Museo del Louvre di Parigi – Pittura italiana

I PRIMITIVI ITALIANI – Il Louvre nasce come museo nel 1791, quando un decreto della Convenzione fa del vecchio palazzo reale la sede del “Museo centrale delle arti della repubblica”; all’inizio il suo patrimonio è costituito dalle opere della ex collezione della Corona, dai beni confiscati e incamerati dall’aristocrazia parigina e provinciale e dai fondi ecclesiastici.

E’ la stessa Convenzione che individua nella Francia la sola nazione degna di conservare le testimonianze artistiche degli stati conquistati, quella dove la “luce della democrazia” può meglio far risaltare la bellezza dell’arte, “mortificata e soffocata” dai regimi assolutistici, che le armate rivoluzionarie abbattono in tutta Europa. E’ così per esempio che dai Paesi Bassi giungono in Francia più di 200 dipinti di scuola fiamminga, tra cui capolavori di Rembrandt, Rubens, Van Dyck, subito sistemati al Louvre.

Ma è con la campagna d’Italia, a partire dal 1796, che i francesi mettono a segno il gran colpo di saccheggiare quello che era considerato il paese della Bellezza per antonomasia, prendendo di mira in particolare i dipinti rinascimentali dei grandi maestri e la statuaria greco-romana. Con le vittorie in Italia di Napoleone molte sono le città italiane saccheggiate, seguendo le indicazioni di una commissione di ‘esperti’ incaricata di reperire e valutare le opere più appetibili: tra il 1796 e il 1797 Milano, Parma, Modena, Bologna, le città dell’Italia centrale (Ravenna, Rimini, Perugia), quindi Roma e Venezia. Nel 1798 è la volta di Torino, nel 1799 di Napoli, nel 1801 di Firenze.

I preziosissimi bottini di guerra spesso rubati alle chiese che vengono trasformate in accampamenti per i militari, prendono la via di Parigi, dove vengono utilizzati per adornare le sale del Louvre, per cui Napoleone nomina come direttore Dominique Vivant Denon, per 20 anni suo ‘consigliere culturale’, uno dei pochi esperti d’arte in grado di apprezzare la pittura italiana dal Duecento al Quattrocento e particolarmente interessato alla “primitiva scuola italiana”, alle opere cioè di pittori anteriori a Leonardo da Vinci e Raffaello. Denon si recò di persona in Italia per scegliere tutta una serie di pale fiorentine  del XV secolo ….

Al momento delle restituzioni, nel 1815, con il tramonto della stella di Napoleone, i curatori italiani acconsentirono a lasciare al Louvre una parte delle opere di questi “primitivi”, poichè si trattava spesso di bellissime ma purtroppo pesanti tavole di legno.

Sotto la Restaurazione e la Monarchia di Luglio, questa collezione venne completata da alcune acquisizioni isolate – come La Passione di Simone Martini – e successivamente, sotto il Secondo Impero, dall’acquisto da parte di Napoleone III dell’intera collezione di dipinti del marchese Campana, Direttore del Monte di Pietà di Roma, che – accusato di disonestà – venne costretto a vendere gli 11.835 oggetti che possedeva, fra cui numerose antichità e 646 quadri….

DAL TRECENTO AL QUATTROCENTO – Il rinnovamento del linguaggio pittorico introdotto in  Italia in particolare da Giotto sin dalla fine del Duecento non smorza l’entusiasmo per lo stile gotico come testimonia La Passione del senese Simone Martini che annuncia la ricerca di preziosità che si imporrà in tutta l’Europa alla fine del Trecento e che eserciterà una attrazione importante presso la borghesia nata dal commercio.

Sotto l’influsso dell’architetto Brunelleschi, dello scultore Donatello e delle ricerche del pittore Masaccio, Firenze si avvia sin dai primi decenni del Quattrocento, sulla via del Rinascimento, con l’introduzione della prospettiva lineare e con una nuova attenzione alla trasposizione della realtà.

Maestro del 1333, attivo a Bologna nel secondo quarto del XIV sec. Trittico, pannello centrale “La Crocifissione”

Vitale da Bologna, attivo a Bologna dal 1330. L’incoronazione della Vergine (1340-1345 ca)

Siena 1285-1290 ca. La Vergine e il Bambino.

Deodato Orlandi, attivo in Toscana dal 1284 al 1332. La Vergine e il Bambino

Napoli 1340-1350 ca. La Crocifissione. La tavola presenta una somiglianza stilistica stretta con la produzione napoletana del XIV sec.

segnata dal soggiorno di Giotto in questa città tra il 1328 e il 1332.

Ambrogio Lorenzetti attivo a Siena e in Toscana dal 1319. La Vergine e il Bambino; nel medaglione trilobato “Il Calvario” 1330-1335 ca.

Lippo Memmi, attivo in Toscana durante la prima metà del XIV sec. San Pietro, 1330 ca. Pannello lat. di un polittico

che potrebbe provenire da una chiesa francescana di S. Gimignano

Bartolomeo Bulgarini, conosciuto in Toscana dal 1337 al 1378. La Crocifissione, 1350-1351

Ugolino di Nerio, attivo a Siena dal 1317 al 1327. La Vergine e il Bambino, 1315-1320 ca. Pannello centrale

di polittico inquadrato in origine tra due figure di santi a metà busto

Maestro di San Francesco, attivo in Umbria nel terzo quarto del XIII sec. Autore di un pannello raffigurante

San Francesco (Assisi, chiesa di S. Maria degli Angeli). Croce dipinta 1265-1270 ca

Barnaba da Modena. La Vergine e il Bambino 1370-1375 ca

Paolo Veneziano (1300 circa – 1365 circa) è stato un pittore italiano della Repubblica di Venezia.

