Londra – National Gallery – Pittura europea dal ‘600 al ‘700

“Molto amata dai collezionisti inglesi, la pittura paesaggistica costituisce una parte importante delle opere presenti nell’Ala Nord della National Gallery di Londra, rappresentativa dell’ampio repertorio del genere e della sua proliferazione sia a nord che a sud delle Alpi. Le vedute esterne di questo periodo possono essere documenti topografici di località reali oppure invenzioni immaginarie, di interesse locale o di atmosfera esotica, e possono presentare scene di tempesta o di sereno, invernali oppure estive, puramente paesaggistiche o adottate come ambientazioni di episodi narrativi. Tutti i paesaggi, tuttavia, affrontano problemi figurativi comuni: quelli dell’evocazione della distanza e della rappresentazione della luce all’aria aperta.(..)

Nel Medioevo e nel Rinascimento la teoria artistica italiana e italianizzante aveva favorito il grande formato dell’opera pittorica (anche quando le singole componenti, come gli scomparti di una predella, erano di dimensioni ridotte). Le pitture murali, le pale d’altare e i ritratti a grandezza naturale, generi legati agli edifìci pubblici e ai palazzi principeschi, erano accessibili, almeno in teoria, all’intera comunità; e dunque contribuivano a formare e a diffondere valori comuni o a trasmettere i valori di una classe dirigente. (..)

Caravaggio, Reni, Guercino, Rembrandt, ter Brugghen e altri dipinsero scene narrative da un punto di vista molto ravvicinato con mezze figure a grandezza naturale. La ridefinizione del concetto di ‘pittura di storia’ che accolse infine i dipinti di cavalletto eseguiti per un’ambientazione domestica, con figure più piccole del naturale, si deve soprattutto agli sforzi di un francese, Nicolas Poussin (..) I ritratti ufficiali di regnanti, di ecclesiastici e di nobili — gli imponenti ‘ritratti di stato’ internazionali che acquistarono importanza sempre maggiore nel corso del secolo – erano, come d’altra parte sono quasi sempre anche tuttora, a grandezza naturale, se non maggiore. Straordinari esempi del genere provenienti da tutt’Europa, di Van Dick, Velàzquez, Rembrandt e altri artisti, sono esposti. (..)

Il culmine della fioritura dell’arte spagnola viene raggiunto solo dopo il 1600, nel ‘siglo de oro’, influenzato dalle stampe provenienti dai Paesi Bussi e dai dipinti italiani, in particolare dalle opere del Tiziano presenti nelle collezioni reali spagnole, e patrocinato da un monarca amante delle arti, Velàzquez diventò il pittore forse più originale e toccante dell’epoca. Esempi superbi dell’intero repertorio della sua opera, compreso l’unico nudo femminile sopravvissuto, la ‘Venere di Rokeby’. Quasi altrettanto avvincenti appaiono i dipinti di Murillo e Zurbaràn, realizzati soprattutto su richiesta dei numerosi ordini religiosi presenti in Spagna e nei territori spagnoli del Nuovo Mondo.
Le divisioni religiose accelerarono il declino dell’impero asburgico nei Paesi Bassi; le regioni meridionali rimasero sotto il dominio spagnolo e cattoliche. La formazione di uno stato olandese, una nazione pluralista unita sotto il vessillo del calvinismo, nelle regioni settentrionali ebbe come conseguenza la fine pressoché completa del mecenatismo della Chiesa in quest’area e una radicale ridistribuzione della produzione artistica.

Nacquero nuove forme figurative, mentre quelle tradizionali assunsero connotazioni particolari: troviamo dunque vedute paesaggistiche o marine locali che celebrano l’identità nazionale e i nuovi conseguimenti di un paese costituitosi con notevoli sforzi; paesaggi urbani o vedute architettoniche di candide chiese protestanti; scene moraleggianti di ‘vita quotidiana’; nature morte in cui, similmente, si combinano sentimenti di compiacimento e di ammonimento; scene di soggetto militaresco ambientate in interni di caserme.

In una società nella quale l’alfabetizzazione veniva incoraggiata affinché tutti potessero leggere la Parola di Dio, e che si identificava con il Popolo Eletto di Dio, anche gli episodi più oscuri dell’Antico Testamento trovarono larga diffusione, ciò che non accadeva invece nei paesi cattolici, dove i laici venivano scoraggiati dalla lettura della Bibbia.

La ritrattistica aveva sempre grande importanza, qui come altrove, sebbene anch’essa assumesse funzioni differenti, principalmente nell’ambito familiare e corporativo.
Quasi tutti questi generi – ad eccezione dei ritratti della milizia e di altri gruppi istituzionali – sono rappresentati nell’Ala Nord, come pure le opere dei pittori olandesi italianizzanti attivi nella fedelissima città cattolica di Utrecht. Soprattutto, l’ala ospita un cospicuo numero di dipinti di Rembrandt, artista olandese e tuttavia erede di tutti i tratti più universali della tradizione europea: piccole scene profondamente sentite della vita di Cristo, la Giovane donna al bagno in un ruscello dal delicato erotismo, il grandioso Festino dì Baldassar, ritratti eseguiti su commissione, e autoritratti di una giovinezza spavalda e di una vecchiaia disillusa.” (1)

 

Hendrick Avercamp – Scena sul ghiaccio nei pressi di una città (1615 ca)

Avercamp trascorse gran parte della propria esistenza in un quieto angolo di provincia olandese sullo Zuider Zee, dove suo padre esercitava la professione di farmacista. Qui iniziò a realizzare numerosi disegni colorati raffiguranti gruppi di persone impegnate in svaghi invernali, pescatori e contadini, sui quali basò il suo repertorio pittorico. Le scene invernali nelle quali si specializzò sono così vivide da farci immaginare che l’artista le avesse realizzate all’aperto; in realtà, come tutti i dipinti molto rifiniti di questo periodo, esse sono state composte in studio.

Questa opera, eseguita in età matura, raffigura, sotto il pallido cielo invernale, l’immagine sfuggente di un fiume gelato che  in lontananza fornisce il palcoscenico per vivaci giochi sul ghiaccio, come il ‘kolf’, una forma antesignana dell’attuale golf. Malgrado il suo apparente realismo non rappresenta quasi certamente un luogo reale e non fu eseguita su commissione, ma per essere venduta sul mercato dell’arte. Doveva essere quindi appetibile per i futuri proprietari, suscitando ricordi di scampagnate all’aria aperta, ma anche documentando la storia di quella terra. Ed ecco che, sotto la bandiera arancione, bianca e azzurra che rappresenta l’indipendenza di quelle province dal governo spagnolo, appare uno spaccato della società olandese, unita e festosa: con le barche immobilizzate dal ghiaccio, giovani e anziani, uomini, donne e bambini, contadini, nobili e pescatori, ognuno meticolosamente distinto per abbigliamento e portamento, pattinano o scivolano con le slitte sul ghiaccio. Sembra di vederli e sentirli!

Hendrick Avercamp – Una scena d’inverno con pattinatori vicino a un castello (1608 ca)

Questa movimentata scena di attività invernali è piena di dettagli che vanno accuratamente osservati. E’ pieno di persone provenienti da ogni dove che vanno in giro e si divertono. Sulla destra, la slitta trainata da cavalli intagliata e dorata ha un leone rampante sulla schiena e sul lato, che può essere un’allusione al leone delle province unite olandesi. Il castello è immaginario.Questa immagine era una volta in forma quadrata. Durante le pulizie del 1983 si è scoperto che le aggiunte erano state fatte successivamente e furono quindi rimosse.

Nicolaes Berchem – Contadini presso i resti di un acquedotto (Probabilmente 1655-60) 

Questa immagine mostra un paesaggio ispirato dalla campagna Romana, con i resti di un acquedotto – in formato verticale insolito per il paesaggio, che si stagliano contro il cielo blu. Non è del tutto chiaro quando l’artista è venuto in Italia, ma è stato suggerito che ci sia venuto due volte, una volta agli inizi del 1640 e una seconda volta tra il 1651 e il 1653. Si pensa che abbia riempito l’album per gli schizzi con disegni di paesaggi e figure di soggetti che poi incorporò nei suoi dipinti. Tornato in Olanda, si trasferì spesso tra Haarlem e Amsterdam.Questo paesaggio idilliaco fu probabilmente dipinto alla fine del 1650, molto tempo dopo il ritorno dell’artista nei Paesi Bassi. È simile a un paesaggio da lui datato 1658 (Amsterdam, Rijksmuseum).

