Pompeo Azzolino, eroe brindisino

Pompeo Azzolino

Via Pompeo Azzolino è un budello cieco, un breve solco fra caseggiati fatiscenti, che la demolizione delle Sciabiche ha fortunatamente risparmiato, lasciandoci il ricordo di questo eroe brindisino che cinque secoli fa salvò la città di Brindisi dalla furia dei Veneziani.

Riportiamo per inquadrare fatti e personaggio la sintesi  di A. Del Sordo  e il racconto delle sue gesta scritto da Padre Della Monaca e F. Ascoli in un linguaggio che si è cercato di rendere semplicemente un pò meno arcaico.

In ultimo Brundarte dedica a Pompeo Azzolino un componimento che viene dal cuore perchè questo nostro “eroe” riesce a  sgretolare con la sua figura i tanti luoghi comuni sul carattere dei brindisini apatici e pavidi e diventa fulgido esempio storico della nostra vera natura.


Scrive Del Sordo nella sua Toponomastica Brindisina

“Fu P. Azzolino una singolare figura di condottiero brindisino del ’500, cui Ferdinando d’Aragona aveva affidato, in considerazione delle sue rinomate virtù militari e della sua fedeltà alla real casa, il governo della città. Accadde che, nel 1483, i Veneziani, sbarcati sulla spiaggia di Guacito, occupate e saccheggiate Carovigno prima e S. Vito degli Schiavoni (oggi dei Normanni) poi, si diressero, al comando di Giacomo Marcello, tronfi e baldanzosi, alla volta di Brindisi, piazzaforte aragonese, con il proposito di occuparla.

Pompeo Azzolino, a capo delle truppe brindisine, li affrontò in campo e ne fece sterminio, costringendo a precipitosa fuga i superstiti e lo stesso Marcello, e incalzandoli fino al porto di Guacito, nelle cui acque era alla fonda l’armata veneta, che, dopo avere accolto i fuggitivi, sciolse le ancore e prese il largo. Ritornato in città, l’Azzolino fu ricevuto con grandi onori dai suoi concittadini, che lo salutarono Salvatore della patria.

L’episodio s’inquadra nella guerra che gli Aragonesi conducevano contro Venezia, favorevole ad una restaurazione angioina, nel regno di Napoli. I Veneziani, al fine di disorientare il nemico, allargargli il fronte di guerra e creare nuove e maggiori difficoltà a Ferdinando, allestirono un’armata di 56 galeoni che, partendo da Corfù fece vela verso le coste salentine, gettando le ancore appunto nel porto di Guacito.
Brindisi, memore delle gesta eroiche di Pompeo Azzolino, murò sul suo sontuoso palazzo, di cui non resta che qualche avanzo, l’epigrafe che riportiamo dal Della Monica:

Pompejum Caesar fugat; hinc fortissimus unus
Pompejus noster sustinet innumeros
Azzolina domus felix consurgat ad astra;
Talia, qui profert pectora in arma virum.

(Cesare mette in fuga Pompeo, da questo stesso luogo, il nostro Pompeo forte quant’altri mai affronta innumerevoli nemici. Salga dunque alle stelle la felice casa degli Azzolino che genera tali petti da opporre alle armi degli uomini).

Ferrando Ascoli descrive così i vari contendenti in campo

“La provincia di terra d’ Otranto depose lo spavento e l’angoscia, sotto cui viveva per la minacciosa presenza dei Turchi. Le città, le borgate, i castelli si ripopolarono dei cittadini che la paura aveva sparpagliato per le campagne lontane. Ferdinando intanto, ammaestrato dalla esperienza, avea deliberato di fortificare maggiormente la città di Brindisi, e n’avea dato l’incarico al duca di Calabria, il quale, fino dal 1481, avea fatto costruire sull’isola di S. Andrea una fortezza della forma di una grande torre quadrata, la quale venne, dice il Padre della Monaca, chiamata dai barbari Castello rosso, dal colore della pietra onde era fabbricata.

Era appena passato lo spavento dei Turchi, e già il Papa Sisto IV lasciavasi indurre dai nipoti a nuova ed ingiustissima guerra contro Ercole d’ Este, duca di Ferrara. L’Italia, si divise in due campi. E Ferdinando, che avea dato per moglie al duca sua figlia Eleonora, stette contro il Papa. La guerra fu dichiarata il 3 di maggio del 1482.

Il comando dell’esercito napoletano era affidato ad Alfonso, duca di Calabria. Le sorti della guerra pareva arridessero alla lega, soprattutto dopo che Alfonso era stato sconfitto a Campo – Morto , presso Velletri. Ma il Papa, pauroso e geloso dei Veneziani, stipulava segretamente con Ferdinando, il 12 dicembre, un’alleanza per 20 anni, in forza della quale garantivasi lo stato al duca di Ferrara, e assegnavasi uno stipendio annuo, da pagarsi in comune, di 40.000 ducati al Riario. Così il papa favoriva il nipote; e Ferdinando il genero.

Il tradimento del Papa fece andare, e con ragione, sulle furie i Veneziani, i quali risolutamente decisero di continuare anche da soli la guerra contro tutta l’Italia. E mentre combattevasi fiaccamente da ogni parte, i Veneziani chiamarono in loro aiuto, e nominarono generale del loro esercito Renato II, duca di Lorena, pretendente al regno di Napoli. Renato giunse a Venezia il 1483; ma dopo brevissimo tempo, il 30 agosto di quell’anno stesso, fu costretto a tornare in Lorena in causa della morte di Ludovico XI, re di Francia.

