Museo Diocesano di Ostuni 5^ sezione – La statua ‘da vestire’ della Madonna del Rosario

 Testi e didascalie di Teodoro De Giorgio – Storico dell’arte e curatore scientifico del Museo

Il Museo Diocesano di Ostuni è situato al piano terra dell’antico Palazzo dell’Episcopio, che in passato ha ospitato i Vescovi della ‘Città Bianca’. Inaugurato nell’agosto 2017, il museo è stato concepito per ospitare le opere d’arte provenienti dal Tesoro del Capitolo della Concattedrale, dalla Collezione Archeologica Capitolare e dalle locali chiese e dai monasteri di suore benedettine e carmelitane, già esistente nel 1519 il primo, il secondo fondato nel 1730.

Uno dei tesori di questo museo (sala 5) è senz’altro la singolare statua snodata ‘da vestire’ della  Madonna del Rosario, oggetto di antico culto nella città di Ostuni.

Nella tradizione culturale cattolica esiste una particolare tipologia di statua lignea, per lo più snodabile (e per questo detta ‘viva’), che veniva vestita con abiti reali come fosse una persona in carne e ossa, acconciata con capelli veri e ingioiellata. La delicata operazione della vestizione era riservata a uno strettissimo numero di persone, in prevalenza madri e figlie, che per tutto l’anno si prendevano cura delle statue.

Precisa funzione della statua ‘viva’, nel corso della sua lunga esistenza, era di fungere da potente attrattore devozionale, in grado di attirare gli sguardi della moltitudine dei fedeli nel giorno della festa del santo o durante specifiche situazioni, come carestie, siccità o epidemie. In queste statue tradizione, devozione, arte, cultura, politica e lusso si fondevano in un tutto unico, che testimonia ancora oggi della loro grande valenza antropologica.

All’inizio del Novecento, per ordine espresso di papa Pio X (1903 – 1914), queste statue caddero in disuso e vennero abbandonate nei depositi (condannandole a un triste destino) o, ancor peggio, distrutte. L’accusa era di essere indecorose e inadatte alla liturgia della chiesa. Oggi sappiamo che nel 1888 la Congregazione dei Riti non aveva proibito questa tipologia di sculture, a patto che non avessero “nulla di indecente nè di profano”, riprendendo quanto formulato dal Concilio di Trento (1545 – 1563), ovvero che “non siano ornate in modo appariscente e provocante”. Resta il fatto che molte di queste statue ancora oggi continuano ad essere venerate ed è loro riconosciuto, sul piano scientifico, grande valore artistico, culturale e antropologico.

La statua della santa Vergine, realizzata nella metà del Settecento  da ignoto scultore meridionale, è in legno policromo,  ha dimensioni naturali (cm 138,5 x 52) e proviene dai depositi dell’Episcopio di Ostuni dove era conservata.

Il busto e gli arti sono snodabili per assumere le più svariate posture e per facilitarne la vestizione. La sua grande qualità artistica emerge dalle forme armoniche del corpo, dagli snodi precisi, dalla naturalezza e dall’eleganza dei lineamenti fisionomici, dalla delicatezza e dalla luminosità della carnagione (quasi porcellanata, secondo il gusto settecentesco) e dalla descrizione meticolosa dei particolari, come le labbra, la dentatura appena percepibile, le gote, le sopracciglia, gli occhi, la capigliatura, i seni compressi, le clavicole, le mani, le raffinate calzette e le pantofole.

Per una precisa scelta curatoriale la statua, di recente restaurata, è mostrata svestita allo scopo di permettere al visitatore di ammirare tutta la sua bellezza artistica e di cogliere la complessità dei suoi snodi.

Nel rispetto della sua iconografia liturgica, alla statua venivano fatti indossare preziosi indumenti, che potevano cambiare in funzione delle diverse celebrazioni o delle processioni.

Tra pollice e indice delle due mani si distinguono due grani di rosario, i cui fori permettono di farvi passare le corone da appendere al termine della vestizione, mentre i fori ai lobi delle orecchie permettono di fissarvi brillanti orecchini.

 

Nell’insieme l’opera è considerata dagli esperti tra le migliori realizzazioni italiane del Settecento dell’intera area meridionale. Nelle sale del museo è inoltre possibile visionare  un apposito filmato che illustra la vestizione di questa particolare tipologia di statue e aiuterà certamente a comprendere la natura antropologica e socio-culturale di questo fenomeno. Infatti, la cura e la vestizione – così come avveniva per la toletta e la vestizione di re e regine – era competenza esclusiva di uno strettissimo numero di persone, in prevalenza pie donne (spesso madri e figlie), che nel corso dell’anno le accudivano con tutte le loro premure e si prendevano cura dei loro abiti. Il video in sala documenta questa pia tradizione, tuttora viva; mostra una madre e una figlia impegnate nella vestizione delle statue snodabili della Madonna di Verdello (Bergamo).

 

Autore di testi e didascalie Dr. Teodoro De Giorgio – Storico dell’arte e curatore scientifico del Museo

Museo Diocesano di Ostuni 1^ sezione – Fondo archeologico capitolare 
Museo Diocesano di Ostuni 2^ sezione – Paramenti e argenti sacri 
Museo Diocesano di Ostuni 3^ Sezione – Crocifisso anatomico, Giardino dei Vescovi e Cortile
Museo Diocesano di Ostuni 4^ Sezione – La Pinacoteca
Museo Diocesano di Ostuni 5^ sezione – La statua ‘da vestire’ della Madonna del Rosario
Museo Diocesano di Ostuni 6^ Sezione – La memoria di Ostuni. Libri ed ex voto

Si ringrazia l’amico Mario Carlucci per la collaborazione e Teodoro De Giorgio, Storico dell’arte e curatore scientifico del Museo, che ci ha accompagnati nella visita.

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