Adriaen Brouwer – Scena di taverna (1635 ca)

Brouwer si è specializzato in scabrose scene di vita contadina, pur essendo egli persona colta e talentuosa. Questo lavoro, firmato sul gradino superiore sotto la gonna della donna, è una delle sue più grandi e vivide immagini di fiamminghi che bevono, fumano, giocano d’azzardo e litigano nelle birrerie. È stato molto ammirato dagli artisti contemporanei per la sua abilità come pittore, e sia Rembrandt che Rubens raccolsero il suo lavoro.

David Teniers il Giovane – Un vecchio contadino accarezza una domestica (1650 ca)
Il rovescio del quadro è marcato con lo stemma della città di Anversa.
Le scene immorali come questa erano popolari tra i collezionisti più ricchi, che ne erano orgogliosi. Sullo sfondo una vecchia fa cenno di allontanarsi a un gatto che si dirige verso un recipiente pieno di burro.

Nicolaes Maes – La Serva pigra (1655)
Questo dipinto di interni è probabilmente il primo del suo genere con una vista su una stanza adiacente. Questa tecnica è stato ulteriormente sviluppata a Delft nell’opera di de Hooch nei successivi anni 1650 e da Vermeer. Sia Maes che de Hooch potrebbero essere stati influenzati da Carel Fabritius, un altro allievo di Rembrandt, che si trasferì a Delft nel 1650 circa.
La scena della cucina nella pittura di Maes è completata dall’altra stanza dove le figure si siedono al tavolo. La forte illuminazione in primo piano mostra il debito dell’artista nei confronti di Rembrandt. Nel quadro si mettono in evidenza le figure della cameriera e della padrona, con la seconda in piedi che gesticola verso la serva inattiva con una serie di piatti ai suoi piedi mentre un gatto sta rubando il cibo dal ripiano accanto a lei.

Emanuel de Witte – Adriana van Heusden e figlia al mercato del pesce (1662 ca)
Questa scena fu probabilmente dipinta nel 1661-3 quando de Witte viveva nella casa di Joris de Wijs e di sua moglie Adriana van Heusden. L’immagine fu oggetto di un contenzioso tra de Witte e Adriana van Heusden nel 1669-71.Anche se De Witte è noto soprattutto come pittore di interni, questo lavoro illustra le sue considerevoli abilità come pittore di genere. La scena deve essere stata dipinta dopo che il Nuovo Mercato del Pesce di Amsterdam fu aperto all’inizio del 1661, probabilmente intorno al 1662.

Gabriel Metsu – L’interno del negozio di un fabbro (1657 ca)
Il dipinto è un lavoro iniziale di Metsu, probabilmente risalente al 1657, quando il pittore si era stabilito permanentemente ad Amsterdam. Con la sua meticolosa esecuzione degli attrezzi dei fabbri, questo quadro appartiene a una tradizione che raffigura i mestieri e le professioni. L’artista ha dipinto alcuni altri soggetti simili all’inizio della sua carriera, ma questo tema particolare è relativamente raro nella pittura olandese.

Judith Leyster – Un ragazzo e una ragazza con un gatto e un anguilla (1635 ca)
È stato recentemente suggerito che questa pittura serve come un avvertimento contro un comportamento insensato e birichino. Il ragazzo ha usato la piccola anguilla per attirare il gatto nella sua presa e poi trattiene l’esca, mentre la ragazza sta ulteriormente tirando la coda al gatto. A giudicare dai suoi artigli estesi, il gatto sta per graffiare il ragazzo. L’immagine sembra quindi alludere al detto olandese: ‘Chi gioca con i gatti viene graffiato’, significa che chi cerca guai li avrà. Era comune nella pittura olandese del XVII secolo usare i bambini per sottolineare il comportamento sciocco degli adulti.Judith Leyster, pittore di scene di genere, ritratti e nature morte, era attiva principalmente ad Haarlem e Amsterdam. Nel 1636 sposò il pittore Jan Miense Molenaer. Le ampie pennellate, la composizione tagliata e la rappresentazione della felicità giovanile mostrano l’influenza di Frans Hals su Leyster.

Jan Miense Molenaer – Due ragazzi e una ragazza fanno musica (1629)
Il tema dei bambini che fanno musica esalta i piaceri spensierati della giovinezza. Il ragazzo a sinistra sta suonando un violino, e quello sulla destra un ‘rommelpot’ (recipiente in terracotta ricoperto da una membrana che veniva fatta vibrare tramite uno stecco). La ragazza, che indossa un grosso collo di armatura da soldato, batte l’ccompagnamento con i cucchiai su un elmo. Questo dipinto ricorda le rappresentazioni dei bambini fatti dalla moglie di Molenaer, Judith Leyster. Tuttavia, qui la tecnica dell’artista è meno ampia e più precisa.

Ambrosius Bosschaert il vecchio – Natura morta di fiori in un vaso Wan-Li (1609-10)
Questo lavoro straordinariamente grande sul rame combina gli elementi classici dei dipinti di Bosschaert: un lussureggiante mazzo di fiori armoniosamente equilibrato, un esotico vaso di porcellana cinese e conchiglie disseminate sul ripiano. L’artista fu spesso ispirato da giardini botanici (Middelburg, dove ha trascorso gran parte della sua vita lavorativa, era particolarmente famosa per i suoi giardini botanici) e dalle merci di lusso importate nei Paesi Bassi dalla Compagnia delle Indie Orientali.
I fiori in questa disposizione, che includono gigli, tulipani, rose e garofani, sono dipinte con precisione quasi scientifica. La scelta di Bosschaert di un supporto di rame liscio aumenta il dettaglio straordinario della sua pennellata. Il bouquet, però, è una finzione: questi fiori non fioriscono allo stesso tempo e sarebbero stati troppo preziosi per tagliarli.

Jacob van Walscapelle – Fiori in un vaso di vetro (1670 ca)
Questa ricca disposizione di fiori include tulipani, rose, garofani e gigli. A complemento dei fiori sono fragole, more e qualche spiga di grano.La straordinaria padronanza della pittura di Walscapelle è splendidamente mostrata con i minuziosi dettagli dei tanti piccoli insetti e farfalle che si nascondono tra fiori e fogliame, e il luccichìo delle goccioline d’acqua spruzzate qua e là. I riflessi della luce nel vaso di vetro in particolare, sono fatti con grande abilità.

Jan van de Cappelle – Imbarcazione olandese che spara una salva di saluto mentre una lancia si allontana (1650)
“Nel 1567 un italiano in viaggio nei Paesi Bassi osservò che il mare poteva essere considerato non soltanto alla stregua di uno stato confinante, ma addirittura una provincia tra le altre. Essendo la navigazione così diffusa in Olanda, la gente cominciò ad appassionarsi sempre più a questi dipinti di imbarcazioni. I pittori impararono a rappresentare in un’unica composizione vascelli veleggianti nello stesso vento, a osservare il vento e le condizioni meteorologiche e, per la prima volta, a rappresentare accuratamente le nubi riflesse nell’acqua.” (1)
Il dipinto è un notevole esempio di un paesaggio marino calmo che trasmette un livello insolito di drammaticità. Van de Cappelle riesce ad ottenere un grande effetto dipingendo con molta abilità l’acqua scintillante e i suoi riflessi. Egli inventa gruppi di nuvole per completare la collocazione delle navi, e riesce a creare un clima di dramma, con la massa oscura di nuvole in cima al dipinto contrastata dall’acqua luminosa sotto.
Il dipinto rappresenta probabilmente l’accoglienza di un personaggio importante a bordo di un’imbarcazione governativa olandese.

Bottega di Philippe de Champaigne – Triplice ritratto del cardinale de Richelieu (probabilmente 1642)
Armand-Jean du Plessis, Duca e Cardinale de Richelieu (1585 – 1642) indossa l’Ordine del Santo Spirito. Divenne cardinale nel 1622 e primo ministro francese.
Questa pittura è stata eseguita a Parigi e inviata a Roma come modello per la creazione di un busto di Richelieu dello scultore Francesco Mocchi. L’iscrizione sopra la testa destra osserva che, tra le due visioni del profilo, “questo è il migliore”.