La partenza di Renato II dall’Italia liberò Ferdinando da un vecchio e sempre nuovo nemico. Ma i Veneziani armarono una flotta di 31 galere (secondo il Della Monaca nella sua “Memoria Historica”, i Veneziani approntarono un’armata di cinquantasei vele, tra le quali, secondo il Sabellico, eran cinque navi ben grosse armate di tutto punto) di cui venne dato il supremo comando a Giacomo Marcello. Egli, avuto ordine di occupare una delle piazze forti che si trovavano sulle coste della Puglia, si diresse per Brindisi, poichè quel porto dovea servirgli di base per le operazioni a venire.”

(Ferrando Ascoli, La storia di Brindisi. Ristampa anastatica pp. 179-182)

Di Pompeo Azzolino, eroe brindisino, scrive anche Padre Andrea Della Monaca

“Si partì detta armata da Corfù verso le rive salentine; lo scopo principale del Generale fu indirizzare a Brindisi il cammino per impossessarsi della città, della quale il Re faceva tanto conto, e perciò raccolse le vele nel piccolo porto di Guaceto, otto miglia distante dalla città.
Ivi, secondo quanto scrive Antonello Conniger, sbarcò le genti, e non sapendo dove prima dar l’assalto, si spinse verso Carovigno, che è una piccola terra posta sulla cima d’un monte presso il detto porto, e con un improvviso assalto la prese e saccheggiò; e sceso dopo al piano fece lo stesso a San Vito degli Schiavi (il paese prima di diventare San Vito dei Normanni era detto San Vito degli Schiavoni o Schiavi).
Con queste piccole prede eccitò il gusto della vittoria nei suoi soldati, dando loro speranza di maggiori acquisti; da qui si mosse con gran bravura contro Brindisi pensando di fare come aveva fatto a Carovigno e San Vito mandando, intanto, l’armata marittima ad assaltare la fortezza dell’Isola della città; duro boccone per digerirsi da stomaco così debole; ma il poco diviso in parti diviene quasi niente, che però né quelle poche squadre di terra, né l’armata con poche genti di mare erano bastanti per quella così grande impresa.
S’oppose per terra al Generale veneto generosamente Pompeo Azzolino (1) cittadino brindisino, non meno chiaro per i suoi nobilissimi natali che famoso per il suo gran valore, come a favore del Re Ferdinando in diverse occasioni n’aveva mostrato gli effetti, onde si era reso così benemerito a quella corona, che tra i più favoriti del Re teneva il luogo più degno; che perciò gli aveva il Re concesso il governo della Città, che si soleva dare alle persone più fidate della sua Corte, essendo il più geloso posto di tutto il Regno.
Uscì Pompeo dalla Città con un buon numero di genti armate e andò con grand’ardire ad affrontare il General nemico e attaccato fu fatto d’armi molto sanguinoso, egli lo costrinse a voltar le spalle e a procurarsi lo scampo con la fuga. Vedendo il Veneto con gli occhi propri disfatte le sue genti, avendo Pompeo sempre alla coda fino al Porto di Guaceto, dove stava l’Armata dalla quale se il Veneto fuggitivo non fosse stato soccorso col cannone, vi sarebbe restato morto con tutte quelle poche genti ch’erano sopravvissute alla strage campale.
Con applauso universale fu ricevuto Pompeo dai cittadini, come liberatore della Patria, oltre molti privilegi ed onori che gli furono concessi dal Re Ferdinando, avendo riconosciuto dal suo valore la vita della sua città, e tanto avanzò nella grazia reale che nessuna cosa appartenente al governo del Regno determinava il Re che prima non fosse approvata dalla Consulta dell’Azzolini.
La città per non far restar seppellita nell’oblìo la memoria d’un tal beneficio, fece scolpire in un marmo la seguente iscrizione sul frontespizio (2) del suo palazzo, che accanto alla Marina era edificato, di rimpetto al corno destro del porto minore, di cui l’antiche vestigie ancor vivono, che all’ampiezza del sito, alla magnificenza delle mura e alla disposizione delle abitazioni, dimostra che abbia emulato in quei tempi i Palazzi Reali che erano nella città.”

(Memoria Historica dell’Antichissima e Fedelissima città di Brindisi di Padre Andrea Della Monaca, pp. 547-549)

(1) Pompeo Azzolino apparteneva a nobile stirpe. Dalla sua famiglia si ebbero due cardinali, dei quali uno viveva nel 1672 (al momento della stampa del libro). Questa famiglia, dopo che ebbe illustrato Brindisi, a causa di guerre civili, si trapiantò a Fermo, nelle Marche.
(2) Ecco l’inscrizione : — Pompejum Caesar fugat; hinc fortissimus unus Pompeius noster sustinet innumeros —: Azzolina domus felix consurgat ad astra; Talia, qui pròfert pectora in arma virum.

“A Pompeo Azzolino, eroe brindisino”

Avendo fatto lite i Veneziani

con sua Eccellenza il Papa Sisto Quarto,

a pigliar la città nostra fecer piani

di mandar qui la flotta per lo sbarco,

 

la comandava il nobile Marcello

che conquistò in fretta i due paesi,

con l’intenzion e adesso arriva il bello

che anche i brindisini saran presi,

 

ma non aveva fatto conto il Generale

di scontrarsi con un nobile del posto,

avvezzo a lottar per terra e mare

onde ottener vittoria ad ogni costo,

 

il suo nome acclamato dalla gente

era Pompeo Azzolino il combattente,

un giovin condottier che nel suo cuore

aveva posto solo per l’onore,

 

sconfisse il Veneziano e le sue l’Armate

costretti a darsela a gambe levate,

e il loro capo il nobile Marcello

a Guaceto di sicur sarebbe morto,

se una volta arrivati al porto

un colpo di cannone sul più bello,

verso Azzolino non fosse sparato

chè la sua vita ebbe al fin salvato”

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