Cimitero di Brindisi – Statua ai Marinai Caduti

Il 27 settembre 1915 – poco più di 100 anni fa – alle ore 8 e 10 del mattino un boato squarciò l’aria del porto di Brindisi: esplose la Santabarbara della corazzata Benedetto Brin ancorata nell’avamporto, di fronte alla costa Guacina. La nave  – lunga 138 metri e larga 23, con una stazza di 14000 tonnellate – si incendiò e s’inabissò portando con sè in fondo al mare 456 marinai, la metà dell’intero equipaggio di 943 uomini.

 Immediatamente dopo lo scoppio, le autorità militari avanzarono l’ipotesi dell’attentato ad opera dei nemici di guerra austriaci, ma a poco a poco cominciò a prendere corpo anche la più verosimile possibilità di un’autocombustione avvenuta nella grande stiva adibita a deposito di munizioni: il calore della sala motori, vicina al locale della santabarbara, avrebbe innescato l’incendio che a sua volta avrebbe fatto scoppiare le munizioni.

L’Italia dal 24 maggio precedente era entrata in guerra contro l’impero austro-ungarico e Brindisi aveva subito assunto l’aspetto di una piazzaforte navale: la libertà di transito era stata limitata e a tutti i pescatori erano state sequestrate le barche.  Le acque del porto erano piene di decine  di unità militari italiane, francesi e inglesi ed è proprio in un contesto di simile affollamento che lo scoppio sulla Benedetto Brin avvenne:  numerosi rimorchiatori e imbarcazioni delle varie navi ancorate nel porto raccolsero i superstiti e li portarono nelle infermerie, nell’ospedale della Croce Rossa e nell’Albergo Internazionale, subito adibito a infermeria d’emergenza e che, per l’occasione, funse da efficiente ospedale militare.

Cartolina dal libro di G. Candilera “Parliamo di Brindisi con le cartoline”

Sulla banchina del porto si raccolse una folla enorme che assistette al recupero dei corpi senza vita, dei feriti e dei superstiti; la città tutta partecipò a quella luttuosa tragedia con la generosità che ha più volte nella sua storia dimostrato di saper esprimere.

Il sindaco di Brindisi, Giuseppe Simone, indisse tre giorni di lutto cittadino e i funerali delle prime salme recuperate ebbero luogo il giorno successivo allo scoppio mentre  per le altre proseguirono anche nei giorni seguenti. Le vittime, le cui spoglie non poterono essere riconsegnate alle famiglie, vennero sepolte in un’area del cimitero messa a disposizione dal Comune dove furono allineate trenta targhe marmoree con incisi i nomi di quei 456 militari italiani.

Il governo volle poi che al centro di quell’area venisse posta una statua raffigurante il dolore della Patria per la terribile tragedia, commissionando ad uno scultore – rimasto purtroppo ignoto – quella statua di donna con lo sguardo basso e una espressione di profondo dolore e disperazione sul volto, che da allora domina il sacrario nel cimitero di Brindisi dedicato a quegli sfortunati marinai caduti.

Proprio per  la ricorrenza dei cento anni del drammatico evento, nel 2015,  la famiglia della  modella che posò per quella statua ha voluto finalmente svelarne l’identità, tenuta nascosta per proteggerne la reputazione (chi posava all’epoca era considerata donna di facili costumi).

 Gianmarco Di Napoli in un suo articolo su Senzacolonne.it del 16 luglio 2015 ricostruisce con precisione la vicenda:

“Il 27 settembre 1915 la corazzata Benedetto Brin esplode nel porto medio di Brindisi: muoiono 456 marinai italiani. E’ una tragedia senza precedenti per la Marina italiana. Le vittime vengono sepolte in un’area del cimitero messa a disposizione dal Comune che viene invasa da oltre 400 croci bianche. Il governo vuole però che al centro venga posta una statua che raffiguri il dolore della Patria per l’immane tragedia. E incarica uno scultore di realizzarla.

L’artista ha bisogno di una modella cui ispirarsi. In quel momento Brindisi fa parte della provincia di Lecce che è divisa in quattro circondari e ha una popolazione di 25 mila abitanti, poco più di Ostuni (21 mila), Francavilla (20 mila) e Ceglie (17 mila). E’ insomma un paesino agricolo in cui si stanno costruendo la nuova scuola elementare Perasso, il teatro Verdi e in cui lo sviluppo edilizio popolare si sposta sulle collinette verdeggianti del Casale.

 

Rocco Piccione è un marittimo che abita in via Bernardo de Rojas, stradina del quartiere di via Lata, uno dei rioni storici insieme a San Pietro degli Schiavoni e Sciabiche. Viene a sapere che uno scultore incaricato di realizzare una statua per i morti della Brin è alla ricerca di una modella. Proprio di fronte a casa sua abita una splendida donna di trent’anni: Anna Maria De’ Ventura è altissima per quegli anni, quasi un metro e 80. Capelli fluenti, sguardo fiero, profilo greco, un portamento che tradisce probabili origini nobiliari, così come il suo cognome. Suo marito Luigi Iaia se l’è andata a prendere nel borgo di Tuturano. Anna Maria è già mamma e le sue giornate trascorrono tra la casa di via Rojas, la chiesa delle Anime e il mercato. L’Italia è in guerra e il marito è al servizio della Patria.

