Frida Khalo: capolavori dal museo Dolores Olmedo

Brundarte fotografa la mostra dedicata a Frida Kahlo presso l’Hungarian National Gallery di Budapest.
La capitale ungherese ha infatti accolto un’importante retrospettiva dedicata all’artista messicana, resa possibile grazie alla collaborazione attivata con il Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e con altre istituzioni culturali del Paese sudamericano.

Proprio dal Messico provengono le oltre 30 opere esposte a Budapest: si tratta in larga parte di dipinti, tra cui ritratti e autoritratti ispirati agli eventi della sua vita dai quali emerge il suo distintivo segno, ma sono presenti anche fotografie e documenti che consentono di aprire un varco nella complessa vicenda biografica dell’artista e di gettare uno sguardo nel suo universo interiore da lei ricreato attraverso le sue opere. La collezione  è principalmente quindi un viaggio che parte dai suoi momenti più tragici per trasformarsi, come da lei sempre sottolineato, in un’ode alla vita.

Frida Khalo

Per conoscere e comprendere Frida Kahlo non è quindi necessario fare troppe letture di critici ed esperti d’arte o leggere le testimonianze di persone che l’hanno conosciuta. Basta semplicemente seguire cronologicamente il procedere dei suoi lavori per capire le sue motivazioni, i suoi desideri, le sue passioni, il suo dolore emotivo e fisico. Guardare le sue opere significa scoprire il suo universo ed è quello che ci proponiamo di fare in questo articolo.

Frida Khalo

Il 17 settembre 1925 un tram si scontrò con l’autobus in cui Frida Kahlo, allora diciottenne, viaggiava mentre tornava nella sua casa di Coyoacén dalla scuola preparatoria dell’università nazionale che frequentava. Era accompagnata dal suo fidanzato, Alejandro Gomez Arias, che riportò solo lievi ferite. Molte persone morirono sul colpo, Frida rimase ferita gravemente: la colonna vertebrale si spezzò in tre punti nella regione lombare, si fratturò il bacino, le costole, la gamba sinistra, il piede destro; la spalla destra si slogò in modo permanente e, a causa di una ferita penetrante all’addome causata da un corrimano entrato nell’anca sinistra ed uscito attraverso la vagina, Frida perse anche la possibilità di avere figli.

Questa la ricostruzione che Frida fece dell’incidente:

L’incidente avvenne poco dopo che io e Alejandro eravamo saliti sul bus. In realtà avevamo preso un altro autobus, ma avevo perso un bel parasole per cui eravamo scesi per cercarlo. Ed è così che siamo saliti sull’autobus che mi ha distrutto. Il terribile scontro accadde all’angolo proprio di fronte al mercato di San Juan: il tram stava procedendo lentamente, ma l’autista del nostro autobus era un giovane molto nervoso, e quando il tram svoltò lo scontro frontale trascinò l’autobus facendolo sbattere violentemente contro il muro. Ero una ragazza intelligente, ma non molto pratica nonostante la libertà che mi ero conquistata. Forse per questo motivo non compresi subito la situazione e la gravità delle lesioni che avevo riportato. Pensavo alla bella tazza colorata che avevo comprato quella mattina e che avevo con me sperando non si fosse rotta. Ero certa che l’incidente non avrebbe avuto serie conseguenze.  Il forte urto ci aveva gettato in avanti e il corrimano mi aveva attraversato come una spada. Un uomo vide che avevo una tremenda emorragia e mi portò fuori dall’autobus dove poi mi soccorse la Croce Rossa.

L’incidente portò Frida a dover subire 32 operazioni chirurgiche e a restare in ospedale per tre mesi. A causa delle fratture alle vertebre lombari dovette indossare per nove mesi diversi busti di gesso e, anche se tornata a casa, fu costretta a rimanere immobile, nel suo letto. Ed è in questo momento che Frida Kahlo inizia a dipingere, facendo della sua immobilità un’opportunità. Grazie ad un cavalletto, dei colori ad olio ed uno specchio posto sul soffitto così da vedere ed utilizzare la sua immagine come modello, Frida inizia a dipingere autoritratti stesa nel suo letto:

Frida Khalo

Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio”.

