Londra Museo del Mare – National Maritime Museum

Il Museo Marittimo Nazionale di Londra, sorge a Greenwich, zona sin dai tempi più antichi  legata al mare e alla navigazione: punto d’approdo per i Romani, luogo di nascita di Enrico VIII e luogo di origine della marina britannica; Carlo II vi fondò l’osservatorio nel 1675 per “trovare la longitudine dei luoghi”, fu luogo del primo meridiano dal 1884 e a lungo centro di studi astronomici.

L’idea per un Museo nazionale del mare risale al 1927, quando la Society for Nautical Research lanciò un appello pubblico per sviluppare un “museo nazionale navale e nautico”. Fu allora che Sir James Caird, ricco membro della Società, acquistò la Collezione Macpherson di oltre 11.000 stampe marittime, insieme a modelli di navi e molti altri oggetti, proprio per contribuire ad avviare la collezione del Museo. L’archivio e la biblioteca del Museo prendono oggi il suo nome in riconoscimento di questa donazione.

Dieci anni dopo la costituzione di quel primo nucleo centrale della collezione, il Museo venne aperto da re Giorgio VI: nella foto il Re nel giorno dell’inaugurazione – il 27 aprile del 1937 – con Geoffrey Callendar (a sinistra), primo direttore del Museo, Sir James Caird e altri finanziatori, la Regina Madre, sua moglie e la giovane figlia Elizabeth, oggi Regina d’Inghilterra.

 Il museo raccoglie i beni più importanti della storia marittima della Gran Bretagna, con più di due milioni di oggetti, tra cui arte marittima (sia inglese che olandese del XVII secolo), cartografia, manoscritti, registri pubblici ufficiali, modelli di navi e progetti, strumenti scientifici e di navigazione, strumenti per il calcolo del tempo e l’astronomia.

La sua collezione di ritratti inglesi è superata in grandezza solo da quella della National Portrait Gallery e conserva, tra i tanti altri,  i beni del vice-ammiraglio Horatio Nelson e del capitano James Cook.

Un programma di finanziamenti molto attivo (nel 2008,  il magnate israeliano Sammy Ofer ha donato 20 milioni di sterline per una nuova galleria) assicura che gli elementi della collezione siano conosciuti non solo nel Regno Unito, ma in tutto il mondo e consente, attraverso esposizioni, mostre e programmi di sensibilizzazione, anche un programma di studi e ricerche sul nostro rapporto con il mare come forza e risorsa ambientale.

Per farci un’idea dell’interesse che raccoglie basti pensare che solo tra il 2016 e il 2017 il Museo ha avuto 2,41 milioni di visitatori.

Da anni si parla di realizzare nella nostra Brindisi un Museo del Mare per cui abbiamo guardato questa esposizione con occhi più attenti ed emozionati. Vi racconteremo qui le meraviglie che abbiamo fotografato perchè possano, chissà, funzionare da esempio ed ispirazione. Questa la nostra visita.

La nave di Nelson in bottiglia

Inizialmente esposta a Trafalgar Square, la centralissima piazza londinese dedicata al ricordo della Battaglia di Trafalgar (1805) in cui la Royal Navy di Horatio Nelson sconfisse le flotte combinate di Francia e Spagna, questa saluta ora i visitatori all’ingresso del Museo Marittimo Nazionale.


La nave, opera dell’artista anglo-nigeriano Yinka Shonibare, è lunga 5 metri ed è una fedele riproduzione di quella di Nelson. L’opera però è molto di più che una semplice rievocazione storica (il modello della barca è dettagliatissimo) perché utilizzando per le vele tessuti africani l’autore ha voluto scrivere un chiarissimo “messaggio nella bottiglia” che ci ricorda che l’Inghilterra costruì un potere coloniale fondato sulla schiavitù, che gli interessi commerciali inglesi erano già globali, ma vuole celebrare il multiculturalismo di Londra al quale la battaglia di Trafalgar (che alcuni storici riconoscono come un evento chiave per l’abolizione della schiavitù nel 1807) ha contribuito. I tessuti delle vele sono stati acquistati a Brixton, nel sud di Londra, sede di una vivace comunità africana. Bottiglia e tappo sono “made in Italy”.

La Battaglia di Trafalgar di Turner

Dopo uno spettacolare ingresso accompagnato dal suono del frangere delle onde, ci si ritrova in uno dei musei marittimi più straordinari al mondo che ospita modelli, esposizioni, dipinti e trofei provenienti da ogni continente del globo. Una posizione di rilievo, in una sala dedicata, è riservata al grande quadro La battaglia di Trafalgar (21 ottobre 1805) commissionato nel 1822 da re Giorgio IV a William Turner, uno dei più grandi maestri britannici di tutti i tempi. Il quadro, una delle tele più grandi di Turner, di dimensioni monumentali (2,61 m x 3,68 m) è esposto in una sala buia, con le pareti tappezzate di velluto nero. Ci auguriamo che le nostre foto ne possano rendere almeno in parte la bellezza.