Claude Lorrain – Porto con imbarco della Regina di Saba (1648)
La Bibbia riferisce come la regina di Saba abbia visitato il re Salomone a Gerusalemme (1 Re 10). Il loro incontro fu spesso dipinto, ma era inusuale descrivere l’imbarco della Regina. Molti dipinti di Claude si occupano del tema del viaggio; qui egli ha creato un porto immaginario.Il Duca de Bouillon, generale dell’esercito papale, commissionò a Claude di dipingere sia questo dipinto che il “Paesaggio con il matrimonio di Isacco e Rebecca”. Le unità della coppia si completano a vicenda raffigurando le occasioni gioiose nell’Antico Testamento. ‘L’imbarco della regina di Saba’ è una scena portuale e ‘Paesaggio con il matrimonio di Isaac e Rebecca’ si svolge nell’entroterra.’L’imbarco della regina di Sheba’ ha una prospettiva lineare rigorosa e c’è una simmetria pronunciata tra i lati sinistro e destro. La tela è approssimativamente divisa in quinti. L’architettura e l’orizzonte sono collocati in modo equilibrato all’interno di questa griglia.
“La raffigurazione del sole in un’opera pittorica fu la maggiore innovazione introdotta dal giovane Claude. Collocato precisamente a metà altezza della tela, è la base della sua unità pittorica, poichè tutti i colori e i toni del dipinto sono stati adeguati in relazione ad esso; le impronte delle dita e del palmo della mano di Claude si possono rilevare in molti punti del cielo, dove l’artista ha sfumato le transizioni da uno stadio al successivo.” (1)

Gerrit Dou – Negozio di Poulterer (1670 ca)
Dou ha reso popolare “immagini di nicchia” di questo tipo, con interni mostrati attraverso un’apertura. Il dipinto è un lavoro tardivo, probabilmente del 1670, e firmato sotto il pavone. Il bassorilievo sul parapetto, che mostra dei bambini che giocano con una capra, è probabilmente basato su un bassorilievo di marmo di François Duquesnoy (1597-1643) (Roma, Galleria Doria Pamphilj), famoso scultore fiammingo del XVII secolo che lavorava a Roma.

“E tuttavia, l’enfasi nella posa e nell’espressione della giovinetta potrebbe suggerire un ulteriore significato. (..) I testi dell’epoca indicano che nella lingua tedesca e olandese il termine vogel (uccello) aveva un doppio senso di natura sessuale (..)” (1) con innegabile lettura in chiave comica anche del dipinto.

Anthony van Dyck – Sant’Ambrogio impedisce all’imperatore Teodosio di entrare nella Cattedrale di Milano (1619-20 ca)

All’imperatore Teodosio – in armatura e corona d’alloro – viene impedito di entrare nella Cattedrale di Milano da Sant’Ambrogio vescovo della città. Si dice che il santo avesse bandito Teodosio dalla cattedrale dopo il massacro di una popolazione di abitanti in Tessalonica. Van Dyck ha identificato uno dei compagni di Teodosio come Ruffinus, che per la sua spudorata arroganza Sant’Ambrogio paragona al cane che è ai suoi piedi. Questa immagine è una copia di un’immagine più grande conservata a Vienna, Kunsthistorisches Museum del 1618. Il dipinto fu progettato da Rubens e eseguito nel suo studio, probabilmente dallo stesso Van Dyck nel suo stile “Rubeniano”.
Nella variante costituita da questo quadro “il drappo tramato d’oro brilla e sembra fluttuare sulla superficie della tela, agitato dall’indignazione dell’arcivescovo e dal flusso di energia spirituale di origine divina che pulsa attraverso la sua insostanziale struttura” (1)

Anthony van Dyck – Ritratto equestre di Carlo I (1637-8 ca)

Nel 1625 il re Carlo I (1600 – 1649) successe a suo padre Giacomo I, sul trono di Gran Bretagna e Irlanda. Van Dyck  divenne suo pittore di corte nel 1632 e lo rappresentò in diverse opere che rispecchiano il pensiero del sovrano che si sentiva monarca assoluto, legittimato da Dio.  Questo ritratto probabilmente risale agli anni successivi al periodo inglese di Van Dyck, probabilmente al 1637, poco prima dello scoppio della guerra civile che portò all’esecuzione del re nel 1649. L’opera  raffigura il re a cavallo, alla testa dei suoi, nella sua armatura da parata, con il bastone del comando e con al collo il medaglione del sovrano dell’Ordine della Giarrettiera.  Il magnifico cavallo e i colori smorzati, ma ricchi del panno sulla sella e del valletto che regge l’elmo completano l’eleganza del cavaliere.

Anthony van Dyck – Lord John Stuart e suo fratello, Lord Bernard Stuart (1638 ca)

“All’inizio del 1639 i due fratelli Stuart, cugini del re Carlo I e figli minori del terzo duca di Lennox, intrapresero un viaggio della durata di tre anni nell’Europa continentale. Probabilmente posarono per Van Dyck poco prima della partenza. Sin dal suo arrivo a corte, l’artista aveva sviluppato un nuovo modello ritrattistico: il doppio ritratto come testimonianza d’amicizia, spesso, ma non sempre, tra congiunti. I due fratelli vengono mostrati come in procinto di partire, in attesa, forse, che i servitori portino la carrozza all’ingresso. Entrambi sarebbero morti durante la Guerra Civile, e con il senno di poi l’immagine acquista un più profondo senso di commiato. (..) Le doti compositive di Van Dick sono superate solamente dalla sua impareggiabile abilità nella descrizione pittorica del raso, del merletto e della soffice pelle di capretto.” (1)

Luca Giordano – Perseo pietrifica Fineo e i suoi seguaci (Primi anni del 1680)

“Largo oltre tre metri e mezzo, Perseo pietrifica Fineo e i suoi compagni, il cui soggetto è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (V, 1-235), è la più grande pittura di tema mitologico presente alla National Gallery.
Andromeda era da tempo promessa a Fineo quando venne offerta in sacrificio a un mostro marino. Salvata da Perseo, lo sposò; le nozze furono seguite da un sontuoso banchetto, violentemente interrotto dall’irruzione di Fineo che veniva a reclamare la sposa. Sovrastato numericamente, Perseo fu costretto a ricorrere alla sua arma segreti- la testa della gorgone Medusa, che pietrificava tutti coloro che la guardavano. I
Giordano arditamente illustra il momento della trasformazione di Fineo e dei suoi uomini: essi stanno assumendo un colorito grigio, a partire dalla testa e dalle mani, davanti ai nostri occhi.
Anche se non conoscessimo la storia, non avremmo dubbi nell’identificarne l’eroe. Abbigliato nell’azzurro più puro del dipinto, egli è l’unico personaggio raffigurato frontalmente rispetto all’osservatore (con la sola eccezione di Medusa, la cui orrenda maschera con bocca spalancata contrasta notevolmente con la bella testa dal piglio risoluto di Perseo). La sua posa ha una giustificazione narrativa: Perseo deve distogliere lo sguardo da Medusa per poter restare in vita. Fineo, con un elaborato e fantasioso elmo sul capo, è all’estrema sinistra della tela; lasciando che i suoi compagni gli facciano da scudo nella battaglia, egli dimostra la sua malvagità.” (1)

Frans Hals – Giovane con un teschio (Vanitas), (1626-8)

Questo dipinto non è un ritratto. Il cranio che ha in mano il ragazzo è un ricordo della transienza della vita e della certezza della morte. Tale soggetto è conosciuto come “Vanitas” (nome latino per vanità), derivato da un versetto dell’Antico Testamento (Ecclesiastes 12: 8), “Vanità delle vanità, dice il predicatore, tutto è vanità”. La tradizione olandese di mostrare i ragazzi che detengono teschi è ben consolidata e può essere ricondotta alle incisioni del primo cinquecento. L’abbigliamento esotico ricorda quello usato nei soggetti allegorici e di genere dai seguaci di Utrecht di Caravaggio, i cosiddetti “Caravaggisti”.
Hals era famoso per l’audace spontaneità e libertà della sua pennellata.
“Esami scientifici confermano che il Giovane con un teschio è stato dipinto speditamente e con nerbo. Non vi è alcuna traccia dell’abituale sottopittura. (..) il colore è stato applicato su colore fresco, il contorno del naso è stato ricavato graffiando la pittura ancora fresca, forse con il manico del pennello. Van Gogh, ammiratore ottocentesco di Hals scrisse appassionatamente – Ritengo che un importante insegnamento dei maestri olandesi sia questo: considerare disegno e colore come una cosa sola”

Jan van der Heyden- Veduta del Westerkerk, Amsterdam (Probabilmente 1660)

Questo dipinto è insolitamente grande. Fu commissionato dal collegio amministrativo della Westerkerk, per la sala riunioni della chiesa, dove è rimasto fino al 1864. La data, che appare con una firma sul punto più basso di una delle case a destra, non è chiara ma probabilmente si legge 1660. La chiesa era un edificio relativamente moderno per quel periodo, iniziato nel 1620 in base ai disegni di Hendrick de Keyser e completato nel 1638.(..)
Caratteristica di van der Heyden, che si specializza in vedute della città, è il modo in cui l’immagine è dipinta in ogni minuto dettaglio. Le figure sono state aggiunte più tardi, ed è interessante, data l’attenzione dell’artista ai dettagli, che mancano le ombre e i riflessi nell’acqua.

