Un eroe brindisino: Antonio Vincenzo Gigante, Medaglia d’Oro della Resistenza

Lettera di Miuccia Gigante all’ANPI di Brindisi, 15 febbraio 2012

“Venni a Brindisi la prima volta nel dicembre 1952 in occasione della posa della lapide in memoria di mio padre; avevo 20 anni.
Il discorso commemorativo l’ha tenuto Umberto Terracini, un amico che si era impegnato, una volta finita la guerra, nella ricerca di notizie su Gigante che aveva conosciuto intorno agli anni venti a Roma e poi rivisto in carcere a Civitavecchia. Terracini l’avevo conosciuto a Lugano nel ’43, mi aveva parlato a lungo di mio padre e nelle sue parole sentivo l’affetto e la stima che provava per lui. Di conseguenza la presenza a Brindisi di Terracini mi era di conforto perché immaginavo non facile questo soggiorno nella città dov’era nato mio padre.

Ero combattuta fra l’orgoglio di figlia nel vedere onorata la memoria del padre e temevo di apparire fragile e poco degna di essere figlia di questo uomo considerato da tutti i presenti nella piazza affollata, un eroe.

Ascoltando le parole di Terracini guardavo mia madre come se la vedessi per la prima volta, sentivo di amarla non solo con l’affetto di figlia, ma con il rispetto che si deve a una donna che vede troncare i propri sogni per vivere di una memoria dalla quale non si sarebbe mai allontanata.

Ascoltavo Terracini e vedevo formarsi in me, in maniera sempre più forte e precisa la figura di mio padre, le sue parole entravano in me e arricchivano quello che già sapevo di lui, lo “costruivano” e ne facevano un uomo vivo, forte, coraggioso, ricco di valori… ed io ero sua figlia.

Mi coglieva anche un altro sentimento, quello di essergli stata vicina solo con il pensiero, di non aver diviso con lui tutte le sue sofferenze, di aver vissuto un’infanzia e una adolescenza dove tutti mi circondavano di affetto mentre lui soffriva solo, le più atroci torture sino alla morte.
Ho capito quel giorno, fra tutta quella gente che sentivo così vicina, quanto dovevo essere orgogliosa di essere la figlia di Vincenzo Gigante.”

Miuccia Gigante

 

La vita di Antonio Vincenzo Gigante

La nascita e gli anni giovanili a Brindisi
Antonio Vincenzo Gigante, operaio edile, dirigente sindacale e politico, antifascista, condannato al carcere dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, confinato ad Ustica, partigiano ucciso nella Risiera di San Sabba, medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Nacque a Brindisi il 5 febbraio 1901 da Concetta Gigante e da padre ignoto; dopo aver frequentato la scuola tecnica cominciò a lavorare come operaio.

Atto di nascita di Antonio Vincenzo Gigante

Voti conseguiti da Gigante nell’anno scolastico 1910-1911, quarta classe della scuola maschile

Il duro lavoro, la crisi economica e i forti contrasti sociali del primo dopoguerra, plasmarono la sua giovane coscienza politica agli ideali del socialismo.
Iscritto nel 1919 al circolo giovanile socialista di Brindisi, militò nel partito riorganizzato tra il ’19 e il ’20 dagli attivisti Cosimo Mauro, Beniamino Orma Andriani, Felice Assennato e Giuseppe Prampolini, questi ultimi figure di riferimento politico per tutto il Salento. Gigante si formò in questo contesto.
In seguito, fu tra i primi ad aderire al partito comunista, fondato a Livorno nel gennaio del 1921.

Tessere di iscrizione alla Fed. Giovanile Socialista It. di Teodoro Ostuni e Dante Errico

Nello stesso anno si trasferì a Roma con la madre e i due fratelli, Ettore e Italo. Qui, pur lavorando nei cantieri come operaio edile, partecipò attivamente alla vita di partito e svolse un importante ruolo di dirigente sindacale, divenendo segretario dell’Unione emancipatrice d’arte muraria.

In alto a sx “Uniamoci” Organo Settimanale della Sezione Socialista di Brindisi. A dx l’inno del partito “Bandiera Rossa”. Sotto la lettera di saluto di Tommaso Napolitano ai compagni Gigante e Prampolini

Organizzatore sindacale a Roma

Fu quindi promotore di agitazioni e scioperi come quello del 1° maggio 1923, sciopero ampiamente partecipato perché successivo di pochi giorni all’entrata in vigore del decreto di Mussolini con cui si aboliva la celebrazione del Primo Maggio. Nel novembre del 1924 Gigante fu eletto membro della commissione direttiva della camera confederale di Roma.