Il vicino di casa contatta lo scultore e gli segnala la presenza di questa donna bellissima che potrebbe essere una modella perfetta per la sua statua di bronzo e così lo conduce sino a casa sua a conoscerla. Lei è perplessa, ma tutti quei ragazzi morti l’hanno colpita profondamente. E così decide di posare, gratis.

Poi però, qualche giorno dopo, rinuncia. Ha saputo che dovrà avere una spalla leggermente scoperta. Sarebbe uno scandalo per una donna seria e maritata. Lo scultore non vuole rinunciare a lei e arrivano a un compromesso: poserà ma nessuno mai dovrà conoscere l’identità della modella.

Lo scultore realizza una statua in gesso che poi diventa un calco e da qui, in una fonderia, viene realizzata la statua.

Non si hanno notizie sulla cerimonia con cui viene collocata nel cuore del cimitero di Brindisi. Ma di certo lo scultore mantiene il suo impegno e non rivela il nome della modella. Anna Maria, che quasi ogni mattina si reca al cimitero per deporvi dei fiori, vorrebbe mantenere il segreto per sempre ma quando il marito torna dalla guerra, un vicino di casa gli rivela tutto. E scoppia il finimondo. Ma durerà poco: passata la burrasca dopo la lite e riappacificatosi con la moglie, la vita di famiglia procede regolarmente e il segreto di Anna Maria viene rispettato.

Ogni anno a novembre, durante la cerimonia di commemorazione dei caduti in guerra nel cimitero, don Augusto Pizzigallo, cappellano militare e sacerdote plenipotenziario a Brindisi, ricordava ai fedeli che la statua della donna triste raffigurava davvero una mamma brindisina. Anna Maria era sempre lì, sorrideva a quelle parole e taceva, ascoltando i commenti delle altre donne. E quando i suoi bambini diventati grandi le chiedevano perché mai ogni volta portasse fiori a quella statua, rispondeva: “Perché quella donna sono io”.

Anna Maria De’ Ventura, che era nata nel 1885, ha lasciato questa terra il 3 aprile 1962. Qualche giorno dopo uno dei figli incontrò il vescovo Nicola Margiotta portandogli i documenti di quasi mezzo secolo prima su cui era attestato che la mamma era la misteriosa modella della statua dei marinai caduti, impegnandosi a mantenere il silenzio. E celebrando in suo onore una messa.

Nel corso degli anni, per due volte, i ladri hanno cercato di rubare la statua, una volta persino tentando di sradicarla con una gru. Ma non ce l’hanno fatta. Ora, cent’anni dopo, la “Misteriosa” rivela la sua identità. Quella di una donna brindisina molto più moderna dei suoi tempi e di una famiglia che ha saputo custodire il suo tenero segreto. Sarebbe ora che quella statua tornasse nel suo splendore originario e che una targhetta ricordasse il nome di Anna Maria De’ Ventura, madre dei Caduti in mare di Brindisi. Finalmente libera di svelare a tutti il suo amore per la Patria.”

Monumento ai Caduti in Guerra. Brindisi, Cimitero. Fotototeca Briamo

conc. Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo”

Il sig. Francesco Brugnola fa le seguenti precisazioni che ci sembra doveroso pubblicare:

— I nomi incisi su quelle lapidi, non appartengono ai Caduti della Benedetto Brin ma, a soldati della Prima
guerra;
— Quelle lapidi che si vedono, sono state rifatte al massimo da qualche decennio perchè, quelle originali
recuperate dal muro di recinzione del Parco della Rimembranza, in occasione della demolizione dello
stesso, stavano collocate vicino al muro sottostante e non sopra;
— Come terza cosa, voglio rassicurare che sì è vero che è stata scardinata per ben due volte ma mai con
l’ausilio di una gru. Addirittura la seconda volta i ladri vennero pure condannati perchè sorpresi.

Fonti

Gianfranco Perri – Brindisi, nel contesto della stotia

Gianmarco Di Napoli – Senzacolonne.it

7 commenti

  1. Voglio fare solo delle precisazioni:
    — I nomi incisi su quelle lapidi, non appartengono ai Caduti della Benedetto Brin ma, a soldati della Prima
    guerra;
    — Quelle lapidi che si vedono, sono state rifatte al massimo da qualche decennio perchè, quelle originali
    recuperate dal muro di recinzione del Parco della Rimembranza, in occasione della demolizione dello
    stesso, stavano collocate vicino al muro sottostante e non sopra;
    — Come terza cosa, voglio rassicurare che sì è vero che è stata scardinata per ben due volte ma mai con
    l’ausilio di una gru. Addirittura la seconda volta i ladri vennero pure condannati perchè sorpresi.

    1. Gent.mo sig. Brugnola la ringraziamo per la segnalazione e Le comunichiamo che abbiamo provveduto ad integrare l’articolo con le sue osservazioni.

  2. Complimenti, bellissimo e commovente articolo. Vorrei sapere, se possibile, se è vero che all’interno del Monumento ai Marinai di Brindisi sono collocate lapidi con i nomi dei caduti della “Brin”. Grazie di cuore. Csrlo Gianotti – Stintino (SS).

    1. Sig. Giannotti non ha completato la richiesta

  3. Ultimo episodio meraviglioso e struggente del nostro risorgimeneto iniziato nel1848 e concluso nel 1918!

  4. Grazie. Bellissimo articolo.

    1. Grazie a te Giancarlo, lettore sempre attento e competente

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