È stato definito “il più importante pittore veneziano del XIV secolo”e il  precursore della pittura veneta,

che ha inizio nel Trecento. Vergine Maria e Bambino, 1354

Giovanni Francesco da Rimini, Dodici scene della vita della Vergine, 1440-50 ca.

Attribuito a Antonio Vivarini, San Luigi da Tolosa, 1450 ca.

Giovanni Francesco da Rimini, carità di san Nicola di Bari, 1450 ca.

Lorenzo Monaco originario di Siena e attivo a Firenze dal 1390, predella con Banchetto di Erode, Crocifissione e Storie di S. Giacomo, 1387-1388

Lorenzo Monaco (e bottega?), La Vergine di umiltà (1415 ca)

Bartolo di Fredi, attivo a Siena dal 1351. La presentazione al Tempio, 1388

 

LA DIFFUSIONE DI UN’ARTE NUOVA – Fino alla metà del Quattrocento, l’arte che si elabora a Firenze resta soprattutto circoscritta alla Toscana, a Roma e all’Umbria. In seguito si propaga con sorprendente velocità attraverso tutta l’Italia, in ambienti di corte molto diversi dalla repubblica di ricchi mercanti dove era nata. Questa diffusione avvenne tramite le diffusioni delle opere commissionate, ma anche grazie agli spostamenti degli artisti, sollecitati da ogni parte.

Giovanni da Modena, attivo a Bologna tra il 1398 e il 1456. La Vergine e il Bambino, 1420-25 ca.

Antonio di Puccio detto Pisanello, Ritratto di giovane principessa della famiglia d’Este. 1435-1440 ca.

Stefano di Giovanni detto Il Sassetta. San Nicola di Bari, 1430-1435 ca.

Stefano di Giovanni detto Il Sassetta, Madonna col Bambino, angeli e santi (1437-1444). Queste tre tavole eseguite su un fondo oro fanno parte di un polittico double face oggi smembrato, dipinto per la chiesa di San Francesco di Borgo San Sepolcro. I due santi presentati da una parte e dall’altra della Madonna col Bambino sono Giovanni Evangelista e S. Antonio da Padova. Il lusso del dipinto mostra la fedeltà alla tradizione senese del secolo precedente anche se, unanimemente, quest’opera ha costituito una tappa decisiva verso il Rinascimento.

Lorenzo di Credi o Leonardo da Vinci, L’Annunciazione, 1475-1478 ca.

Piero della Francesca, Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1450-1451 ca

In alto: Maestro dell’Osservanza, attivo a Siena nel secondo quarto del XV sec. Sant’Antonio Abate, 1435 ca. In basso: Sano di Pietro, Scene della vita di S. Girolamo. Predella di Pala d’altare firmata e datata 1444, dipinta per il convento dei Gesuiti di San Girolamo da Siena

Niccolò di Liberatore, detto L’ALUNNO. Originario di Foligno in Umbria, nato intorno al 1430 – 1502. Due angeli che trasportano una cartella; Cristo nel Giardino degli Ulivi e la Flagellazione; Gesù che porta la croce; La Crocifissione; Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo sulla via del Calvario.1492

Girolamo di Benvenuto, Siena 1470-1524. Il giudizio di Paride, 1500 ca. Il tema del Giudizio di Paride, tratto da Euripide e Apollodoro, ritorna spesso nella produzione profana di quest’epoca.

Bottega di Luca Signorelli, Gruppo di quindici personaggi, 1490-1500. Frammento di un’importante composizione narrativa

La seconda metà del Quattrocento è l’epoca in cui si sviluppa l’arte del ritratto e il gusto crescente per la rappresentazione di contemporanei coincide con lo sbocciare dell’umanesimo che fa dell’uomo il proprio oggetto di studio, e sfocerà in quel gran movimento intellettuale e artistico designato con il nome di secondo Rinascimento.

Raffaello Santi detto Raffaello, Urbino 1483 – Roma 1520. Angelo che tiene un filatterio (frammento di pergamena), 1501.

Bernardino di Betto detto Pinturicchio, La Vergine e il Bambino tra San Geronimo e San Gregorio

Pietro di Cristoforo Vannucci, detto Perugino, Apollo e Marsia 1495-1500 (?).

Andrea Mantegna 1431-1506, La vergine della Vittoria 1496

Andrea Mantegna 1431-1506, San Sebastiano 1480 ca.

Domenico Ghirlandaio (1445-1494). Ritratto di un vecchio con bambino, 1490

Domenico Ghirlandaio (1445-1494). La visitazione, 1491.

Domenico Ghirlandaio (1445-1494). La Vergine e il Bambino, 1475-1480 ca

Marco d’Antonio di Ruggero, detto Lo Zoppo 1433-78. La Vergine e il Bambino circondati da otto angeli, 1455

Bartolomeo Vivarini 1430-dopo 1491. La Vergine allatta il Bambino 1450-1455 ca.

Antonello da Messina 1457-1479, Gesù Cristo alla colonna 1476-1478

Giovanni Bellini 1459-1516, il Calvario 1465-70 ca.