Foto segnaletica di Antonio V. Gigante negli archivi della Questura, cat. speciale – schedario politico (anni ’20)

A sx. Copertina del fascicolo personale intestato a “Gigante Antonio Vincenzo di ignoti, comunista. Ucciso a Trieste” dello schedario politico della Questura di Brindisi. A dx , Il 7/5/1923 il prefetto di Roma chiede al sottoprefetto di Brindisi di assumere informazioni sulla condotta morale e politica di Gigante

Il brig. Perrucci della questura di Brindisi informa il questore delle indagini svolte a carico del sovversivo Gigante

Acceso antifascista, durante la permanenza nella capitale, fu malmenato dai fascisti il 28 ottobre del 1924. Dopo l’omicidio Matteotti e le leggi speciali con le quali Mussolini cercò di impedire ogni attività democratica, fu costretto a lasciare l’Italia. Infatti, nell’ottobre del 1925, dimesso dal carcere dove era stato associato per misure preventive, emigrò clandestinamente in Svizzera e poi in Russia, dove tra il 1925 ed il 1926 frequentò a Mosca «la scuola italiana del Comintern, quasi certamente l’università “Zapada” e forse anche la Scuola leninista».
Tornato in Svizzera entrò in contatto con il centro esterno del partito comunista italiano e fu da questo incaricato di occuparsi della Confederazione Generale del Lavoro e del passaggio clandestino di documenti e di militanti fuoriusciti dall’Italia. Questi trasferimenti avvenivano per mezzo delle chiatte che trasportavano materiale da costruzione da Porlezza, Osteno e Santa Margherita, piccoli comuni affacciati sul lago di Lugano al confine tra Italia e Svizzera.

Foto segnaletica di Antonio Vincenzo Gigante presso Casellario Politico Centrale (1925)

Il Ministero dell’Interno chiede alle questure di disporre “accurate ricerche per rintraccio, fermo, perquisizione personale…del comunista Gigante, espatriato fin dal 1925 e che…troverebbesi in Svizzera”

A sx: 14/12/1928 Roma – Il Ministero dell’Interno trasmette ai consoli d’Italia in Lussemburgo e a Bruxelles, al questore di Roma e al prefetto di Brindisi le informazioni pervenute da Bruxelles sul conto di Gigante pregando ognuno “per la parte di propria competenza …di adottare le occorrenti misure per il rintraccio del muratore brindisino”. A dx: 23/12/1928 Brindisi – il brig. Perrucci informa delle indagini svolte in città a carico del sovversivo Gigante che dal 1921 “non ha fatto mai qui ritorno” al contrario della madre rientrata da Roma nell’agosto del 1928

La militanza politica clandestina

Per svolgere la sua intensa attività segreta si serviva di false identità e falsi documenti, viaggiava assiduamente per mantenere i contatti con Camilla Ravera, dirigente del centro interno clandestino del partito. Tra 1927 e 1929 la sua presenza veniva segnalata in Svizzera, Belgio, Germania e Lussemburgo dove, secondo i rapporti di polizia, nel 1928 partecipò all’aggressione subita da alcuni sportivi italiani fascisti.
Arrestato a Basilea nel gennaio 1929 con altri antifascisti fuorusciti, fra cui Palmiro Togliatti e Pietro Secchia, con sentenza del tribunale di Boulio (Svizzera) il 5 febbraio 1929 fu condannato a una settimana di carcere per uso di passaporto falso.

Nell’eventualità di un suo ritorno in Italia, nel dicembre 1929 venne iscritto dalla direzione generale della pubblica sicurezza, casellario politico centrale nella rubrica di frontiera e nel bollettino delle ricerche, a cui seguì, il 28 febbraio 1930, il mandato di cattura emesso dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato con l’imputazione di aver partecipato alla ricostituzione del partito comunista italiano, su denunzia dell’ispettore generale di P.S. Francesco Nudi.