Meindert Hobbema – Il viale a Middelharnis (1689)

Il dipinto mostra il villaggio e la chiesa di Middelharnis in una provincia dell’Olanda meridionale. La vista è accurata e non è cambiata molto dal XVII secolo. Il progetto di Hobbema, con il viale di alberi che si reca verso il centro dell’immagine, è semplice e allo stesso tempo maestoso. Gli alberi sono impiegati per segnare la rapida recessione dal primo piano allo sfondo, mentre l’estensione del cielo è sottolineata dalla punta degli alberi verso l’alto. Purtroppo la vernice del cielo fu danneggiata durante le pulizie del XIX secolo. La nube a destra è la sezione meglio conservata.Prima del 1660, Hobbema era stato l’allievo di Jacob van Ruisdael. Tuttavia, nel 1689 Hobbema non stava più dipingendo per vivere. Nel 1668 aveva ottenuto un lavoro ben pagato con l’associazione degli importatori di vino di Amsterdam e da allora sembra aver dipinto solo occasionalmente. Il dipinto è infatti una delle poche immagini del periodo.

“Hobbema sfrutta le leggi ottiche che pongono oggettivamente un punto di fuga direttamente di fronte all’occhio dell’osservatore, per attirarci amichevolmente dentro il paesaggio, sul viale alberato che conduce a Middleharnis” (1)

Pieter de Hooch – Il cortile di una casa a Delft (1658)

L’architettura accuratamente osservata ha la precedenza sulle figure del dipinto; la parete del giardino decaduta a destra contrasta con la casa ben conservata a sinistra, dove un passaggio offre una vista oltre la strada.
La lapide sopra la porta era originariamente sopra l’ingresso del chiostro di Hieronymusdale a Delft. Quando il chiostro fu soppresso, questa tavoletta fu rimossa e inserita nel muro di un giardino dietro il canale. L’iscrizione sulla tavoletta recita: “Se intendi seguire la via della pazienza e dell’umiltà, di qui si accede alla valle di S. Girolamo; giacchè deve prima scendere chi vuol salire”. Nel contesto di questa scena l’iscrizione suggerisce che una quieta ed umile esistenza dedicata al servizio domestico conduce al paradiso non meno sicuramente di una più ostentata pratica religiosa”. (1)

Willem Kalf – Natura morta con corno (1653 ca)

Il corno di bufalo con montatura d’argento a guisa di coppa, che si vede in questa natura morta, apparteneva alla gilda degli arcieri di San Sebastiano che faceva parte della guardia cittadina. Esso risale al 1565 ed è conservato oggi nel Museo di Amsterdam. Il corno suggerisce che il dipinto fu commissionato probabilmente da un membro della gilda degli arcieri di Amsterdam.L’artista ha scelto gli oggetti mostrati per il loro magnifico colore e per la loro struttura. Lo scintillio dell’aragosta, la brillantezza del limone, la sottile struttura del tappeto, tutto sta a dimostrare il gioco di luce sulle diverse superfici.

Laurent de La Hyre – Allegoria della grammatica (1650)

Questa improbabile giardiniera rappresenta la Grammatica, e si collega a una serie di personificazioni delle Sette Arti Liberali destinate a ornare una stanza della residenza parigina di Gédéon Tallemant, uno dei consiglieri del re Luigi XIII. Il gruppo delle Arti Liberali era costituito dal trio letterario di Grammatica, Retorica e Dialettica e dal quartetto matematico di Aritmetica, Musica, Geometria e Astronomia. Queste figure erano d’abitudine utilizzate per adornare gli studi e le biblioteche private.(..)
La scritta latina del nastro sul braccio della figura si potrebbe tradurre come ‘Parola distinta ed erudita, correttamente pronunciata’. La funzione della Grammatica nell’ambito delle Arti Liberali non si identificava con l’analisi delle frasi o con l’insegnamento delle coniugazioni, ma consisteva nel garantire una chiara ed efficace comunicazione delle idee.(1)

Caspar Netscher – Una Signora che insegna a leggere un bambino (Probabilmente 1670)

Netscher coglie un contrasto tra l’operosità della ragazza alla quale viene insegnato a leggere e la pigrizia del ragazzo, che preferisce giocare con il cane e con l’osso. Sulla parete alle loro spalle c’è una piccola copia del ‘Serpente di Brazen’ di Rubens. Netscher, ritrattista e pittore di genere, fu addestrato da Gerard ter Borch, ma in seguito il suo stile fu fortemente influenzato da Anthony Van Dyck e i suoi seguaci.

Anthony van Dyck – William Feilding, primo conte di Denbigh (1633-4 ca)

William Feilding (circa 1582-1643), divenne conte di Denbigh nel 1622; fu cognato del preferito reale George Villiers (divenuto duca di Buckingham nel 1623), e fu chiamato a corte sotto il regno di Giacomo I e Carlo I. Morì per alcune ferite ricevute mentre combatteva per Carlo I nella guerra civile.Dal 1631 al 1633 visitò la Persia e l’India; questa immagine fu probabilmente dipinta poco dopo il suo ritorno, e in commemorazione del suo viaggio. Il Conte indossa un indumento di seta indiano  e viene mostrato a caccia con un servo orientale che indica un pappagallo su una palma.

Jan Brueghel il vecchio – L’adorazione dei re (1598)

Oltre ai Re sono presenti anche i pastori all’adorazione di Gesù Bambino. Questa pittura è una esibizione di osservazioni minuziose. I disegni degli artisti e modelli per i dipinti erano spesso tramandati di padre in figlio. Questa è una delle più antiche di una serie di composizioni simili di Jan Brueghel il vecchio.

Pieter Lastman – Giunone scopre Giove con Io (1618)

“Ovidio racconta come Giove, il re degli dei, si sia nuovamente innamorato, questa volta della bella ninfa Io. La sua consorte, Giunone, vede dal cielo la scura coltre di nubi che egli ha sparso per avvolgervi la sua preda e scende sulla terra per indagare. Nel tentativo di trarla in inganno, Giove trasforma Io in giovenca, ma Giunone si fa consegnare l’animale e incarica Argo, mostro dai cento occhi, di sorvegliarla. Su ordine di Giove Mercurio fa addormentare Argo e lo uccide. Giunone ne userà gli occhi per decorare la coda dei suoi pavoni.
Lastman illustra il confronto tra Giove, il mistificatore, e la sospettosa Giunone (Metamorfosi I, 612-16). (..) L’accostamento di una nudità eroica all’espressione colpevole e afflitta nella figura del re degli dei crea un effetto ridicolo. Il marito bistrattato e la moglie dominatrice sono motivi tradizionali nel repertorio iconografico delle stampe umoristiche nordiche e Lastman sembra aver colto l’opportunità per innestare questo tipico genere locale su un racconto di passione adulterina ambientato tra gli dei della mitologia latina.” (1)

Hendrik Goltzius – Giove e Antiope (1612)

Quando iniziò a dipingere intorno al 1600, Hendrik Goltzius era già l’incisore più famoso nei Paesi Bassi e forse in tutta Europa.
Questo lavoro molto sensuale raffigura il dio Giove, travestito da satiro, che seduce la bella Antiope. Lei è addormentata, distesa tra i cuscini lussuosi mentre il dio lussurioso striscia silenziosamente verso il suo letto. Colori vibranti e arditi, con forme scultoree che aumentano la drammaticità della scena.