Giovanni Bellini 1459-1516. Ritratto d’uomo 1490-95 ca.

Bottega di Giovanni Bellini, Vergine e Bambino con Santi e committente 1490 ca.

Bottega di Domenico Ghirlandaio 1449-1494. La Vergine e il Bambino con il giovane San Giovanni Battista e tre Angeli, 1490 ca.

Pietro Vannucci detto il Perugino 1450-1524. La Vergine e il Bambino tra San Giovanni Battista e Santa Caterina d’Alessandria, 1500 ca

Giovanni Bellini 1459-1516. Il Salvatore benedicente

Attribuiti a Giovanni Bellini (?). A sin. Sant’Agostino 1470 (?) – a des. Sant’Antonio abate 1470 (?)

Giovanni Bellini 1459-1516. La Vergine e il Bambino tra San Pietro e San Sebastiano, 1487 ca

Carlo Braccesco pittore d’origine milanese, noto in Liguria tra il 1478 e il 1501. Trittico: Pannello centrale: L’Annunciazione.Pannello laterale sinistro: San Benedetto e un vescovo.Pannello laterale destro: Santi Stefano e Alberto carmelitano, 1490 – 1500 ca.

Ambrogio da Fossano detto il Bergognone: al centro – La presentazione al Tempio; a sinistra – Sant’Agostino e il committente inginocchiato;

a destra – San Pietro martire e la committente inginocchiata, 1494 ca.

Francesco Marmitta, attivo a Parma tra il 1496 e il 1504. La Vergine e il Bambino tra San Benedetto,

San Quintino e due angeli. 1500 – 1505 ca.

Pietro di Cristoforo Vannucci detto il Perugino. Vergine col Bambino tra due sante e due angeli, 1490-92 ca.

Andrea Msntegna 1431 – 1506. Marte e Venere (detto Parnaso) 1497, fa parte di una serie di cinque dipinti, tutti al Louvre, che la marchesa di Mantova, Isabella d’Este (1474-1539), richiese per decorare il suo primo Studiolo ospitato nel Castello di San Giorgio del Palazzo Ducale di Mantova . L’interpretazione tradizionale si basa su un poemetto di Battista Fiera della fine del XV secolo, dove si identificava il quadro come una rappresentazione del Parnaso, culminante nell’allegoria di Isabella come Venere e suo marito Francesco Gonzaga come Marte, sotto il cui regno fioriscono le arti simboleggiate da Apollo e le Muse.

Andrea Mantegna 1431 – 1506. Trionfo della virtù, fa parte di una serie di cinque dipinti, tutti al Louvre, che la marchesa di Mantova, Isabella d’Este (1474-1539), richiese per decorare il suo primo Studiolo ospitato nel Castello di San Giorgio del Palazzo Ducale di Mantova.

Pietro Perugino, La Lotta tra Amore e Castità 1503. Fu originariamente dipinto per lo studiolo di Isabella d’Este nel Castello di San Giorgio a Mantova. Il dipinto fu il terzo ad essere commissionato da Isabella d’Este per il suo studiolo, dopo le due tele di Mantegna, il Parnaso e il Trionfo della Virtù, rispettivamente del 1497 e del 1499-1502.

Lorenzo Costa il Vecchio, Isabella d’Este nel regno di Armonia (o Allegoria dell’incoronazione di Isabella d’Este) 1505-1506. Fu originariamente dipinto per lo studiolo di Isabella d’Este nel Castello di San Giorgio a Mantova. L’opera è firmata in basso a destra (L. COSTA F[ECIT].). Il dipinto fu il quarto ad essere commissionato da Isabella d’Este per il suo studiolo, dopo le due tele di Mantegna (Parnaso e Trionfo della Virtù, rispettivamente del 1497 e del 1499-1502) e la Lotta tra Amore e Castità di Perugino (1503). Il soggetto venne fornito dal poeta e consigliere di Isabella Paride da Ceresara e ne fu incaricato inizialmente il Mantegna, che dovette iniziare il disegno e forse anche la pittura. Con la sua morte nel 1506 l’opera venne affidata a Lorenzo Costa, che comunque ridipinse tutto cancellando gli eventuali segni della mano di Mantegna. La tela venne gradita dalla marchesa e fu un buon biglietto da visita per l’assunzione del maestro come nuovo pittore di corte.

Lorenzo Costa il Vecchio, Il Regno di Como 1511. Fu originariamente dipinto per lo studiolo di Isabella d’Este nel Castello di San Giorgio a Mantova. Il dipinto fu il quinto ad essere commissionato da Isabella d’Este per il suo studiolo. Il soggetto forse venne fornito dal poeta e consigliere di Isabella, Paride da Ceresara, quando il Costa era ormai divenuto pittore di corte a Mantova dopo la morte di Mantegna. Il dipinto venne regalato, con tutti gli altri dello studiolo, da Carlo I Nevers al cardinale Richelieu, venendo trasferito a Parigi. Qui seguì le vicende di molte collezioni artistiche di pregio, finendo nel patrimonio statale e poi al nascente Museo del Louvre.