Raggiunti i vertici dell’organizzazione del partito comunista divenendo membro del comitato centrale e responsabile dell’ufficio tecnico, che provvedeva alle sedi e alla logistica, Gigante fu costantemente ricercato dalla polizia fascista, più volte arrestato in Svizzera e in Lussemburgo e accompagnato alla frontiera perché «indesiderabile».
Fermato a Parigi nel 1930 sul boulevard Saint Germain per infrazione al decreto di espulsione emesso a suo carico nel 1928, venne denunciato per falso in atto pubblico, uso di falso passaporto e condannato a quindici giorni di prigione. Nonostante i continui controlli di polizia a cui era sottoposta la madre Concetta residente a Brindisi, Gigante probabilmente riuscì a tornare in Puglia tra la fine del 1930 e l’inizio del 1931, come testimonia la lettera del dirigente del partito “Nicole”, che gli chiedeva notizie del compagni attivisti brindisini.

12/01/1929 – A sx in alto: il brig. Perrucci comunica che il sovversivo Gigante “dagli atti esistenti risulta fuoriuscito dal Regno ed è attivamente ricercato”. 30/04/1929 – A sx in basso Il prefetto di Brindisi comunica al ministero dell’Internoche Gigante “sembra risieda attualmente a Lucerna..presso Gritto Domenico”. 18/12/1929 – A dx: La Dir. Gen. del Ministero dell’Interno chiede al prefetto di Brindisi di disporre perchè il sovversivo Gigante “resosi irreperibile, sia segnalato alla rubrica di frontiera e al bollettino ricerche…nell’eventualità di un suo ritorno nel Regno”

24/12/1929 – A sx. Modulo di “Segnalazione di persona da ricercarsi o identificarsi” relativo al comunista V. Antonio Gigante. 7/1/1930 – A dx in alto: Copia della schedina n. 127 int. a Gigante “comunista – da fermare e perquisire nel caso rientrasse o fosse rientrato nel regno”. 15/3/1930 – A dx in basso:Copia della schedina n. 2572 int a Gigante “colpito da mandato di cattura Tribunale difesa stato pel delitto di cui all’art. 4 L. 25.11.1926 n. 2008 per aver in Milano nel periodo dall’agosto al dicembre 1929, ricostituito il partito comunista disciolto per ordine dell’autorità; per avervi appartenuto e per aver fatto propaganda della dottrina, del programma e dei metodi di azione del partito stesso”

13 luglio 1930 – Sovversivo italiano arrestato a Parigi, in “Il resto del Carlino”

18/7/1930 – A sx: Il prefetto di Gorizia comunica di aver appreso dal Resto del Carlino la notizia del fermo, avvenuto a Parigi di V.A. Gigante e che gli “è sembrato di vedere in costui” uno dei membri dell’organizzazione comunista ricostituitasi nella sua provincia e scoperta l’anno precedente. 28/8/1930 – A sx in alto: La questura di Roma trasmette a quella di Brindisi copia delle lettere scritte da Gigante rinvenute tra i documenti sequestrati a un funzionario del Partito Comunista, arrestato nella Capitale, e chiede di indagare sui destinatari. 2/9/1930 – in basso a dx: Verbale di perquisizione domiciliare eseguito dalla questura di Brindisi nell’abitazione di Carmela Roma presso cui era “dimorante temporaneamente” Concetta Gigante

Il matrimonio con Wanda Fonti
Rientrato in Svizzera, il 23 aprile del 1931 sposò a Lugano Wanda Fonti, pittrice, anche lei antifascista, di famiglia di certa fede antifascista, con la quale condivise solo un breve periodo di vita, tra la Svizzera, Bruxelles e Lussemburgo, e che gli diede l’unica figlia, Miuccia, nata a Lugano il 21 settembre 1932.
Durante il IV congresso del partito comunista italiano tenuto a Colonia nel maggio del 1931, fu allontanato dai vertici del partito e del sindacato per aver espresso una visione politica diversa da quella del gruppo dirigente, fortemente stalinista e omologato alle decisioni del Comintern, che voleva il Pcd’I rivoluzionario e pronto per l’insurrezione. Gigante fu quindi retrocesso al ruolo di militante e il suo posto venne assegnato a Giuseppe Di Vittorio. Molto amareggiato per questo allontanamento, cominciò a lavorare per il partito comunista belga, coordinando il gruppo italiano.

Visti i buoni risultati ottenuti, il partito comunista italiano lo riammise nell’organizzazione clandestina e Gigante continuò a viaggiare come fiduciario per tenere i contatti tra le diverse cellule comuniste, con frequenti ritorni anche in Italia. Risiedeva in Lussemburgo a Esch sur Alzette e a Bruxelles 25 in Belgio con la moglie Wanda, divenuta dopo il matrimonio cittadina italiana e quindi sorvegliata e iscritta nel casellario politico dalla polizia fascista.