Al centro, illuminata dalla luce del sole, ecco la nave ammiraglia di Nelson, la Vittoria, avvolta dai fumi della battaglia che si combatte intorno ad essa. Turner rappresenta l’albero di gabbia di mezzana mentre si spezza e cade colpito dalla violenza del fuoco nemico, allusione questa a Nelson stesso ferito a morte sul ponte durante la battaglia. Sull’albero maestro il segnale lanciato dall’ammiraglio Nelson mentre la battaglia era sul punto di cominciare e che recita “L’Inghilterra si aspetta che ogni uomo faccia il suo dovere”.
Sulla destra la nave francese “Redoutable” cola a picco tra le onde, mentre in primo piano i marinai cercano scampo tra i flutti; alcuni sono già morti, altri tentano di mettere in salvo i feriti, mentre un marinaio sopravvissuto stringe tra le mani la bandiera del Regno Unito. Sebbene il dipinto avesse riscosso un immediato consenso tra gli addetti ai lavori, il suo intento simbolico non venne invece apprezzato dai reali e dai vertici della marina, poiché giudicato poco accurato nella sua rappresentazione dei fatti. Turner aveva infatti scelto di mettere in un’unica tela momenti diversi della stessa battaglia. Nel 1829 il re decise così di donare l’opera alla Galleria Navale dell’ospedale di Greenwich, dove sarebbe poi rimasta fino al completamento del National Maritime Museum.

Vi mostriamo anche la splendida divisa dell’ammiraglio Nelson, diventata una icona nazionale, e i pantaloni che indossava quando, dopo essere stato ferito, fu operato sulla nave stessa nel tentativo, purtroppo vano, di salvargli la vita. Noterete che furono tagliati a livello della ferita mortale per poterglieli sfilare. Sull’uniforme è chiaramente visibile il foro di entrata del proiettile, che frantumò la spalla sinistra, perforò il polmone e si conficcò nella colonna vertebrale, determinando la morte dell’ammiraglio nel giro di tre ore, ma non prima che gli venisse comunicata la vittoria britannica nella battaglia.

Una curiosità: alla sua morte il corpo di Nelson fu riposto in una botte di rum, per preservarlo fino al suo arrivo in Inghilterra, dove fu solennemente tumulato nella Cattedrale di St Paul a Londra, all’interno di una bara ricavata dall’albero maestro de L’Orient, l’ammiraglia francese nella battaglia del Nilo. Tuttavia la botte arrivò senza una goccia di rum, bevuto dall’equipaggio, ignaro o incurante della circostanza.

Tomba di Orazio Nelson, Cattedrale di St Paul – Londra

Lancia da parata del principe Federico (1736) 

Questa “limousine” del suo tempo fu costruita da John Kell e decorata con sculture da James Richards nel 1731-32 su progetto di William Kent, uomo di umili origini diventato architetto, pittore e progettista di giardini e interni. Kent, che lavorò per alcuni dei personaggi più ricchi e influenti del suo tempo, disegnò anche le livree dei marinai della lancia e progettò per il principe Federico, principe di Galles, anche la casa a Kew e i giardini a Carlton House. Amante delle arti, musicista dilettante e leader nella moda, Federico trascorse buona parte della sua vita adulta competendo con il padre, re Giorgio II. La sua lancia dallo splendore appariscente era più veloce e bella di tutte quelle del padre, ed esaltava il suo status di erede al trono britannico.
Il progetto fu ispirato dai più piccoli wherry del Tamigi, un tipo di taxi acquatici, ma con una sezione mediana piatta per accogliere la cabina. Veniva spinta da 21 rematori e governata da un capitano. La lunga prua sporgente consentiva ai passeggeri di scendere a terra senza bagnarsi i piedi. La poppa sollevata in alto consentiva al capitano di vedere sopra il tetto della cabina.
Nel 18° secolo viaggiare per nave sul Tamigi era il modo più veloce di muoversi; a partire dalla metà del 19° secolo, via via che le strade di Londra miglioravano, il Tamigi venne usato sempre meno per viaggiare, ma rimase un palcoscenico importante per le occasioni pubbliche. La lancia fu usata per l’ultima volta sul fiume dal marito della regina Vittoria, Albert, nel 1849.

Polene

In foto alcune delle 93 polene navali del museo, datate tra il 18° e il 19° secolo e acquisite per i due terzi dall’ammiragliato tra gli anni 1930 e 1970. Provengono da navi da guerra di diverse classi tra le quali le navi di Sua Maestà Ajax, London e Bulldog. Rappresentano personaggi mitologici, storici o fantastici e animali.