LEONARDO GENIO UNIVERSALE

La cultura raffinata che regnava in Italia fra il Quattrocento e l’inizio del Cinquecento è riccamente rappresentata al Louvre, ma la raccolta più eccezionale custodita nel museo è la collezione, unica al mondo, dei dipinti di Leonardo da Vinci. Il quadro più celebre e più prezioso è senza dubbio la Gioconda, per il quale il suo reale acquirente, Francesco I, nutriva una tale ammirazione da considerarlo il gioiello del suo “museo di dipinti”.

Pittore, scultore, architetto, ingegnere, musicista, poeta, filosofo, astronomo, anatomista, geologo, botanista, Leonardo sembra volesse possedere tutto lo scibile; precursore in alcuni campi, si rivelò un grande genio intuitivo. Considerava la pittura una forma nuova di filosofia percependola come uno strumento di conoscenza in quanto univa, attraverso la rappresentazione, la speculazione intellettuale e la verifica visiva.

La posterità rese omaggio a questo artista fuori dal comune elevandolo a simbolo stesso del Rinascimento italiano. Il Louvre offre un panorama particolarmente rappresentativo della sua opera pittorica e conserva anche un’importante raccolta di disegni.

Bottega di Leonardo da Vinci, San Giovanni Battista – Bacco. Il Bacco su un precedente san Giovanni Battista è un dipinto a olio su tavola trasportata su tela (177 × 115 cm) attribuito a Leonardo da Vinci e bottega, databile al 1510-1515 e conservato nel Museo del Louvre a Parigi. Il Bacco è un dipinto problematico nel catalogo di Leonardo. L’opera doveva esser nata come San Giovanni Battista nel deserto (col tipico gesto di indicare la croce in quanto precursore di Cristo), ma in un momento imprecisato, alla corte francese, venne trasformato in Bacco, forse assecondando alcune novità leonardesche rispetto all’iconografia tradizionale. Per chiarire il soggetto mitologico nella seconda metà del Seicento vennero aggiunte delle foglie di vite, del tirso e forse la pelle di pantera al posto della pelliccia in pelo di cammello tipica del santo eremita.

Leonardo di ser Piero da Vinci detto Leonardo 1452-1519. San Giovanni Battista. Che porta la croce, simbolo della Passione di Cristo, ma indossando una pelle di pantera, attributo di Bacco, questo S. Giovanni Battista, d’una bellezza pagana rinnova per il suo sincretismo l’iconografia tradizionale toscana del santo patrono fiorentino.La perfezione della sua androginia ideale, l’eloquenza del gesto, la forza del sorriso sono il capolavoro della fine della carriera di Leonardo. Dipinto, probabilmente intorno 1513-1516, nella sua maniera, scuro e morbido, monocromatico e trasparente.

Leonardo di ser Piero da Vinci, detto Leonardo da Vinci 1452-1519. La Vergine delle rocce 1483-1486, fu così chiamata per la prima volta nel catalogo del Museo Reale nel 1830, e rappresenta la Vergine Maria con Gesù che va a trovare san Giovannino orfano rifugiatosi in una grotta sotto la protezione dell’arcangelo Uriel, inginocchiato a destra.

Leonardo di ser Piero da Vinci, detto Leonardo da Vinci 1452-1519. Ritratto di Dama noto anche tradizionalmente come la Belle Ferronnière; il nome fu dovuto alla catenella con gioiello che le cinge la fronte ornamento tipico dell’epoca (spesso usato per nascondere i segni della sifilide) che prese il nome da Madame Ferron, amante di Francesco I di Francia.

Leonardo di ser Piero da Vinci, detto Leonardo da Vinci 1452-1519. Sant’Anna, la Vergine e il Bambino che gioca con un agnello, chiamato anche Sant’Anna, 1503 – 1519. Questa scena simbolica riunisce il Bambino Gesù, sua madre Maria e la nonna Anna, che era morta prima della sua nascita. Leonardo iniziò a meditare sul tema nel 1500 a Firenze, Repubblica in cui questo tema aveva un valore politico. Dopo varie esitazioni sulla composizione, ha avviato questo dipinto intorno al 1503, ma lentamente ne ha proseguito l’esecuzione, non cessando di perfezionare ogni dettaglio attraverso nuovi disegni preparatori, fino a lasciare la sua opera incompiuta alla sua morte nel 1519.

IL RINASCIMENTO MATURO

Se il quattrocento si caratterizza per una molteplicità di centri artistici dominati dal “grande laboratorio” di Firenze, nel secolo successivo questo centro culturale si sposta a Roma mentre contemporaneamente si sviluppa anche quello di Venezia.
Ma nel primo ventennio del Cinquecento Firenze resta la capitale delle arti, con la presenza di Raffaello venuto a studiare Leonardo e Michelangelo accostandosi all’anatomia, alla padronanza della luce, all’espressione del sentimento. Durante il soggiorno Raffaello dipinge molte Madonne, fra cui La Belle Jardiniere, una Madonna piena di dolcezza.

Chiamato a Roma da Giulio II nel 1508, riceve l’incarico di affreschi destinati a decorare le stanze del palazzo del Vaticano, preludio di diversi anni d’intensa attività al servizio dei papi. Oltre a queste imprese per le quali si circonda di assistenti, esegue dipinti di cavalletto, in particolare un San Michele commissionato da Lorenzo de’ medici per farne dono a Francesco I. Questo dipinto fa parte delle collezioni del Louvre, come anche San Michele e San Giorgio, dipinti forse per il duca di Montefeltro.
Raffaello godette di una fama eccezionale per tre secoli, specialmente in Francia: la sua brutale scomparsa a 37 anni contribuì notevolmente alla mitizzazione. Ma questo grande artista non fu il solo esponente del Rinascimento:alcuni altri pittori seppero trasmettere in Italia e in Europa le nuove forme della perfezione pittorica, uno di questi è certamente Andrea del Sarto, tanto elogiato da essere chiamato in Francia da Francesco I, dove realizzò una sola opera, La Carità, nella quale dimostra una infinita dolcezza nell’espressione dei sentimenti.