Il Ministero dell’Interno comunica che la pittrice “Fonti Wanda Libera Caterina…nata a Lugano il 16 ottobre 1904, ha fatto richiesta di pubblicazioni di matrimonio col connazionale Antonio Vincenzo Gigante”

Fotografie di Wanda Fonti e Antonio Vincenzo Gigante. Il matrimonio ebbe luogo il 23 aprile 1931 a Lugano

Il Ministero dell’Interno comunica al prefetto di Brindisi che “il Gigante si è sposato con la signorina Wanda Fonti e si trova con la moglie a Bruxelles”

Il Ministero dell’Interno comunica alle autorità interessateche Gigante “sarebbe tornato in Svizzera ove il 2 corrente avrebbe contratto matrimonio, a Lugano…pur essendo espulso da varie nazioni viaggerebbe…munito di falsi passaporti organizzando cellule comuniste…sarebbe munito di molto denaro e avrebbe l’ordine di uccidersi anzichè farsi arrestare

Identità false

Il questore di Brindisi trasmette ai Carabinieri ed altri commissariati la fotografia di un certo Bovi identificato in A. V. Gigante

La P.S. – Uff. Bollettino ricerche, invia alla questura di Brindisi la foto segnaletica di Gigante

Foto segnaletica n. 106/931 di A. V. Gigante con occhiali e abito scuro

Foto segnaletica n. 123-32 di A.V. Gigante

Foto segnaletica n. 218-931 di A.V. Gigante con abito chiaro

Il Consolato d’Italia in Belgio comunica alla prefettura di Brindisi e ai ministeri competenti che Gigante “sarebbe stato condotto alla frontiera del Belgio perchè trovato privo di mezzi di sussistenza e senza domicilio fisso”

17/6/1932 Roma – In alto a sx: Il Ministero dell’Interno chiede di effettuare indagini e servizi per l’arresto di Gigante che “espulso dal Belgio, si recherebbe sovente a Lugano e Genova, riuscendo a varcare la frontiera mediante falsi passaporti”. 10/12/1933 – In basso a sx: Il commissario P.S. di confine comunica che nelle rubriche di frontiera risulta iscritto Hugues Enrico falso nome di Gigante. 6/7/14933 Roma – a dx: Il min. dell’interno comunica la presenza di Gigante a Esch sur Alzette (Lussemburgo) quale “fiduciario del Partito comunista, unitamente alla moglie Fonti Wanda, nascondendosi sotto lo pseudonimo di Baldi”

L’arresto e la condanna a venti anni di carcere
Attivamente ricercato e controllato in ogni spostamento, il 6 ottobre 1933, mentre rientrava in Italia per la riorganizzazione del partito, venne arrestato a Milano dall’ispettore Francesco Nudi capo dell’OVRA e nel luglio dell’anno successivo trasferito a Roma.
Imputato di ricostituzione del disciolto partito comunista, di propaganda e di falsa identità, fu processato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato e condannato a venti anni di reclusione. Ne sconterà nove nel carcere di Civitavecchia, ritenuto il più sicuro, per un «sovversivo meritevole di particolare attenzione» quale egli era considerato. Qui ebbe modo di approfondire la conoscenza di Umberto Terracini, uno dei fondatori del Pcd’I. Durante la detenzione si dedicò allo studio e alla lettura di libri di dottrina politica, psicologia sociale e storia. Riceveva le visite dei fratelli Italo ed Ettore e mantenne continui contatti epistolari con la madre e con la moglie Wanda, che gli faceva pervenire modeste somme in denaro raccolte anche dall’organizzazione Soccorso Rosso internazionale, ma che non potè mai fargli visita perché segnalata a tutte le frontiere. Gli anni della detenzione minarono la salute di Gigante, tanto che nel 1938 la madre Concetta scriveva alla contessa Edda Ciano Mussolini chiedendo per il figlio «sofferente al fegato» delle cure e un regime alimentare adeguato.