Questo che segue è uno dei primissimi quadri realizzati da Frida Kahlo che, quando cominciò a dipingere, si dedicò oltre che agli autoritratti anche alla realizzazione di ritratti, con protagonisti soprattutto, amici e membri della famiglia. Alicia Galant era un’amica di Frida, qui dipinta in una posa che ricorda i lavori di Botticelli e Modigliani. Fu con questo ritratto che Frida raggiunse la consapevolezza  di essere un’artista: scrive infatti sul retro del quadro  “My first work of art”, il mio primo lavoro artistico.

Ritratto di Alicia Galant, Frida Khalo – 1927

L’anno successivo, nel 1928, dipinge il Ritratto di Alejandro Gomez Arias,  “Alex” come lo chiama nelle lettere, suo compagno di studi e  fidanzato conosciuto all’età di 15 anni e coinvolto con lei nell’incidente. Nel lungo periodo di degenza in ospedale, Frida scrive moltissime lettere ad Alejandro, interrogandosi sul proprio futuro e cercando di immaginare quale sarebbe stata la sua condizione 30 anni dopo. Questo ritratto è sostanzialmente differente dagli altri della sua produzione e dipinto in modo convenzionale, come fosse una fotografia, in contrasto con lo stile rinascimentale dei suoi primi ritratti. Lo sfondo è costituito da una tinta unita che mette in risalto il protagonista, girato di tre quarti, mentre rivolge il proprio sguardo verso l’osservatore. Alejandro indossa una camicia bianca, su cui risalta cravatta scura, ed una giacca grigia.

Scrive Frida ad Alejandro:

Perché studi così tanto? Quale segreto vai cercando? La vita te lo rivelerà presto. Io so già tutto, senza leggere o scrivere. Poco tempo fa, forse solo qualche giorno fa, ero una ragazza che camminava in un mondo di colori, di forme chiare e tangibili. Tutto era misterioso e qualcosa si nascondeva; immaginare la sua natura era per me un gioco. Se tu sapessi com’è terribile raggiungere tutta la conoscenza all’improvviso – come se un lampo illuminasse la terra! Ora vivo in un pianeta di dolore, trasparente come il ghiaccio. È come se avessi imparato tutto in una volta, in pochi secondi. Le mie amiche, le mie compagne si sono fatte donne lentamente. Io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è insipido e piatto. So che dietro non c’è niente; se ci fosse qualcosa lo vedrei…

In alto a destra sulla tela Frida aggiunge una nota personale, che recita “Alex, ho dipinto il tuo ritratto con affetto, che è uno dei miei compagni per sempre. Frida Kahlo, 30 anni dopo”.

Ritratto di  Alejandro Gomez Arias, Frida Khalo – 1928

Tra i suoi primi lavori

Piccola vita II, Frida Khalo – 1928

Dell’anno successivo uno dei primi lavori introspettivi di Frida, espressione delle sue emozioni: L’autobus (1929)

L’autobus, Frida Khalo – 1929

Frida si dedica con crescente consapevolezza alla pittura. Produce a piccole dosi e piccoli formati ciò che la sua salute le permette di fare, a seconda del fatto che riesca a star seduta o solamente distesa:

I miei quadri sono dipinti bene, non con leggerezza bensì con pazienza. La mia pittura porta in sé il messaggio del dolore.

Con enormi sofferenze e dolori che non la abbandoneranno praticamente mai più Frida riprende a camminare e a condurre una vita “normale”, ritrovando i suoi compagni dell’università e partecipando attivamente alla vita politica tanto da diventare un’attivista del Partito Comunista a cui si iscrive nel 1928.