I fratelli Le Nain – Quattro figure a tavola (1643 ca)

Questa scena contadina è caratterizzata da una malinconica dignità; i colori sono limitati alle tonalità di grigio e marrone in contrasto con il bianco, e il cibo al tavolo non è più abbondante della colorazione. Le figure a destra e a sinistra, forse madre e figlia, sembrano rivolgere direttamente dalla pittura un muto appello. La donna più anziana posa la mano sulla tovaglia, la giovane ha in mano un recipiente di argilla. La composizione si concentra sulla natura morta al centro, costituita dalla brocca, da una ciotola e dal pane che il ragazzo seduto al tavolo si prepara a tagliare.

In precedenza si pensava che il dipinto fosse una delle copie di questa composizione, ma la pulizia e il restauro hanno rivelato che probabilmente è l’originale da cui derivano le copie. Le fotografie ai raggi X mostrano che è dipinta su un ritratto di un uomo barbuto in costume databile intorno al 1620, e che può anche essere il lavoro di uno dei fratelli Le Nain. Il grande colletto del ragazzo nella pittura, però, è del 1640.

Nicolas Poussin – L’adorazione del vitello d’oro (1633-4)

“L’adorazione del vitello d’oro faceva originariamente coppia con la Traversata del Mar Rosso ora a Melbourne. Entrambe le opere illustrano episodi tratti dal libro dell’Esodo dell’Antico Testamento; questo dipinto si riferisce al capitolo 32. Nel deserto del Sinai i figli di Israele, scoraggiati per la prolungata assenza di Mosè, chiesero ad Aronne di creare una divinità che potesse guidarli. Raccolti quindi tutti gli orecchini d’oro, Aronne li fece fondere nella forma di un vitello, che essi cominciarono ad adorare. Sullo sfondo, a sinistra, Mosè e Giosuè discendono dal Monte Sinai con le tavole dei Dieci Comandamenti. Udendo i canti e vedendo ‘il vitello e le danze … si accese l’ira di Mosè:
egli scagliò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi della montagna.’ L’alta figura barbuta in bianco è Aronne che ‘proclama’ la festa imminente in onore del falso idolo.
Si dice che Poussin abbia plasmato figurine d’argilla da usare come modelli, storia che parrebbe confermata dai danzatori in primo piano. Essi sono l’immagine speculare di un gruppo di ninfe e di satiri che compare nel Baccanale dipinto precedentemente dall’artista ed anch’esso esposto nella Galleria. In un paesaggio maestoso, eseguito con i colori accesi che Poussin aveva appreso dal Tiziano, davanti a un gigantesco idolo d’oro più simile a un toro che a un vitello (e certamente frutto di molti orecchini), gaudenti Israeliti rendono omaggio alla potenza della visione poussiniana dell’antichità.” (1)

Nicolas Poussin – Trionfo di Pan (1636)

Questa rappresentazione di una mitica celebrazione mostra ninfee e satiri che si rivelano davanti a una statua di Pan, il dio dei boschi e dei campi, che si presenta col solo busto senza braccia, e il volto cornuto cosparso del succo rosso estratto dai fusti di edera bolliti. L’identità di Pan in questo lavoro può essere stata combinata con quella di Priapo, divinità fallica della fertilità, protettore dei giardini. Entrambi sono associati alla fertilità e ai riti Bacchici. Il dipinto contiene numerosi riferimenti letterari e visivi; gli strumenti in gioco, il cervo sacrificale e i puntelli in primo piano sono tutti attributi di Pan e Priapo o sono collegati a tali riti. Questi includono flauti, maschere teatrali (commedia, tragedia e satira).
“Un mondo di fantasmagorìe pagane si anima in tutto il suo fascino crudele e seducente davanti a noi, senza neppure un’ombra di anacronistico moralismo”. (1)
Questa tela fu commissionata dal Cardinale de Richelieu e spedita da Roma a Parigi nel maggio 1636.

Nicolas Poussin – Il ritrovamento di Mosè (1651)

Per sfuggire all’ordine del Faraone di uccidere tutti i bambini israeliti, Mosè fu messo dalla madre in un “cestino di papiro” e affidato alle acque del Nilo. Qui viene scoperto dalla figlia del faraone generosa ed autorevole (in giallo), e dalle altre fanciulle che l’assistono. La figura più umile, dietro la testa di Mosè, potrebbe essere la sorella Miriam (in bianco), che culla il bambino.
“L’immagine è solenne e gioiosa allo stesso tempo, come si addice a una scena in cui un bambino e, attraverso lui, un intero popolo viene salvato” (1)

Rembrandt – Giovane donna al bagno in un ruscello (1654)

La modella è probabilmente Hendrickje Stoffels (circa 1625/6 – 1663). Ha vissuto nella casa di Rembrandt dal 1649 fino alla sua morte. È diventata sua moglie e gli ha portato una figlia, Cornelia, battezzata il 30 ottobre 1654 (anno di questo dipinto).

È stato suggerito che la sontuosa veste rossa sulla riva del fiume indicasse che il dipinto potrebbe essere uno schizzo per un quadro religioso o mitologico; la modella potrebbe avere l’aspetto di una eroina del Vecchio Testamento, come Susanna, Betsabea o Diana, che furono tutte spiate dagli uomini durante il bagno. Tuttavia, non c’è alcuna prova di una pittura completata dopo questo lavoro e, inoltre, Rembrandt non usava schizzi ad olio per la preparazione di dipinti.

La manipolazione della vernice è insolitamente spontanea. L’immagine appare incompiuta in alcune parti, ad esempio, nell’ombra sull’orlo della camicia sollevata, del braccio destro e della spalla sinistra, ma era chiaramente finita per Rembrandt nel momento in cui la firmò e datò.

Rembrandt – Autoritratto all’età di trentaquattro anni (1640)

Questo autoritratto è strettamente legato ad un’acquaforte  eseguita da Rembrandt nell’anno precedente, il 1639. La composizione sia della stampa che del dipinto è stata influenzata da altri ritratti del passato quali il  Ritratto di Baldassare Castiglione di Raffaello, oggi al Louvre, o il Ritratto di Gerolamo Barbarigo di Tiziano, anch’esso conservato alla National Gallery di Londra. o l’Autoritratto  di Albrecht Dürer, esposto al Prado di Madrid. Rembrandt, riferendosi deliberatamente ai suoi celebri predecessori, sembra volersi porre come continuatore della grande tradizione dei vecchi maestri. Il ritratto ci mostra un Rembrandt a 34 anni, al culmine della sua carriera, in posa fiera e sicura, con indosso una giacca  di velluto nera foderata di pelliccia che lascia intravedere una camicia finemente ricamata secondo la moda del XVI secolo.

 L’opera ha subito un danno visibile a occhio nudo e presenta  un leggero infossamento e raggrinzimento della superficie dovuto al trasferimento degli strati di pittura dalla tela originaria a una nuova tela. E’ stata acquistata dalla Galleria nel 1861.

Rembrandt – Il festino di Baldassar (1636-8 ca)

La fonte di Rembrandt per questa pittura è l’Antico Testamento di Daniele (5: 1-6, 25-8), che racconta di un banchetto che Baldassar, re di Babilonia, diede per i suoi nobili. A questo banchetto aveva, in maniera blasfema, servito il vino nei vasi sacri che uno dei suoi predecessori aveva saccheggiato dal Tempio di Gerusalemme.

Rembrandt mostra il momento in cui appariva una mano divina che scriveva sul muro una frase che solo Daniel poteva decifrare. Quando la scritta venne trascritta si leggeva: MENE, MENE, TEKEL, UPHARSIN. Questa è l’interpretazione: “Dio ha numerato i giorni del tuo regno e lo ha portato alla fine; sei stato vagliato nei bilanci e trovato desiderato; Il tuo regno sarà dato a Medi e Persiani ». Quella stessa notte Baldassar fu ucciso.

Salvator Rosa – Filosofia (1645)

Il dipinto mostra un carattere apertamente impegnativo e meditativo, sottolineato dall’iscrizione latina sulla pietra, in basso a sinistra, sotto la mano destra del pittore: “Taci se le tue parole non sono migliori del silenzio”. Nella composizione e nella sua triste colorazione il ritratto ricorda le rappresentazioni di mezza lunghezza della filosofia che Ribera aveva popolato a Napoli.

Salvator Rosa – Streghe e loro Incantesimi (1646 ca)

Le scene dell’occulto erano rare, anche se non sconosciute, nell’Italia del XVII secolo. Durante i suoi anni a Firenze (1640-9) Rosa ha prodotto una serie di scene di stregoneria, delle quali questa pittura (firmata) è il più ambizioso esempio sopravvissuto.