Il questore di Milano comunica l’arresto, avvenuto il 6 ottobre 1933, di A.Vincenzo Gigante sotto il falso nome di “Lauri”. L’arresto fu eseguito dall’OVRA (polizia segreta fascista) di Milano, guidata dal commissario Nudi

Foto segnaletica di Gigante subito dopo l’arresto

Il questore di Brindisi comunica la revoca delle ricerche di Gigante perchè arrestato

Il questore reggente di Brindisi comunica all’ispettore gen. di P.S. commissario Nudi, che Il Tribunale speciale per la difesa dello stato ha chiesto l’immediato trasferimento di Gigante nelle carceri di Roma

Due lettere inviate da A.V. Gigante alla madre Concetta. Nella prima del 22/7/1931 scrive: “…perchè se io non soffro la fame, tu neanche devi soffrire. Insieme ai miei sforzi ci saranno quelli di W. e cercheremo così di non farti subire nessuna privazione”; nella seconda, del 6/6/1934, dopo l’arrivo nel carcere di Roma: “…la salute mia è sempre buona. Ora non sono più isolato e in compagnia si trascorre allegramente e senza noia.

25/10/1934, Roma. Il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato condanna Antonio Vincenzo Gigante a venti anni di reclusione, alla libertà vigilata e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici. Furono rinviate a giudizio, oltre a Gigante altre 17 persone accusate di aver militato nel Partito Comunista. Copia della sentenza

Il confino ad Ustica, la resistenza e la morte
L’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale determinò un peggioramento delle condizioni dei detenuti politici, trasferiti in carceri più sicure. Nel 1942 Gigante, ritenuto ancora politicamente pericoloso e compreso nell’elenco dei sovversivi classificati attentatori o capaci di atti terroristici, fu internato nella colonia insulare di Ustica, in provincia di Palermo.
Dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia nel 1943, gli internati politici furono dislocati nei campi di concentramento centro-settentrionali: i detenuti politici di Ustica furono trasferiti nel campo di Renicci Anghiari in provincia di Arezzo, uno dei più duri per le condizioni igieniche e sanitarie.
In seguito agli avvenimenti dell’8 settembre del 1943 e al decreto Badoglio di liberazione dei detenuti politici, Giuseppe Di Vittorio rivolse una istanza al ministro dell’Interno Ricci per chiedere la liberazione del detenuto politico Gigante, che non fu accolta perché ritenuto ancora «pericoloso». Nel frattempo i detenuti del campo di Renicci Anghiari organizzarono una rivolta e l’evasione. Messosi a capo di un gruppo di insorti, Gigante tentò prima di tornare al sud già liberato, ma non riuscendovi per la scarsità di mezzi riparò in Dalmazia dove si unì ai partigiani slavi. Riprese i contatti con il partito comunista che lo destinò in Istria e poi, nel maggio del 1944, a Trieste.
Nel novembre dello stesso anno fu arrestato dalla Gestapo, in seguito a una delazione; trasferito nelle Risiera di San Sabba di Trieste, l’unico vero campo di sterminio con forno crematorio creato dai nazisti in Italia, fu crudelmente torturato senza mai denunciare i suoi compagni e morì dopo circa due mesi.

Roma, 22/1/1938. Scheda biografica di Antonio Vincenzo Gigante compilata dalla questura di Roma. (fogli 1 e 2)

Nella scheda biografica vengono riportati i dati anagrafici, i connotati di Gigante, il partito in cui militava, le comunicazioni delle diverse questure sull’attività politica, la condanna e la reclusione. I dati sono relativi agli anni dal 1927 al 1943. (foglio 3)

(foglio 4)

(foglio 5)

Il questore di Roma comunica al Ministero dell’Interno, al casellario politico generale e alla questura di Brindisi che Gigante era stato dimesso dalla casa penale di Civitavecchia, ma per la sua pericolosità politica propone “che sia internato in una Colonia insulare”

12/11/1942, Roma. Il Ministero dell’Interno dispone che Gigante venga internato nel “Campo di concentramento” dell’isola di Ustica prov. di Palermo

Scheda di identificazione di A.V. Gigante

Novembre 1942, Roma. Foto segnaletica di A.V. Gigante dopo 9 anni di reclusione

24/1/1943, Palermo. Il questore di Palermo informa il questore di Roma, di Brindisi e il commissariato di Ustica dell’arrivo di Gigante presso la colonia di confino dell’isola siciliana dove sarà sottoposto a vigilanza

Trieste. Fotografia della Risiera di San Sabba

Il Ministero dell’Interno chiede al questore di Brindisi notizie sui precedenti di “Vincenzo Gigante…ucciso a Trieste nel novembre 1944 dalle S.S. tedesche”

Le pubbliche onoranze a Brindisi e la lapide a Piazza Vittoria
Nel dopoguerra, su richiesta del partigiano Attilio Gombia, già comandante regionale della formazione Garibaldina – Triveneto, gli fu conferita dal presidente della Repubblica Luigi Enaudi, su proposta del presidente del consiglio Alcide De Gasperi, la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

1949. Motivazione con cui venne conferita ad Antonio Vincenzo Gigante la medaglia d’oro al valor militare su richiesta di Attilio Gombia, già comandante regionale della Formazione garibaldina Triveneto.