Frida Khalo

Negli stessi anni conobbe quello che diventerà suo marito, Diego Rivera, famoso pittore del Messico rivoluzionario che stava allora dipingendo i murales per il Ministero della Pubblica Istruzione. A lui Frida sottopose le sue opere per avere una critica autorevole. Rivera scrisse:

“Le sue tele rivelavano un’insolita energia espressiva, un carattere ben delineato e una profonda crudezza. Erano oneste e con una personalità artistica propria. Comunicavano una sensualità vitale, completata da uno spietato ma sensibile potere di osservazione. Mi è stato subito chiaro che questa ragazza era una autentica artista. “

Tra i lavori di Frida mostrati a Rivera e che lo portarono a scrivere queste considerazioni c’erano i tre seguenti quadri che attestano chiaramente la sensibilità e l’abilità di Frida nel catturare la personalità dei suoi modelli:

Nudo di Ady Weber (Mia cugina), Frida Khalo – 1930

La mano, Frida Khalo -1930

Ritratto di Lady Hastings, Frida Khalo -1931 

Diego Rivera era un artista che segnò in modo profondo l’epoca in cui è vissuto. Le sue opere affrontavano temi sociali importanti e conobbero grande fama a livello di opinione pubblica grazie al fatto che le sue esposizioni avvenissero proprio sui muri di grandi edifici pubblici; molte di queste realizzazioni trovavano spazio nel centro storico di una delle più grandi città del mondo, Città del Messicoraccontando le vicende del suo popolo, dei peones, della loro schiavitù, dedicando grande attenzione alle civiltà antiche, dalla azteca alla zapoteca, servendosi di uno stile personalissimo, capace di fondere il moderno e l’antico.

Frida Khalo

Frida Khalo

L’incontro tra i due artisti diede inizialmente vita ad una ammirazione reciproca che presto sfociò in una relazione passionale: Frida allora ventiduenne e Diego (con il doppio dei suoi anni) si sposarono il 21 Agosto 1929. La loro storia d’amore, passata agli annali per il reciproco scambio artistico, l’intensità,  le bizzarrie,  fu però molto travagliata per i reciproci tradimenti, le liti e gli abbandoni. La loro unione si fondava, oltre che sull’amore viscerale per l’arte, anche sul fortissimo attaccamento al loro Paese: il Messico. Entrambi aderirono ad un gruppo di artisti e di intellettuali che sostenevano un’arte messicana indipendente, lontana dall’accademismo e legata all’espressione popolare: il mexicanismo, che si esprimeva nella pittura murale, particolarmente incoraggiata dallo Stato anche per le sue finalità edificanti e la possibilità di raccontare la storia nazionale anche alla grande massa analfabeta.

Frida Khalo

L’influenza di Diego sulla pittura di Frida è particolarmente evidente in lavori tipo La piccola Virginia (1929) dipinto l’anno in cui si sposarono e Dimas morto (1937), nel quale la pittrice ricorda il figlio della domestica a cui era molto affezionata, morto purtroppo a soli tre anni. I bambini rappresentano il popolo messicano che ha ispirato entrambi gli artisti e le loro caratteristiche ricordano i molti messicani nativi che Rivera dipinse nei suoi quadri e nei suoi murales. Ciò che molte persone non sanno è che La piccola Virginia nasconde un particolare affascinante: sul retro del dipinto Frida fece uno schizzo per l’autoritratto Il tempo vola (1929), un dipinto che secondo la critica e storica Teresa del Conde, “fu il primo dipinto ad olio in cui Frida cattura in modo deliberato le sue sembianze in uno stile messicano tutto suo con un certo tocco naif “.

La piccola Virginia, Frida Khalo (1929)

 Schizzo per l’autoritratto Il tempo vola, Frida Khalo (1929)

Dimas Rosas, Frida Khalo (1937)

Frida, dal canto suo, per esprimere idee e sentimenti, creò un proprio linguaggio figurativo; il mondo contenuto nelle opere di Frida si rifà soprattutto all’arte popolare messicana e alla cultura precolombiana; vi sono infatti, immagini votive popolari, raffigurazioni di martiri e santi cristiani, ancorati nella fede del popolo; negli autoritratti, inoltre, Frida si rappresenta quasi sempre in abiti di campagna o con costume indio. Del Messico, poi, ritroviamo, nelle opere di Frida, la flora e la fauna, i cactus, le piante della giungla, le scimmie, i cani itzcuintli, i cervi e i pappagalli.