Raffaello Sanzio 1483-1520, La Belle Jardinière (Bella giardiniera) firmato e datato 1507.  L’opera è così chiamata per via della semplicità delle vesti della Vergine e per il prato costellato di fiori che la circonda, ed è l’ultima e più matura versione delle famose Madonne che Raffaello eseguì durante il suo soggiorno fiorentino. Controversa è la sua identificazione con l’opera commissionata dal patrizio senese Filippo Sergardi, poi acquistata da Francesco I di Francia.

Immersa in un paesaggio lacustre dall’orizzonte particolarmente alto, la Vergine Maria è seduta su una roccia, con appoggiato sulle gambe Gesù Bambino che come un qualsiasi ragazzino della sua età, si appoggia quasi per gioco su un piede della mamma. Inginocchiato sulla destra S. Giovannino, che stringe tra le mani una croce fatta da due canne e guarda intensamente Gesù.
Lo schema è quello piramidale “classico”co le figure scorciate di tre quarti (tipiche di Michelangelo) e linee curve che richiamano dipinti di Leonardo. Tutta di Raffaello la dolcezza degli sguardi tra la Madonna e Gesù, le espressioni, i soffici capelli di Maria.

 

 

Raffaello Sanzio, noto come Raffaello 1483 – 1520. San Michele sconfigge Satana. Forse dipinto per il duca di Urbino, Guidobaldo da Montefeltro, 1503-1505 ca. insieme con il San Giorgio e il Drago al quale rimase associato.

 

Raffaello Sanzio, noto come Raffaello 1483 – 1520. San Giorgio che combatte il drago. E ‘stato molto presto associata al San Michele sconfigge Satana con la quale è stato presentato come un dittico nella raccolta di Mazzarino prima di passare nella collezione di Luigi XIV.

Raffaello Sanzio, noto come Raffaello 1483 – 1520. San Michele sconfigge Satana. Firmato e datato sul bordo della tunica di San Michele RAPHAEL. VRBINAS. pingebat M.D.XVIII.Commissionato nel 1518 da Papa Leone X, a beneficio di Francesco I, al quale fu offerto un paio di mesi più tardi dal nipote del papa, Lorenzo de ‘Medici, nel quadro degli scambi diplomatici che sigillarono l’alleanza del Re di Francia con il papato. Il tema dell’Arcangelo Michele che uccide il demone è una lusinga per l’Ordine di San Michele, di cui il re era Gran Maestro e la cui stessa esistenza rappresentava l’impegno dell’unione della Francia e della Chiesa, rinnovato da questa data per la lotta contro i turchi.

Raffaello Sanzio, noto come Raffaello 1483 – 1520. Ritratto di Baldassare Castiglione 1514-15 ca. Castiglione era un personaggio molto in vista nella cultura italiana del primo Cinquecento. Scrisse “Il cortegiano” nel 1528, un manuale del perfetto uomo di corte rinascimentale. Raffaello nel ritratto unisce una grande indagine psicologica del personaggio ad una forte idealizzazione della fisionomia. L’abito di Baldassarre Castiglione ha le maniche in pelliccia, mentre i colori limitati ed essenziali sono una magnifica armonia di nero, grigio e beige. L’unica nota di colore sono gli occhi azzurri che fissano con straordinaria intensità lo sguardo dello spettatore e sembrano seguirlo nei suoi movimenti.

Raffaello Sanzio, noto come Raffaello 1483 – 1520. Autoritratto con un amico. L’identità dell’amico di Raffaello che figura in primo piano di questo doppio ritratto rimane ipotetica: i nomi di Pordenone e Pontormo appaiono negli inventari del XVII secolo, ma i loro volti, conosciuti per mezzo di altri ritratti sono molto diversi.Questo doppio ritratto è probabilmente del 1518-1519 e riflette l’evoluzione che si sta svolgendo a Roma, a metà tra Raffaello e Sebastiano del Piombo, dell’arte del ritratto verso un genere a volte più monumentale ed altre più dinamica.

Raffaello Sanzio, noto come Raffaello 1483 – 1520. Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Giovannino e due angeli, chiamato La Sacra Famiglia. Firmato e datato sul bordo del manto della Vergine: RAPHAEL VRBINAS pingebat M.D.X.VIII.Commissionato nel 1518 da Leone X, inviato in Francia senza dubbio con il favore della Regina Claudia, di cui la provvidenziale e recente maternità, è celebrata dall’angelo che porge una corona di fiori alla Vergine. Prodotto con la collaborazione dei membri del laboratorio, come Giovanni da Udine che è accreditato per il bouquet e il pavimento in marmo, e Giulio Romano, probabile autore di Santa Elisabetta e San Giovannino, La Sacra Famiglia testimonia lo stile ultimo di Raffaello, dominato dalla monumentalità delle figure, controllo spaziale, e adesione al buio luminismo di Leonardo.

