Quarantena nella Brindisi di tre secoli or sono

Il 20 di agosto 1797 passava da Brindisi Antoine-Laurent Castellan, pittore e letterato francese, amico di Byron ma per alcuni spia dei francesi, che iniziò a scrivere le sue impressioni sulla città e i cittadini corredandole con i disegni del porto.
Proveniente con i suoi amici dalla Turchia, “in cui un’occhiata data alla bellezza diventa un crimine, in cui si devono scacciare tutti i sentimenti che essa provoca, in cui la più debole traccia di galanteria e anche di gentilezza è considerata un tradimento, che ben presto accende la gelosia e chiama la vendetta”, si aspettava di trovare in Brindisi una diversa accoglienza, ma, la peste manifestatasi in Corsica e Dalmazia alcuni anni prima, aveva imposto la quarantena a tutte le navi che arrivavano in porto.
Castellan e i suoi amici rifiutarono di internarsi nel nuovo Ufficio della Deputazione di Sanità o Lazzaretto (ove è attualmente la Capitaneria di Porto) costruito vicino al mare, per via dell’azione malsana delle acque e scelsero di rimanere a bordo della propria feluca (piccolo veliero a due alberi dove almeno) nel porto esterno, dove almeno potevano respirare aria pulita.
Così Castellan descrisse la sua quarantena e quella dei suoi amici: “Senz’altro letto che le tavole del battello, senz’altra copertura che il cielo, privi non solo del superfluo che avremmo pagato a peso d’oro, ma spesso anche del necessario, ci permettevano solo l’indispensabile; e questa parola, considerata a rigore, equivaleva alla più assoluta indigenza. Rispondevano alle nostre domande solo facendo valere le severe leggi della quarantena. Suppliche reiterate diventavano inutili ed anche umilianti: ce ne siamo astenuti, (..).Esposti senza protezione alcuna durante il giorno ad un sole cocente, non avevamo altra risorsa, per spegnere il calore interno che ci divorava, se non immergerci in un’acqua infetta; e questo bagno, per nulla salutare ci rinfrescava solo un attimo, per lasciarci dopo sul corpo un prurito insopportabile. La notte, nulla ci proteggeva dagli attacchi malsani dell’aria e della nebbia che penetrava in noi con un’umidità glaciale, il cui contrasto era tanto più marcato quanto più la giornata era stata insopportabile. L’estremità delle lingue di mare che circondano la città, e particolarmente il posto in cui ci troviamo, è coperto di nere canne, che nascondono insetti e rettili malsani. Inoltre, dal fondo delle acque, che hanno un ammasso di materie putride in disfacimento, ci sono continue esalazioni di un gas fetido, i cui globuli giungono a scoppiare alla superficie del mare, e sembrano farlo ribollire. Il loro odore sgradevole è così forte , che si diffonde lontano e che colpisce l’odorato fin dall’entrata nella rada, quando il vento lo spinge da quella parte. Se invece esso lo porta sulla città, allora la febbre estende la sua maligna influenza su quasi tutti gli abitanti, che non possono sfuggirvi se non spostandosi in fretta in una zona più salubre.”
Bibl.
Cronaca dei Sindaci di Brindisi, di R. Jurlaro; Storia di Brindisi, F. Ascoli

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