Frida Khalo

Frida Khalo

L’interesse di Frida per la natura è comunque presente in tutta la sua pittura: lo vediamo in Natura morta (Sole di Samuel Fastlicht), in cui la pittrice celebra la vita e i suoi colori, ma esplora anche temi come la sensualità, la maternità, il dolore e la morte.

Natura morta (Sole di Samuel Fastlicht), Frida Khalo – 1951

Temi che ritroviamo anche in Natura morta con bandiera e pappagallo, in cui  la pittrice esalta anche l’orgoglio nazionale raffigurando una bandiera messicana tra i frutti tipici del paese, i fichi d’India. Altri frutti  messicani e un melone, aperti per rivelare i loro polposi interni, rappresentano provocatoriamente invece il sesso femminile e quindi erotismo,  sensualità, maternità.

Natura morta con bandiera e pappagallo, Frida Khalo (1951)

L’incessante interesse di Frida per la fertilità è espresso in Il Fiore della vita (1945), un quadro in cui celebra il piacere dell’unione tra maschio e femmina. Le tonalità del rosso sono predominanti in questo lavoro in cui un fiore con un aspetto fallico è coronato da una profusione di linee dorate che ricordano un’eiaculazione, mentre un sole nella parte superiore simula un uovo in attesa di essere fecondato. Emergono dal fiore un paio di estremità simili a due braccia le cui mani richiamano il fiore dell’albero della mano, una specie nativa del Messico nota per le sue proprietà medicinali calmanti.

Il fiore della vita, Frida Khalo (1944)

Un lavoro che mostra evidente il surrealismo è Io e la mia balia! (1937), in cui Frida con il corpo di un bambino e la faccia di un adulto allatta tra le braccia di una donna nativa del Messico. Le goccioline di latte che cadono dal seno della donna infondono vita alla vegetazione circostante come fossero il nutrimento donato da Madre Terra. Questa figura probabilmente è stata ispirata dalla balia che si prese cura di Frida da bambina. Sua madre infatti  non potè allattarla perché undici mesi dopo la nascita di Frida diede alla luce l’altra figlia, Cristina.

 Io e la mia balia!, Frida Khalo (1937)

Tantissimi sono i lavori di Frida che provano come non ci sarebbe stata Frida senza Diego e viceversa. Senz’altro tra questi c’è il più maturo Fantasia (1944), un disegno che Frida fece per il suo amico Eduardo Morillo e che presenta elementi comuni con il surrealismo: oggetti di uso quotidiano che assumono un altro significato, come ad esempio montagne che diventano seni, un orologio nell’iride di un occhio che segna la lentezza del tempo e da cui scorre la pioggia che bagna la terra e una gamba che evoca la realtà del dolore all’arto inferiore  con il quale Frida convisse praticamente tutta la vita.

Fantasia, Frida Khalo (1944)

Lo stesso scambio artistico tra Frida e il marito lo ritroviamo in Autoritratto con scimmia (1945) in cui la pittrice guarda se stessa come in un micro-universo. Si dipinge insieme a due dei suoi più cari animali domestici, ritratti con amore materno: la scimmietta Fulang Chang e il suo adorato cane Senor Xolotl. Include anche una figura preispanica che ricorda la passione di Rivera per queste statuine che collezionava e li lega insieme con un nastro giallo. A quel tempo Frida si considerava una donna matura consapevole del suo ambiente.

Autoritratto con scimmia, Frida Khalo (1945) 

Frida e Diego sono due e sono complementari come appare evidente in Io e Diego (1944), un’opera che rappresenta meglio di altre la relazione simbiotica tra loro: metà del volto di Frida combacia con la metà di quello di Diego in una espressione di amore eterno l’uno per l’altro.