Potrebbe essere il quadro indicato in una lettera di Rosa del 1666, come  uno dei suoi migliori, dipinto venti anni prima;  ed è probabilmente contemporaneo con una delle poesie di Rosa intitolata “La strega”.
Gli incantesimi vengono fatti al centro, sotto il corpo di  un uomo impiccato ad un albero appassito.

Il primo piano fortemente illuminato è in contrasto con il paesaggio notturno dietro.

Peter Paul Rubens – Minerva protegge Pax da Marte (Guerra e Pace), (1629-302)

Il dipinto fu probabilmente eseguito in Inghilterra nel 1629-30, illustrando le speranze di Rubens per la pace che stava cercando di negoziare tra l’Inghilterra e la Spagna nel suo ruolo di inviato a Filippo IV di Spagna. Rubens ha presentato il lavoro finito a Carlo I d’Inghilterra come regalo.

La figura centrale rappresenta Pax (Pace) nella persona di Cerere, dea della terra, che condivide la sua bontà con il gruppo di figure in primo piano. I bambini sono stati identificati come ritratti dei figli dell’ospite di Rubens, Sir Balthasar Gerbier, pittore-diplomatico al servizio di Carlo I.

A destra di Pax è Minerva, dea della sapienza. Spinge via Marte, il dio della guerra, e Alecto, la furia che lo accompagna. Un Cupido alato e Imeneo, dio del matrimonio, portano i figli (frutto del matrimonio) ad una cornucopia, o corno dell’abbondanza. Il satiro e il leopardo fanno parte dell’entourage di Bacco, altro dio della fertilità. Due ninfe o menadi si avvicinano da sinistra, una porta ricchezze, l’altra danza con un tamburello. Un putto stringe una corona d’olivo, simbolo di pace e il caduceo di Mercurio, messaggero degli dei.

Peter Paul Rubens – Paesaggio autunnale con veduta di Het Steen di prima mattina (1636)

Nel 1635 Rubens acquistò la casa padronale di Het Steen nei pressi di Malines, non lontano da Anversa, dove godette il piacere di essere membro dell’aristocrazia negli ultimi cinque anni della sua vita.

La sua pittura del maniero e del paesaggio circostante mostra una scena autunnale con luminosa luce invernale e piante autunnali. La vista è a nord ed è mattina. Il sole che sorge accende la parte anteriore della casa mentre il carretto parte per il mercato, ed un cacciatore di pernici procede altezzoso in primo piano.

In maniera tipica per Rubens, la composizione cresce mentre il lavoro procede. Il pannello ha non meno di diciassette pezzi diversi e probabilmente è iniziato come un piccolo paesaggio con tre soli pannelli centrali.
“Ora possiamo anche notare il ricorso di Rubens a un’antica convenzione fiamminga: la divisione della tavola pittorica in tre bande orizzontali per suggerire la prospettiva aerea; la più bassa, in corrispondenza del primo piano, di colore bruno con accenti di rosso, la seconda verde e la terza azzurra. Se il signore di Steen dominava soltanto sulle sue proprietà, il pittore è signore di tutto ciò che il suo pennello porta davanti ai nostri occhi” (1)

Rubens soffriva di gotta e aveva difficoltà a tenere una spazzola nel momento in cui questo lavoro fu dipinto. Nonostante la mano inevitabilmente malferma, questo è uno dei grandi paesaggi del XVII secolo.

Peter Paul Rubens – Ritratto di Susanna Lunden (?) (Il cappello di paglia), (Probabilmente 1622-5) 

Il ritratto è probabilmente di Susanna Lunden, nata Susanna Fourment, terza figlia di Daniel Fourment, un mercante di seta e arazzi in Anversa. La sua sorella minore Helena diventò la seconda moglie di Rubens nel 1630. Susanna Fourment sposò il suo secondo marito Arnold Lunden nel 1622. Il ritratto probabilmente risale a quel tempo. Lo sguardo diretto della modella sotto l’ombra del cappello, insieme all’anello al suo dito, suggeriscono che il dipinto è un ritratto di matrimonio.

“Rubens aveva la straordinaria capacità di dare un’aria vivace e intelligente ai modelli femminili dotati di bellezza e di fascino. Solitamente ne ingrandiva gli occhi e accentuava il colore scuro dell’iride. Qui i riflessi negli occhi di Susanna rendono il suo sguardo brillante ed espressivo; e tuttavia, benchè le labbra siano dischiuse in un caldo e fiducioso sorriso, esso sfugge il contatto diretto con il nostro. Il suo viso, colto in un attimo di esitazione tra riservatezza e spontaneità, assume così un aspetto magnificamente vitale.” (1)

Peter Paul Rubens – Sansone e Dalila (1609-10 ca) 

Sansone, eroe ebraico dalla forza prodigiosa, si innamorò di Dalila. Questa corrotta dai Filistei, nemici di Davide, riuscì dopo una notte d’amore a scoprire che la forza gli veniva dai capelli che non erano mai stati tagliati e, mentre lui  giaceva addormentato, glieli fece radere dal capo. Sansone venne così privato delle forze e i Filistei riuscirono a catturarlo. (Antico Testamento, Giudici 16: 17-20). Rubens raffigura un interno a lume di candela con i Filistei che aspettano vicino alla porta, mentre un barbiere taglia i capelli di Sansone e una donna anziana gli fa luce. In una nicchia dietro di loro c’è una statua della dea dell’amore, Venere, con Cupido con un riferimento alla causa del destino di Sansone: la caduta di un uomo a causa del suo desiderio per una donna è stato un soggetto molto frequente nell’arte cinquecentesca dei Paesi Bassi. La figura muscolosa di Sansone è improntata alla scultura antica e a modelli michelangioleschi e anche la posa di Dalila replica specularmente, quella della Leda e della Notte di Michelangelo. Per i seni di Dalila, Rubens si rifa ai marmi romani, ma  dipingendo le forme della donna con una rara sensualità. Nell’ambigua espressione di Dalila si combinano sensualità, trionfo e pietà.

Questo sontuoso dipinto fu commissionato da Nicolaas Rockox, consigliere comunale di Anversa, per la sua casa in città nel 1609-10.  Esistono due disegni preparatori dell’opera nella collezione privata van Regleren-Altena di Amsterdam e un bozzetto  nel Cincinnati Art Museum. È stato acquistato dalla Galleria nel 1980.

Bottega di Peter Paul Rubens – Ritratto dell’Infanta Isabella (1615 ca)

Isabella Clara Eugenia (1566 – 1633), Arciduchessa d’Austria, era figlia di Filippo II di Spagna, da cui fu fatta Sovrana delle Diciassette Provincie dei Paesi Bassi congiuntamente con il marito, l’Arciduca Albert, nel 1598.
Un “Ritratto dell’Arciduca Albert” fà pendant con questo lavoro. Rubens è stato pittore alla corte di Isabella e Albert e divenne consigliere fidato dell’Infanta dopo la morte del marito nel 1621.

Bottega di Peter Paul Rubens – Ritratto dell’Arciduca Albert (1615 ca)

L’Arciduca Albert d’Austria (1559 – 1621) fu nominato governatore dei Paesi Bassi nel 1595 e dal 1598 divenne sovrano delle diciassette province congiuntamente con la moglie l’Infanta Isabella. Rubens è stato nominato pittore di corte nel 1609, ma continuò a vivere a Bruxelles.

Jacob Jordaens – Ritratto di Govaert van Surpele (?) e sua moglie (1636-8)

Govaert van Surpele era nativo di Diest nel Brabant meridionale, dove tenne la carica di presidente de la Loi nel 1636/7, oltre ad essere membro di tre milizie locali. Sposò la prima moglie Catharina Cools, che morì nel 1629, e poi nel 1636 in seconde nozze Catharina Coninckz. Il dipinto, che mostra in evidenza le braccia di van Surpele (centro superiore), risale probabilmente all’epoca del secondo matrimonio di Govaert.La composizione è stata originariamente progettata come un ritratto di tre quarti di lunghezza. Nella pittura finale le figure sostanziose, mostrate in piena lunghezza, hanno una presenza dominante, mentre una nota domestica è rappresentata dal cane che si accovaccia sul pavimento.