«Scontati nove anni di carcere, dei venti a cui era stato condannato dal Tribunale Speciale, benché non più giovanissimo e duramente provato nel fisico dalla lunga detenzione, si gettava animosamente nella lotta di liberazione, contribuendo con la sua attività instancabile ed illuminata all’organizzazione ed al potenziamento delle formazioni partigiane operanti in una intera regione.

Ricercato dalla Polizia tedesca che lo aveva individuato come uno dei suoi avversari più implacabili e pericolosi e che faceva risalire alla sua diretta responsabilità l’alto grado di efficienza e lo spirito indomito delle bande partigiane della zona, catturato alla fine per delazione di un provocatore, veniva tradotto nelle carceri di Trieste, dove, piuttosto che tradire, confessando, l’opera compiuta ed i compagni, affrontava serenamente lunghe, feroci, inaudite torture, e, al termine di esse, la morte degli eroi.

Esempio sublime di coraggio, di fermezza di carattere, di virtù civili e morali.
Venezia Giulia – Trieste, settembre 1943 – novembre 1944»

Roma, 24 febbraio 1950. Il presidente del consiglio dei ministri Alcide De Gasperi rilascia il brevetto che attesta il conferimento della medaglia d’oro al valor militare “alla memoria “ al partigiano Antonio Vincenzo Gigante e la motivazione

Il 7 dicembre del 1952, per iniziativa del sindaco socialista Francesco Lazzaro e dell’amministrazione comunale di Brindisi, alla presenza del senatore Umberto Terracini, già presidente dell’Assemblea costituente, della moglie Wanda e della figlia Miuccia, delle autorità civili e militari e di più di mille persone, la città gli rese onore con una cerimonia pubblica in piazza Vittoria, nel corso della quale fu scoperta una lapide commemorativa posta sul prospetto laterale del Banco di Napoli.
Rimossa nel 1969 a causa della demolizione dell’edificio, fu collocata sul muro laterale dell’allora liceo classico “Benedetto Marzolla”.

7 dicembre 1952, Brindisi. Il sindaco Francesco Lazzaro riceve il sen. Umberto Terracini in occasione della cerimonia pubblica dello scoprimento della lapide alla memoria di Antonio Vincenzo Gigante in piazza della Vittoria

Il senatore Umberto Terracini pronuncia il discorso commemorativo in occasione della cerimonia dello scoprimento della lapide alla memoria di Antonio Vincenzo Gigante

Il sindaco Francesco Lazzaro pronuncia il discorso in occasione della cerimonia dello scoprimento della lapide alla memoria di Antonio Vincenzo Gigante

Wanda Fonti e Miuccia Gigante, moglie e figlia di Antonio Vincenzo Gigante scendono dal palco dopo la cerimonia di commemorazione

Muro laterale del Banco di Napoli in Piazza Vittoria con la lapide di Vincenzo Antonio Gigante

(A. Spagnolo e M. A. Ventricelli – Archivio di Stato di Brindisi)

Lì è rimasta per circa 61 anni e, dal 2013 è stata trasferita sulla porzione dell’antico muro sulla piazzetta antistante Palazzo Nervegna, intitolata ai due finanzieri Sottile e De Falco caduti in servizio.

Commemorazione del 25 Aprile 2012 davanti alla lapide di Vincenzo Antonio Gigante affissa sul muro dell’ex liceo classico “Benedetto Marzolla”

25 Aprile 2013 – Traslazione della lapide di Gigante alla nuova sede in piazza Sottile-De Falco davanti alle Autorità civili e militari, ai rappresentanti dell’ANPI e alla figlia Miuccia Gigante

Come oggi si presenta la piazza

 

Abstract dal libro “Antonio Vincenzo Gigante nelle carte dell’Archivio di Stato di Brindisi” – Mostra documentaria a cura dell’Archivio di Stato di Brindisi e Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Brindisi

Si ringrazia l’amico Mario Carlucci  e l’ANPI di Brindisi per la collaborazione.

1 commento

  1. Ce ne fossero oggi di uomini così! Purtroppo si espone solo un gruppo ridotto di mezze tacche!…

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