Raffaello Sanzio con Giulio Romano, San Giovannino nel deserto, 1516-1517 ca. L’opera venne eseguita per il cardinale Adrien Gouffier de Boissy, il cui stemma è presente sullo sfondo, accanto a quello dei La Tremouille. Il passaggio da tavola a tela, pratica assai diffusa in Francia per i dipinti antichi, risale al 1777. Il giovane san Giovanni Battista è raffigurato vestito della sola pelliccia di cammello, adagiata sulla spalla, mentre, a cavalcioni di un tronco, compie il suo gesto tipico di indicare il cielo, cioè Gesù, di cui fu precursore. La forma atletica e mossa del corpo deriva dall’esempio degli Ignudi di Michelangelo sulla volta della Cappella Sistina.

Laboratorio Raffaello Sanzio, attribuito a Giulio Pippi detto Giulio Romano. Cerere, detta anche Abbondanza. Probabilmente dipinto nel 1516 per Bernardo Dovizi, il cardinale Bibbiena, il cui nome Dovizi(a) significa Abbondanza e il cui emblema era sei spighe di grano.

Giovanni Francesco Penni detto Il Fattore, 1488 – 1528. La Vergine e il Bambino con San Giovannino, detta La Madonna del velo o La Vergine dal diadema blu.Dopo la morte prematura di Raffaello, Penni collaborò con Giulio Romano per il completamento delle opere del Maestro

Laboratorio Raffaello Sanzio, Attribuito a Giulio Pippi detto Giulio Romano. La Vergine col Bambino, Santa Elisabetta e San Giovannino in un paesaggio, chiamata Piccola Sacra Famiglia.

Attribuito a Baccio BAandinelli, Ritratto di Michelangelo. Registrazione sul parapetto: MICHA ANGE BONAROTANUS Florentinus SCULTOR OPTIMUS ANNO Aetatis SUE 47. L’iscrizione invita a datare questa tavola al 1522, ma non risolve il problema della sua attribuzione. L’immagine corrisponde ad un disegno del Louvre che viene assegnato oggi a Baccio Bandinelli. Potrebbe essere della mano di questo artista la cui attività di pittore , attestata dal Vasari, rimane nell’ombra. Ma il Vasari afferma anche che solo due ritratti di Michelangelo sono stati dipinti durante la vita dell’artista, uno da Jacopino del Conte e l’altro da Giuliano Bugiardini, al quale questa immagine è stata spesso attribuita.

Giovanni Battista di Jacopo detto Rosso Fiorentino (Italia, 1495-1540). La Sfida delle Pieridi. Il soggetto, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, racconta la sfida alle Muse sul monte Elicona, delle nove figlie di Pierus, re di Macedonia, chiamate Pieridi e giudicate da Apollo, Pallade e ninfe. Le Muse, nude e pure, sconfiggono le Pieridi, vestite e dissimulatrici.

La pittura a Venezia

Nella prima metà del Cinquecento, lo sviluppo economico di Venezia si arresta e, paradossalmente, questa è l’epoca in cui l’attività intellettuale e artistica è al suo massimo splendore: Giorgione, raffinato e sensibile sebbene poco prolifero, influenzò numerosi pittori, e in particolare Tiziano, suo stretto collaboratore. La loro amicizia spiega i problemi attributivi riguardo al celebre Concerto campestre, alternativamente assegnato dagli storici dell’arte all’uno o all’altro dei due artisti.
Di temperamento forte e appassionato Tiziano fu il punto di riferimento per la pittura a Venezia per più di settant’anni, segnando in modo radicale la pittura veneziana con l’importanza data al colore rispetto al disegno.
Il Louvre conserva una eccezionale raccolta di opere del maestro del periodo “classico”, che copre i primi trenta anni del Cinquecento, costituita in gran parte da Luigi XVI.
Alcuni allievi di Tiziano prolungarono la sua opera con vigore, e in particolare Tintoretto, che eseguì immense tele per le chiese di Venezia, e il Veronese, pittore che eseguì fastose composizioni commissionate da comunità religiose (Le nozze di Cana) o destinate alla clientela patrizia, come la Cena in Emmaus.

Tiziano Vecellio 1488/1490-1576. Concerto campestre, 1509 ca.L’attribuzione di questa tela a Tiziano o a Giorgione ha spesso diviso la critica. Ciò che appare come una riunione musicale all’aperto è in realtà un’allegoria il cui senso è stato interpretato in diversi modi. Opera celebre e spesso copiata ispirò nel XIX sec. un celebre quadro di Manet, L e dejeneur sur l’herbe

 

Tiziano Vecellio 1488/1490-1576. Uomo dal guanto 1520 ca.

Tiziano e bottega. Giove e Antiope, detto la Venere del Pardo

Tiziano Vecellio 1488/1490-1576. Ecce homo, 1540 ca. Cristo coronato di spine, viene presentato alla folla da Ponzio Pilato, che grida: “Ecce Homo” ( “Ecco l’uomo”). Questo episodio, raccontato nel Vangelo secondo Giovanni (19, 5), precede la salita al Calvario.