Mattia Preti – Le nozze di Cana (1655-60)

Il soggetto, tratto dal Nuovo Testamento (Giovanni 2), è la scena del primo miracolo di Cristo, quando ha trasformato l’acqua in vino alla festa di nozze a Cana. Cristo è seduto a destra; accanto a lui è sua madre, Maria, che aveva detto ai servi di soddisfare ogni richiesta di Gesù. Cristo chiese sei orci pieni di acqua e, una volta assaggiata, diventò vino della migliore qualità.
Preti fu molto influenzato dal Veronese che spesso ha dipinto immagini di feste. Questa probabilmente risale poco prima del 1660.

Michelangelo Merisi da Caravaggio – Salomè riceve la testa di Giovanni Battista (1609-10 ca)

Il soggetto è tratto dal Nuovo Testamento (Marco 6). Salomè aveva ballato così bene per il re Erode che era certa avrebbe accolto ogni sua richiesta. Sua madre, Erodiada, che voleva vendicarsi di Giovanni Battista, persuase Salomè a chiederne la testa.
Questo è un lavoro tardivo dell’artista, probabilmente dipinto alla fine della sua vita, forse a Napoli dove risiedette dal 1609 al 1610.

Diego Velázquez – Cristo contemplato dall’anima cristiana (Probabilmente 1628-9)

Cristo viene mostrato dopo la flagellazione, legato con le mani alla colonna. Gli strumenti di flagellazione si trovano davanti a lui, nel primo piano della composizione. A destra, all’offerta dell’Angelo Guardiano, l’anima cristiana, personificata da un bambino inginocchiato, contempla la sofferenza di Cristo.
Questo soggetto è stato raramente dipinto. La figura di Cristo riflette la pittura italiana, in particolare bolognese, che Velázquez avrebbe conosciuto dai lavori della Royal Collection di Madrid. Lo stile e la colorazione dell’immagine suggeriscono una data prima della visita dell’artista in Italia (1629-31).

Diego Velázquez – San Giovanni Evangelista sull’isola di Patmos (1618 ca)

San Giovanni Evangelista è mostrato mentre scrive il Libro della Rivelazione, tomo finale del Nuovo Testamento, con il suo simbolo, un’aquila, al suo fianco.
San Giovanni affronta la sua visione della Donna dell’Apocalisse (Apocalisse 12), che è stata la fonte ispiratrice di gran parte delle immagini associate all’Immacolata Concezione. Questo fornisce il legame tematico tra questo lavoro e il pezzo che lo accompagna, “L’Immacolata Concezione”.

Diego Velázquez – Immacolata Concezione (1618-1619)

Con il dipinto che l’accompagna “San Giovanni sull’isola di Patmos” questa è una delle prime opere conosciute di Velázquez. È anche un primo esempio di raffigurazione nell’arte spagnola dell’Immacolata Concezione. Qui appare come in una visione, in piedi sulla luna e con una corona di stelle. L’immagine riviene dal Nuovo Testamento (Apocalisse 12: 1-4 e 14) in cui l’autore, San Giovanni Evangelista, ha la visione di una donna nel firmamento che regge un figlio e viene attaccata da un drago. Nella pittura associata, ‘San Giovanni sull’isola di Patmos’, Velázquez raffigura San Giovanni che cerca la donna della sua visione.Entrambi i dipinti sono stati visti per la prima volta appesi in un convento carmelitano a Siviglia. I Carmelitani erano particolarmente devoti alla dottrina dell’Immacolata Concezione.

Pieter Saenredam – L’interno del Buurkerk a Utrecht (1644)

Questo dipinto mostra l’interno del Buurkerk (in origine la chiesa parrocchiale) a Utrecht dalla porta sul lato nord che guarda a sud-ovest. La struttura sopravvissuta è per lo più dei secoli quattordicesimo e quindicesimo; le colonne multiple sono resti dell’edificio del XIII secolo.
Saenredam, in contrasto con alcuni altri pittori architettonici olandesi, ha sempre cercato di essere fedele alla realtà nella rappresentazione degli interni della chiesa. Abitualmente lavorava con disegni accuratamente misurati e prodotti nella chiesa stessa. Un disegno di Saenredam conservato negli archivi comunali di Utrecht, datato 16 agosto 1636, mostra l’interno di questa chiesa dallo stesso punto di vista, e questa pittura corrisponde alla sua metà destra.

Il disegno sopra l’iscrizione che riporta il nome della chiesa, data e firma dell’artista, rappresenta un episodio della famosa storia del XIII secolo dei quattro figli di Aymon della Dordogna. Essi sono mostrati che fuggono sul loro cavallo magico Bayard, dopo che uno di loro aveva ucciso il nipote di Carlo Magno.

Anonimo pittore fiammingo – Conoscenti in una sala con quadri appesi (1620 ca)
Questo dipinto appartiene a un genere che mostra collezionisti e visitatori in ambienti reali o immaginari che furono prodotti nelle Fiandre del XVII secolo. Questo esempio fu probabilmente dipinto nel 1620. Potrebbe essere il lavoro di due pittori, uno responsabile delle figure e l’altro dell’interno, probabilmente immaginario, anche se mostra oggetti reali di proprietà di collezionisti. La grande stampa sul tavolo è ‘Cerere derisa dai contadini’; nel foglio aperto sono le stampe di Dürer e Lucas van Leyden. I quadri sul muro sono quasi tutti di artisti di Anversa del XVI e XVII secolo e comprendono opere di Joachim Beuckelaer, di Joos de Momper, di Jan Brueghel il vecchio e di Frans Francken.

Hendrick van Steenwyck il giovane e Jan Brueghel il vecchio – L’interno di una chiesa gotica rivolta ad est (1615)

L’edificio non è stato identificato. Un corteo di battesimanti entra da destra. Superandoli si vede un sacerdote che celebra la Messa e un corteo funebre che si avvicina all’altare maggiore. I dipinti appesi in chiesa rappresentano la “Passeggiata a Emmaus” e “Cristo con la Donna di Samaria”.

L’architettura è stata dipinta da Steenwyck, ma i personaggi sono probabilmente di Jan Brueghel il vecchio

Dirck van Delen – Una fantasia architettonica (1634)

La fontana in primo piano è sormontata da una statua di Ercole che combatte Hydra. Due delle altre statue possono rappresentare Mercurio e Minerva. Le figure eleganti sono di un altro pittore, forse Jan Olis (circa 1610 – 1676) o Anthonie Palamedesz (1601-1673). Questo tipo di pittura finemente eseguito, che rappresenta un immaginario scenario architettonico, attentamente costruito secondo regole di prospettiva e popolato da persone molto eleganti, è stato probabilmente dipinto per aristocratici legati alla Corte d’Orange nei Paesi Bassi. Van Delen ha dipinto l’architettura immaginaria, in uno stile influenzato da quello di Hendrick van Steenwyck, il giovane (morto nel 1649).

Bartholomeo van Bassen – Interno di St Cunerakerk, Rhenen (1638)

Si tratta di una vista dell’estremità occidentale della St Cunerakerk, la cappella del tribunale Federico V del Palatinato, re di Boemia.
È uno dei pochi dipinti di Van Bassen che rappresentano accuratamente un edificio effettivo (anche se Van Bassen ha apportato alcune modifiche e ha inventato alcuni elementi dell’architettura e degli arredi della chiesa).
Van Bassen, attivo a Delft e l’Aia era anche un architetto, ha dipinto soprattutto interni immaginari di chiese e palazzi, spesso con figure di altri artisti. Nonostante i suoi cambiamenti nella chiesa, l’identificazione del sito può essere confermata confrontando il lavoro con i disegni della St Cunerakerk fatta da Pieter Saenredam nel 1644.

Pieter Saenredam – L’interno della Grote Kerk a Haarlem (1636-7)

Questo dipinto è un lavoro relativamente precoce, risalente al 1637; Saenredam ha fatto un disegno preliminare, datato 29 maggio 1636, e un cartone, di cui la parte sinistra sopravvive. Sul cartoncino Saenredam menziona che il dipinto è stato finito nel 1637.

Questa vista mostra l’interno della Grote Kerk visto dal lato nord del coro, un po ad est del transetto nord. Saenredam ha alterato sottilmente la prospettiva per creare effetti di maggiore spaziosità e luminosità, ad es. Nel cartone le colonne del coro, in primo piano, sembrano più alte di quelle che sono in realtà. La chiesa è rappresentata anche in due dipinti della collezione di Gerrit Berckheyde: “Il mercato e la Grote Kerk a Haarlem” e “L’interno della Grote Kerk, Haarlem”.