Io e Diego, Frida Khalo (1944)

Le opere di entrambi si richiamano fra loro nello stile e nei temi: la vita e la morte, la rivoluzione e la religione, il realismo e il misticismo. Gli altri, le altre, in fondo, non contavano quanto il loro amore, come disse la stessa pittrice:

«Perché dovrei essere così sciocca e permalosa da non capire che tutte queste lettere, avventure con donne, insegnanti di “inglese”, modelle gitane, assistenti di “buona volontà”, le allieve interessate all’ “arte della pittura” e le inviate plenipotenziarie da luoghi lontani rappresentano soltanto dei flirt? In fondo tu ed io ci amiamo profondamente e per questo siamo in grado di sopportare innumerevoli avventure, colpi alle porte, imprecazioni, insulti, reclami internazionali – eppure ci ameremo sempre… Credo che dipenda dal fatto che sono un tantino stupida perché tutte queste cose sono successe e si sono ripetute per i sette anni che abbiamo vissuto insieme e tutte le arrabbiature da cui sono passata sono servite soltanto a farmi finalmente capire che ti amo più della mia stessa pelle e che, se anche tu non mi ami nello stesso modo, comunque in qualche modo mi ami. Non è così? Spero che sia sempre così e di tanto mi accontenterò. Amami un poco, io ti adoro, Frida» (23 luglio 1935).

Frida Khalo e Diego Rivera

Frida Khalo e Diego Rivera

Diego era un libertino e lei, in parte di conseguenza, ebbe rapporti con altri uomini e donne, tra i quali il rivoluzionario russo Lev Trotskij, il poeta Andrè Breton e la militante comunista e fotografa Tina Modotti.

Lev Trotskij nel giardino di Frida e Diego

La stessa pittrice più volte dichiarò che più il marito la tradiva più lei era portata ad amarlo. La Kahlo era così: romantica, passionale, attaccata alla vita, all’amore e al suo uomo. Come se non bastasse, altri drammi resero più difficile la loro unione, come il desiderio irrealizzabile di una famiglia: Frida, a causa dell’incidente, non riusciva a portare a termine le gravidanze, e abortì tre volte.

Chavela e Frida

Nel 1930 la coppia si trasferì per motivi politici negli Stati Uniti, prima a San Francisco, dove Diego dipinse i murales del Luncheon Club della Borsa e l’anno seguente a New York per la retrospettiva del dei murales del Museum of Modern Art. E’ qui che Frida subisce il suo primo aborto spontaneo, un terribile, insopportabile ulteriore dolore.

Vista di New York, Frida Khalo – 1932

Strinse comunque in quel periodo molte amicizie, tra cui quella con Eva Frederick, cui fece un ritratto e uno schizzo di nudo. Il ritratto è sorprendentemente coraggioso in quanto raffigura una donna afro-americana forte e orgogliosa in un’epoca in cui questa comunità subiva gravi discriminazioni razziali.

Ritratto di Eva Frederick, Frida Khalo – 1931

Nudo di Eva Frederick, Frida Khalo – 1931

Durante i suoi viaggi Frida conobbe il lavoro di Luther Burbank, importante orticultore vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento e morto alcuni anni prima, molto conosciuto per aver coltivato e dato vita a delle piante particolari ed ibridi innovativi. Colpita dalle sue ricerche, Frida decise di dipingerlo come una specie di uomo-albero in un ritratto che contiene il dualismo tipico dei suoi lavori, in questo caso tra la vita e la morte.