Tiziano Vecellio 1488/1490-1576. Ritratto di Francesco I, 1539. Commissionato per Francesco I dall’Aretino, poeta e autore satirico italiano che era corrispondente del re per questioni artistiche, questo ritratto sarebbe stato fatto da una medaglione scolpito in Francia da Benvenuto Cellini nel 1537. Questo spiegherebbe la presentazione di profilo posa arcaica cheTiziano voleva evitare. Allo stesso modo le mani, dettagli espressivi che il maestro di solito ha cercato di sottolineare, non sono molto visibili, in assenza del modello vivente. Il vestito sobriamente elegante dà al sovrano un aspetto familiare e contemporaneo, mentre l’atteggiamento riflette energia e serenità.

Tiziano Vecellio 1488/1490-1576. La Cena in Emmaus, 1530. Nel Vangelo secondo Luca (24, 13-35), Gesù appare il giorno della resurrezione, nel corso di un pasto a Emmaus, ai due discepoli, Luca e Cleofa, che lo riconoscono nello spezzare il pane. Il volto sereno di Cristo appare sopra una tovaglia bianca prefigurando l’altare della Messa: i simboli dell’Eucaristia comporranno realisticamente una delle più belle nature morte della pittura veneziana. La piramide di sale evoca anche un altro ruolo che Gesù assegna ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra” (Vangelo secondo Matteo, 5, 13).

Tiziano Vecellio 1488/1490-1576. Allegoria domestica chiamata erroneamente Allegoria di Alfonso d’Avalos, 1530. Tiziano ha creato in questo lavoro il prototipo del tavolo di nozze, un genere che ha fatto fortuna a Venezia. I coniugi sono travestiti da Marte e Venere, accompagnati dalle divinità protettrici del matrimonio: Cupido con le frecce, Imeneo in possesso di un cesto di fiori e frutta. La sfera di cristallo detenuta dalla donna come se volesse leggere il futuro e le malinconiche espressioni dei personaggi hanno fatto interpretare la scena come un’allegoria della separazione dopo la partenza o la morte di uno dei coniugi.

IL MANIERISMO

Inizia a svilupparsi in Italia tra il 1515 e il 1520 come reazione a un classicismo troppo rigoroso. Questi artisti cercano di superare la misura con grazia rifiutando simmetria e convenzionalità.

Non a caso la corrente manierista si sviluppa a Siena e Firenze con Pontormo e Rosso Fiorentino e a Roma intorno a Michelangelo e Raffaello. Successivamente al manierismo aderirà anche Correggio.

Il manierismo delle origini era leggerezza e immaginazione ma più tardi diventa un termine peggiorativo che suggerisce affettazione.

Giovanni Battista di Jacopo detto Rosso Fiorentino, 1496-1540. Pietà. Quando Rosso dipinse questo quadro d’ispirazione manierista aveva appena terminato la Galleria di Francesco I nel castello di Fontainebleau. Con Primaticcio e Nicolò dell’Abate egli contribuì alla nascita della famosa scuola di Fontainebleau che inserì la Francia nel grande movimento europeo del Rinascimento.

 

Antonio Allegri detto Correggio 1489-1534. Venere e l’Amore scoperti da un satiro detto anche Giove e Antiope, 1524 – 1527 ca.

Niccolò dell’Abate, Mosè salvato dalle acque.

Francesco MAZZOLA, detto il Parmigianino 1503 – 1540. Il matrimonio mistico di Santa Caterina

Jacopo Zanguidi detto Bertoja, 1544 – 1573 (?). Venere guidata da Amore presso Adone morto.

Giorgio Vasari, 1512 – 1574. L’Annunciazione 1564-67 ca.

Paolo Caliari detto Veronese 1528-1588. Ritratto di donna con bambino e cane, 1546-1548 ca.

Dipinto lavorato a Venezia alla fine XVI sec. La morte di Adone

Paolo Caliari detto Veronese 1528-1588. Ritratto d’una veneziana detta la La bella Nani, 1560 ca.

Paolo Caliari detto Veronese 1528-1588. La Vergine e il Bambino tra i santi Giustina e Giorgio, con un frate benedettino inginocchiato, 1554 ca.

Paolo Caliari detto Veronese 1528-1588. La Crocifissione, 1584 ca.

Jacopo Robusti detto il Tintoretto, 1518-1594. Incoronazione della Vergine detto Il Paradiso.

Fine del XVI secolo inizi del XVII

Alla fine del XVI secolo Roma diventa la capitale delle arti. Dopo Michelangelo e Raffaello sono attivi Guido Reni e Annibale Carracci, ma la figura più imponente ed inquietante è senza dubbio Caravaggio, i cui principi rivoluzionari eserciteranno un’influenza profonda sulla pittura europea. Violento e rissoso, vive a contatto con il popolo; fin dalle prime opere interpreta con libertà gli schemi tradizionali introducendovi elementi della realtà.

I suoi dipinti testimoniano tutti una volontà anticonvenzionale. Fra i pittori influenzati dal suo stile c’è Guercino che espresse sentimenti sinceri e ardenti in opere fondate sull’imitazione della natura.

Guido Reni, 1575 – 1642. Ercole e Acheloo 1617. Preso dalle Metamorfosi di Ovidio (IX, 27-88) , il soggetto mostra Ercole in lotta con Acheloo, figlio di Oceano e di Teti, al fine di ottenere la mano di Deianira, figlia di Enea. Mentre sta per essere sconfitto, Acheloo assume l’aspetto di un toro, ma Ercole trionfa su di lui in questa veste.