Saenredam è stato uno dei più famosi pittori architettonici olandesi ed è diventato noto per la sua sottile manipolazione della luce che si esibisce tra diverse forme architettoniche e pareti bianche.

Jan Steen – Effetti dell’intemperanza (1663-5 ca)

Uno dei numerosi artisti olandesi del Seicento a rimanere fedeli al cattolicesimo, Steen è un moralista che si serve dei proverbi, del teatro popolare e dei costumi conviviali, per stigmatizzare con ironia la ‘commedia umana’: persone come noi che non si comportamo come dovrebbero.
La donna sulla sinistra è la più biasimevole delle creature, una massaia e madre olandese che non educa i propri figli alla virtù. Essa è sprofondata nel sonno dell’ubriachezza, e la pipa di terracotta le scivola dalla mano. Mentre il piccolo braciere accanto a lei minaccia di appiccare il fuoco alla sua veste, il bambino le fruga nella tasca. La cesta che pende sopra il suo capo prefigura il futuro di coloro che crescono senza la salda guida dei genitori: essa contiene la gruccia e la raganella del mendicante e la verga delle pene giudiziarie. Un altro bambino illustra un proverbio olandese gettando rose (noi diremmo ‘perle’) ai porci, mentre il trio sulla destra spreca un buon pasticcio di carne dandolo da mangiare a un gatto. Il pappagallo, mimo del comportamento umano, beve il vino che gli viene offerto dalla domestica, lussuosamente abbigliata quanto la padrona e quasi altrettanto ubriaca, mentre nel recesso ombroso che si intravede in secondo piano un uomo, forse il padre di famiglia, si intrattiene piacevolmente con una prosperosa fanciulla. Il vino, si sa, gioca brutti scherzi.

Jan Jansz Treck – Natura morta (Vanitas), 1648

Questo dipinto appartiene alla categoria delle nature morte con oggetti che fanno riflettere l’osservatore sull’inevitabilità della morte e sulla conseguente insensatezza di ogni ambizione umana. Essi comprendono un teschio avvolto nella paglia, una clessidra, strumenti musicali (un flauto, una violetta e un fiocco), una scatola di lacca nera e una brocca di gres di Rhenish (entrambi i collezionisti), un libro di musica e un disegno, una conchiglia e una cannuccia utilizzata per soffiare bolle e l’elmo di un’armatura. Tutti questi oggetti invitano l’osservatore a riflettere sull’ineluttabilità della morte e la futilità delle ambizioni mondane. La pagina con il titolo del dramma teatrale di Theodore Rodenburgh (circa 1578-1644), pubblicato a Amsterdam nel 1618, può essere tradotto con “il male è premio a sè stesso”.

Diego Velázquez – Filippo IV di Spagna in marrone e argento (1631-2 ca)

L’inusuale splendore dell’abito del re suggerisce che questo lavoro sia stato fatto per un’occasione particolare, in quanto di solito è raffigurato in abiti scuri. Fu il primo ritratto del sovrano eseguito da Velasquez successivamente al suo ritorno dall’Italia nel 1631. È uno dei pochi dipinti firmati dall’artista e il principale ritratto del re di quel periodo.
Filippo porta l’Ordine del Vello d’oro appeso ad una catena d’oro e un rigido colletto bianco, la golilla, che aveva sostituito per legge la più elaborata gorgiera crespata.

Diego Velázquez – Cristo nella Casa di Marta e Maria (Probabilmente 1618)

La storia di Cristo nella casa di Marta e Maria è presa dal Nuovo Testamento (Luca 10), ed è vista qui attraverso un’apertura nel muro. Quando Marta si lamentava con Cristo di essere stata lasciata a servire il pasto da sola, mentre Maria se ne stava ad ascoltare, , Cristo ha risposto: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose, ma una sola è la cosa necessaria. Maria si è scelta la parte migliore…”.
Il rapporto tra il primo piano e lo sfondo non è chiaro! La giovane donna imbronciata, con le mani arrossate che lavora con il pestello nel mortaio potrebbe essere Marta oppure una cuoca che viene esortata a svolgere bene il suo compito.
Ma tutto diventa occasione per rappresentare in maniera sublime “l’argentea viscidità del pesce, il pesante bagliore dell’ottone, il denso smalto brillante, scheggiato, sulla terracotta, la sottile pellicola cartacea che avvolge l’aglio, la più densa rugosa secchezza del peperoncino, i riflessi della superficie convessa del cucchiaio di peltro” (1)

Diego Velázquez – Venere allo specchio (Venere di Rokeby), 1647-51

Questo è l’unico esempio che sia sopravvissuto di una donna nuda di Velázquez. Il soggetto era raro in Spagna perché incontrava la disapprovazione della Chiesa.Venere, la dea dell’Amore, era la più bella delle dee e fu considerata una personificazione della bellezza femminile. Viene mostrata qui con Cupido, che le tiene lo specchio in cui lei guarda sia la sua immagine riflessa che quella dello spettatore. Troviamo documentazione del dipinto per la prima volta nel giugno del 1651 nella collezione del Marchese del Carpio, figlio del primo ministro spagnolo. Probabilmente fu eseguita per i Marqués e conservata in privato, evitando così la censura dell’Inquisizione spagnola. La Venere con lo specchio è conosciuta anche come Venere di Rokeby perché fu nella collezione Morritt a Rokeby Park, ora nella contea di Durham, prima della sua acquisizione da parte della National Gallery.

Francisco de Zurbarán – Santa Margherita di Antiochia (1630-4)

La maggior parte dei quadri di Zurbarán riguardanti le sante sono stati commissionati come serie e eseguiti in gran parte da assistenti. Nel 1647 ricevette un ordine per ventiquattro tele di Sante Vergini per Lima e nel 1649 uno per quindici tele destinate a Buenos Aires. La sua pittura di Santa Margherita, probabilmente dell’inizio o della metà del 1630, è inusuale essendo un lavoro autografo e apparentemente non di serie. La santa era una vergine martire di Antiochia del IV secolo.

“Secondo la leggenda, il demonio era apparso alla santa sotto forma di drago mentre era in prigione per essersi rifiutata di sposarsi, giacchè si era consacrata a Cristo. Quando il drago la minacciò, Margherita si fece il segno della croce sul petto; e quando l’ebbe mangiata, la croce crebbe sempre di più fino a squarciare il ventre dell’animale dal quale la santa potè quindi uscire illesa. Più tardi morì decapitata, ma in memoria di questa temporanea liberazione Margherita viene invocata come protettrice delle donne durante il parto.”

Qui la vediamo vestita da pastore (sebbene erudita, severa e particolarmente curata nell’aspetto), perchè secondo la tradizione la santa aveva anche custodito le pecore della sua nutrice. Al suo braccio sinistro pendono delle alforias tessute in lana, caratteristiche bisacce spagnole, mentre nella mano destra Margherita stringe un bastone da pastore con impugnatura metallica.” (1) Tutti i dettagli del costume sono studiati dal vero.

Francisco de Zurbarán – Una tazza di acqua e una Rosa (1630 ca) 

Il dipinto mostra una delicata tazza di ceramica bianca, forse di manifattura sivigliana, riempita d’acqua quasi fino all’orlo. Poggia su un piatto d’argento del tipo fabbricato vicino alle miniere d’argento in Perù. Una rosa di colore rosa, che probabilmente in origine aveva sfumature rossastre ora sbiadite, poggia sull’ampio bordo del piatto, riflettendovisi. Questi oggetti sono illustrati a grandezza naturale, isolati su uno scaffale di legno un tavolo, contro uno sfondo scuro che non è nè parete nè vuoto, e avvicinati alla superficie del dipinto e conseguentemente allo spettatore.
La luce li inonda dal margine superiore sinistro, gettando ombre e creando zone lumeggiate e riflessi sulle diverse superfici; e certamente il dolce lucore dell’acqua nella tazza è la cosa maggiormente degna di nota.

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Vermeer e la Musica del ‘600 alla National Gallery di Londra

Per i commenti alle opere ci si è avvalsi delle didascalie della National Gallery a questo link – https://www.nationalgallery.org.uk/

per il resto: (1) Erika Langmuir, The National Gallery – Piccola Guida. Printing Express Ltd. Hong Kong

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