Ritratto di Luther  Burbank, Frida Khalo – 1931

Il 1932 fu un altro anno drammatico nella vita di Frida. La coppia viveva a Detroit dove si era trasferita per un’altra commissione di Rivera e tutto sembrava andare alla perfezione finchè Frida ebbe un secondo aborto che la costrinse in ospedale per 13 giorni.  Era al quarto mese di gravidanza e ne soffrì terribilmente. Questa esperienza ispirò un quadro che intitolò con il nome dell’ospedale stesso, Henry Ford Hospital (il letto volante), in cui Frida si dipinge sdraiata su un letto in un lago di sangue e con la pancia ancora ingrossata per la gestazione del bambino dalla quale nascono le vene che conducono a vari elementi differenti: il feto di un bambino, una lumaca che simboleggia la terribile lentezza dell’aborto, la parte inferiore del tronco umano. In basso, un oggetto meccanico, parte dello sterilizzatore a vapore, e infine l’orchidea, al centro della tela,  che è il fiore che Diego le portò mentre era ricoverata.

Henry Ford Hospital, Frida Khalo – 1932

In quel periodo dipinse anche Frida e l’Aborto Spontaneo (1932), uno dei suoi pochi esperimenti con la litografia. Questa opera attesta anche il suo grande interesse per la scienza, l’anatomia e la medicina, un campo in cui aveva ad un certo punto pensato di specializzarsi. Ancora una volta Frida si dipinge nella sua piena femminilità esplorando senza vergogna quelli che certamente dovevano essere profondi tabù in quel periodo. Evidenzia con maestria il contrasto tra la frustrazione di una gravidanza fallita e il desiderio di avere un figlio.

Frida e l’aborto, Frida Khalo – 1932

Sempre del 1932 è anche Autoritratto con il cappello rosso

Autoritratto con il cappello rosso, Frida Khalo -1932

La sua salute intanto peggiorò molto e nel 1934 Frida subì un terzo aborto. Non fu un anno facile per la coppia in quanto il murales che Diego aveva dipinto per il Rockefeller Center di New York venne distrutto dalla committenza per contrasti ideologici (Rivera aveva inserito al centro del suo dipinto un operaio con il volto di Lenin) e pochi mesi dopo  Frida scoprì la relazione di suo marito con la sorella Cristina. Quell’anno non produsse nulla.

Questo quadro, dipinto nel 1935, si ispira ad una truculenta vicenda di cronaca nera: un uomo, per gelosia, aveva trafitto la donna amata con numerose coltellate, devastandone il corpo. Catturato aveva dichiarato al giudice: ”Ma era solo qualche pugnalata”, frase che ha dato titolo al quadro. Nel volto dell’assassino vi sono i tratti somatici di Rivera, mentre il corpo nudo della donna porta ancora la scarpa destra, come a ricordare l’arto offeso di Frida con lo stivaletto ortopedico.

Solo qualche pugnalata, Frida Khalo – 1935

Questi continui tradimenti  portano i due a separarsi, nel 1939. Ma l’anno seguente, consapevole dell’errore commesso, Rivera propose nuovamente all’ormai ex moglie di sposarlo. Frida, divenuta ormai indipendente e consapevole sia sul piano sessuale che su quello economico, decise di accettare a due condizioni: non avrebbe più accettato denaro da lui e non avrebbero più avuto rapporti sessuali. Lei stessa in più occasioni  definì il loro rapporto con queste precise parole:

“Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera.”

Sono gli ultimi anni di vita  quando dipinse questi quadri in cui emerge tutta la sua sofferenza sempre però alternata all’amore per la vita:

Senza speranza, Frida Khalo – 1945 

Senza titolo (Cuore, cactus e feto), Frida Khalo – nessuna data

Il pulcino, Frida Khalo – 1945

La maschera della Pazzia, Frida Khalo – 1945

Il sole e la vita, Frida Khalo – 1947

A quell’epoca, in ogni caso, Frida ebbe diversi entusiasti protettori tra cui, tra i più potenti, Eduardo Morillo Safa, ingegnere agricolo e diplomatico che nel corso degli anni acquistò più di 30 suoi quadri e nel 1944 le commissionò oltre al suo ritratto anche quello della madre Donna Rosita Morillo.