Guido Reni, 1575 – 1642. Ercole sul rogo, 1617 – 1619. Questa tela mostra l’eroe che si immola per porre fine alle sofferenze causate da una tunica avvelenata di sangue del centauro Nesso (Ovidio, Metamorfosi, IX, 132-133). Purificato da questo sacrificio, Ercole accederà al rango divino.

Guido Reni, 1575 – 1642. David vincitore di Golia, 1604 – 1606 ca.

Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, 1591 – 1666. La Vergine col Bambino e quattro santi (San Geminiano, San Giovanni Battista, San Giorgio e San Pietro Martire), 1651. Commissionato nel 1649 da Francesco I d’Este per sostituire la Madonna di San Giorgio di Correggio (Dresda, Gemäldegalerie) nella chiesa di San Pietro Martire Modena.

Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, 1591 – 1666. San Francesco in estasi con San Benedetto e un angelo di musicista. Dipinta per la cappella Dondini nella chiesa di San Pietro Cento. Il soggetto è stato ispirato da un episodio miracoloso della vita di San Francesco d’Assisi nel 1225, ebbe una visione di un angelo la cui musica lo immerso in uno stato estatico.

Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, 1591 – 1666. La resurrezione di Lazzaro, 1619 ca.

Giuseppe Arcimboldo 1527-1593. Le quattro stagioni. Il milanese Arcimboldo trascorse gran parte della sua carriera a Praga. Qui realizzò stupefacenti composizioni mediante insiemi di fiori, frutti, ortaggi, animali, ecc. creando strane figure umane o allegoriche.

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, 1571-1610 ca. La buona ventura, 1595-98 ca. Nei suoi quadri, il pittore volle trascrivere proprio l’umile realtà della quotidianità, che i soggetti fossero religiosi, mitologici o profani.

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, 1571-1610 ca. Alof de Wignacourt, 1608. Alof Wignacourt è stato il Gran Maestro dell’Ordine di Malta dal 1601 al 1622, protettore di Caravaggio durante il suo soggiorno a Malta nel 1607-1608, gli fece attribuire il titolo di cavaliere nel luglio 1608.

Morte della Vergine, 1601 – 1605/1606. Commissionato nel 1601 per la chiesa di Santa Maria della Scala in Trastevere a Roma, questa tela fu completata solo nel 1605/1606. Respinta dai monaci della chiesa, fu sostituita da un lavoro dallo stesso soggetto dipinto da Carlo Saraceni.

Annibale Carracci, 1560 – 1609. La Resurrezione di Cristo,1593. Dipinta per la cappella privata del palazzo Luchini di Bologna, questa tela unisce il tema della risurrezione con quelli della Trasfigurazione e dell’Ascensione. Il soggetto è arricchito da due particolarità, il sarcofago chiuso da un sigillo e il soldato che dorme disteso sulla coperta.

GLI ULTIMI FUOCHI

Anche se le personalità non mancano nel paesaggio artistico italiano del Settecento, sembra difficile riunirle in una corrente omogenea. E’ un’epoca in cui le grandi visioni spirituali lasciano il posto a un’arte più intimista o più decorativa, e si assiste anche allo sviluppo di generi considerati fino ad allora come generi minori, ritratti, paesaggi, vedute, scene di genere.

La pittura italiana del Settecento è rappresentata al Louvre da oltre 150 opere di artisti come Francesco Guardi con la sua serie Feste Veneziane, di Giovanni P. Pannini con la sua Galleria di vedute di Roma Antica o di Gianbattista Tiepolo con le sue opere di ispirazione mitologica e religiosa.

Fra le più recenti acquisizioni i quadri di Giuseppe M. Crespi e Gaspare Traversi con le loro scene di genere, ovvero che hanno per soggetto scene ed eventi tratti dalla vita quotidiana: ad esempio mercati, faccende domestiche, interni o feste.

Giovanni Paolo Pannini 1691 – 1765. La predicazione di un apostolo tra le rovine architettoniche.

Giovanni Paolo Pannini 1691 – 1765. Festino sotto un portico di ordine ionico.

Giovanni Paolo Pannini 1691 – 1765. Galleria di vedute della Roma antica.

Francesco Solimena 1657-1747. Cacciata di Eliodoro dal tempio.

Salvator Rosa, 1615-1673. Battaglia eroica. Questa battaglia consacrala dimensione eroica del genere ma non si rapporta ad alcun fatto storico preciso.

Salvator Rosa, 1615-1673. L’ombra di Samuel appare a Saul presso la Strega di Endor, 1668 (?)

Domenico Zampieri detto Domenichino 1581 – 1641. Timoclea prigioniera viene portata davanti ad Alessandro Magno, 1615 ca.

Domenico Zampieri detto Domenichino 1581 – 1641. Santa Cecilia con un angelo che regge una partizione. 1617 – 1618 ca.

Gaspare Traversi, 1722/24-1770. Seduta di posa, 1754.

Gaspare Traversi, 1722/24-1770. La rissa, 1754.

Gianantonio Pellegrini 1675 – 1741. Diana e Endimione, 1720 – 1721 ca

Gianantonio Pellegrini 1675 – 1741. Bacco e Arianna, 1720-1721

Pompeo Batoni, 1708 – 1787. Charles Joseph Crowle, 1761 – 1762 ca.

Bibliografia e sitigrafia:

La guida del Louvre, Museo Louvre editore – luglio 2015;

http://cartelen.louvre.fr

Wikipedia

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