacimento rimase della vecchia cattedrale. E’ evidente soltanto in parte l’abside della navata di sinistra, sulla via per andare alle Colonne, ed un’elegante bifora della canonica cattedrale (attuale Curia vescovile) (..) nonchè quattro bellissimi capitelli.

BIFORA DI S. MARIA DEL ROMITORIO

Bifora del romitorio dei Vescovi – per saperne di più clicca QUI

Credo sia più interessante e costruttivo raccogliere l’eco di ciò che nel disgraziato rifacimento fu distrutto e, allo scopo di preservare dalla dispersione quel poco che sia pure di seconda mano ci è pervenuto, sarà utile fermare qui quel che del pavimento a musaico fu rilevato dai disegnatori prima della sua completa distruzione (o della copertura con l’attuale ?) avvenuta intorno alla metà del secolo scorso, vescovo mons. Ferrigno (1856-1875).

Il Moricino ci fa sapere che l’arcivescovo Guglielmo abbellì e ornò il pavimento del suo Duomo, com’oggi si vede, d’opera vermiculata, facendoci dipingere con quel mischio l’albore della discendenza di Adamo di varie e vaghe figure, con l’intreccio di curioso fogliame; leggesi nel tronco dell’albore il nome dell’arcivescovo e il tempo nel quale fu fatta quest’opera che fu l’anno della nostra salute mille cento settantotto.

MUSAICO DELLA CATTEDRALE (dallo Schulz)

Ed il Guerrieri aggiunge che il pavimento era fatto di pietruzze colorate e ben connesse e con tante figure dell’antico testamento e fra gli altri Noè che costruisce l’Arca, ecc., ma tale pavimento però fu distrutto dalla rovina della cattedrale pel terremoto del 1743… ed attualmente se ne vedono solamente alcuni avanzi, o per meglio dire, frantumi nella navata di mezzo che si sono rispettati finora in grazia dell’antichità.

MUSAICO DELLA CATTEDRALE. La rotta di Roncisvalle

Sotto un tavolato, dietro l’altare maggiore, infatti, si vede tuttavia qualche frammento (,,.)

Alcuni resti ancora visibili dell’antico pavimento musivo della Cattedrale


Lo Schulz nel 1834 notò all’entrata della chiesa gli elefanti, la storia di Adamo ed Eva con altri episodi come la costruzione dell’Arca e Noè che pianta la vigna con i figli Cam e Sem. (..)
La serie dei disegni rilevati da A. L. Millin nel 1812, che qui si pubblicano per la prima volta, presentano contorni più morbidi ed eleganti e soprattutto ci permettono di avvalorare la geniale intuizione di C. A. Garufi il quale afferma che il pavimento di Brindisi fu opera del presbitero Pantaleone, l’autore del musaico di Otranto.

Senza conoscere i disegni rilevati dal Millin, il Garufi aveva notato che nel pavimento di Otranto Pantaleone, pur rappresentando soggetti e motivi già noti, desse ad essi un’impronta tutta sua. Come nella tradizione biblica e nelle rappresentazioni di tutti gli artisti medievali, l’Arca di Noè è stata sempre concepita come una nave che galleggia sulle acque del diluvio. Pantaleone invece, nel quarto riquadro a destra della navata centrale del musaico di Otranto, la raffigura come un grande scrigno o una grande cassa, dalla quale emergono figure umane e bestiarie. Quasi la stessa raffigurazione ci è data dal musaico brindisino, com’è evidente nel disegno rilevato dal Millin. Qui la raffigurazione è più semplice e schematica: Noè non appare nell’arca; solo due animali emergono dallo scrigno ma come in quello di Otranto anche qui vi sono disegnate tre figure umane (certo i figli di Noè) nel mezzo, in tre invece che in due scomparti.

MUSAICO DELLA CATTEDRALE DI OTRANTO – L’ARCA DI NOE (da un disegno di M. Buonavita)

 

MUSAICO DELLA CATTEDRALE DI BRINDISI – L’ARCA DI NOE’ (da un disegno del Millin della Biblioteca Naz. di Parigi)


Queste coincidenze generali e particolari di simboli, di motivi, di contorni, di fattura, di date (il musaico brindisino è di appena 12 anni posteriore all’otrantino) concorrono tutte ad avvalorare agevolmente l’attribuzione delle due opere musive ad un unico autore: il presbitero Pantaleone da Otranto.”

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