Ritratto dell’ingegnere Eduardo Morillo Safa, Frida Khalo – 1944

Donna Rosita Morillo, Frida Khalo – 1944

Ci piace raccontare che nel maggio del 2010, un suo piccolo quadro, “Sopravvissuto”, offerto in vendita da Christie’s a New York, è stato aggiudicato a 1,2 milioni dopo una serrata gara al rilancio. Dipinto nel 1938, era stato esposto nel novembre di quell’anno alla prima mostra personale della Kahlo, nella galleria newyorkese Julien Levy e acquistato in quell’occasione dal critico Walter Pach per 100 dollari.  Pach l’aveva in seguito donato a un collezionista di Atene, dove l’opera è rimasta fino alla data della sua vendita.  Il piccolo olio (17×12 cm) raffigura un idolo precolombiano, col capo coperto di piume, in un paesaggio deserto ed è racchiuso in una cornice di latta, dell’artigianato di Oaxaca, che gli aveva applicato la stessa artista. A detta della Kahlo, il quadro rappresentava la sopravvivenza del Messico in un mondo instabile, traballante.

Sopravvissuto, Frida Khalo – 1938

Sopravvissuto, Frida Khalo – 1938

Dopo una vita di forti passioni, anche politiche, di sofferenza, vissuta in parte all’ombra dell’ingombrante marito, dalla mole imponente e ampiamente celebrato, il trionfo arrivò con la mostra personale allestita in una galleria messicana nel 1953. L’aneddoto che l’accompagna è noto, ma vale la pena di ricordarlo: i dottori non volevano partecipasse all’inaugurazione perché troppo malata, ma lei insistette; così Rivera la fece sistemare su un grande letto a baldacchino al centro della galleria.

Nello stesso anno, si dovette amputare la gamba destra ormai in cancrena. Era stata curata fin dal 1936 per ulcere alle dita del piede, probabilmente di natura vascolare, con infezioni sovrapposte. Alcune falangi erano già state sacrificate anni prima. Dopo l’amputazione le fu applicata una protesi e gli amici continuarono a sperare. Lei invece, caduta in una profonda depressione, tentò due volte il suicidio, finchè morì un anno dopo, nel 1954, per una polmonite trascurata.

Le ultime parole scritte sul suo diario furono: ”Attendo con gioia la mia dipartita, e spero di non tornare mai più”

Questo forse il suo ultimo dipinto, Il cerchio. In una pagina del suo diario di quei giorni, Frida si ritrova seduta su un piedistallo con una gamba mancante e una mano e una testa che cadono a terra. La didascalia recita: “Yo soy la DESINTEGRACION” (Io sono la disintegrazione).In questo dipinto mancano la testa e gli arti della figura e il corpo si sta disintegrando e si scioglie sullo sfondo in un’espressione quasi violenta del dolore fisico che Kahlo ha dovuto sopportare.

Il cerchio, Frida Khalo – 1954

Diego Rivera morì tre anni dopo nel 1957 lasciando allo stato del Messico molti dei lavori della moglie e il suo museo privato. Nel 1858 la casa nativa di Frida, la Casa azzurra, sicuramente la costruzione più iconica del Messico è diventata Museo Pubblico. La casa fu ristutturata da Diego alla fine degli anni ’30: i muri, precedentemente bianchi, furono dipinti di blu e il giardino,  al cui centro Diego eresse una piramide ancora presente,  venne curato particolare attenzione. La casa e il suo arredamento riflettono pienamente l’amore di Frida e Diego per la cultura e il folclore del Messico.

La casa azzurra

In mostra anche questa Pittura votiva raffigurante suor M. Maria Anna Josefa di San Ignazio eseguita da  José de Alcíbar nel 1739 dalla quale Frida prese molti particolari e dettagli per i suoi autoritratti

 

 Pittura votiva della suor M. Maria Anna Josefa di San Ignazio, José de Alcíbar – 1739

Statuine e gioielli messicani appartenuti alla collezione Frida e Diego 

Bibliografia

Patricia Curdero – Nothing to hide: Frida Kahlo Revealed

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