Non è noto il motivo per cui veniva installata una statua alla prua di una nave, ma probabilmente essa aveva un significato magico o religioso collegato con l’indicare alla nave la sua strada sicura attraverso il mare.

La grande Mappa: un museo per le famiglie

Proprio al centro del museo, nella grande hall,  è stata realizzata in particolar modo per i bambini una gigantesca mappa che consente loro di esplorare il mondo e le collezioni del museo, e di compiere giochi interattivi. La mappa riveste il pavimento del più grande spazio aperto del museo, ricoperto da un’ampia cupola a vetri. Si possono esplorare le profondità del mare come farebbe un sottomarino oppure costruire ponti tra i continenti, conoscere attraverso dati in tempo reale le correnti e i venti che guidano le imbarcazioni e i marinai attraverso gli oceani e i mari. Un tablet touch screen permette di scoprire storie di donne pirata, della spedizione antartica di Robert Falcon Scott, e molto ancora. Accanto un grande bar per i genitori e un affollatissimo parcheggio per i passeggini dei piccoli. L’idea di una mappa su cui camminare, correre, giocare ci è sembrato un modo stupendo per conoscere i primi rudimenti di geografia, perchè i bambini capiscano che il mondo è la nostra casa e che quindi siamo TUTTI membri della stessa grande famiglia.


Non possiamo documentare fotograficamente invece quello che di altro il museo offre ai piccoli visitatori perchè abbiamo scelto di visitare altre gallerie, ma per bambini da 6 a 12 anni è possibile esplorare le proprie abilità marinare e le tecnologie passate e presenti, sparare con un cannone oppure caricare un cargo in un porto, aiutare a preparare il cibo nella cambusa di una nave e scoprire gli strani pasti che i marinai mangiano a bordo. Si può anche inviare un messaggio in codice Morse e imparare l’uso di una radio ricetrasmittente. Il museo possiede anche il più avanzato simulatore interattivo di un ponte di comando e si può vivere l’esperienza del capitano della nave manovrandola manualmente in un porto, provando l’eccitazione, le difficoltà, i pericoli e le abilità collegati con la guida in mare. Ci si unisce all’equipaggio e si sperimentano gli spettacoli e i suoni del vascello in movimento, dai comandi urlati del capitano alla vibrazione dei motori. Oppure ci si trova al timone di un peschereccio che naviga tra le boe del porto di New York, si segue un elicottero in missione di salvataggio verso un vascello che affonda, si naviga su una fregata in posizione vicino alle coste di Sidney o si guida un traghetto nel porto di Dover. Il simulatore si basa sul software usato nella effettiva formazione di capitani e timonieri. Attraverso cinque schermi interattivi i visitatori usano i reali strumenti di navigazione, carte elettroniche e radar per compiere il proprio percorso attraverso gli scenari predisposti. Insomma una esperienza indimenticabile.

Oggetti del mare

Una sezione importante del museo è dedicata alle “cose del mare”, più di 6000 oggetti legati al mondo marittimo. E’ esposta in pratica ogni cosa legata al mare, da modellini navali, a busti e oggetti personali degli eroi navali,  strumenti astronomici e di navigazione, cannocchiali, binocoli, sestanti, sfere armillari, cronometri e ancora medaglie, giornali, ritratti e ogni tipo di strumento per la navigazione. Molti degli oggetti s possono essere toccati e ammirati da vicino. Ve ne mostriamo una carrellata:

Al centro servizio da colazione appartenuto all’ammiraglio Nelson

Supporto decorato che sosteneva l’ancora di una nave quando non era in uso

Mitragliatrice Nordenfelt del 1892 

A sinistra un salvagente del rimorchiatore a ruote Reliant 

 

Elmetto da sub a sei bulloni

 

Baltic Exchange Memorial Glass 

In una sala particolare del Museo hanno trovato posto queste splendide vetrate colorate eseguite nel 1922 dall’artista John Dudley Forsyth, danneggiate nel 1992 da una bomba dell’IRA e meticolosamente restaurate dai conservatori del museo con un lavoro decennale. Le vetrate facevano parte di un monumento ai 60 caduti nella prima guerra mondiale membri del Baltic Exchange, la società della City che riuniva i commercianti marittimi, situato dove si trova l’attuale torre The Gherkin.

Qui le vetrate che formavano la cupola semi sferica, alta più di tre metri, perfettamente ristrutturata e ricostruita

Queste altre vetrate invece chiudevano le cinque Finestre delle Virtù sulle quali poggiava la cupola raffigurando: Speranza, Forza, Giustizia, Verità e Fede:

La rappresentazione è una fusione di simboli classici e religiosi, che collegano l’impero britannico a quello romano e celebrano l’eroismo e il trionfo della guerra. Centurioni romani e figure femminili danno il benvenuto alla Vittoria Alata che si erge da una nave verso l’arcata centrale di un tempio romano, e sulla cui testa vola la colomba della pace. Dentro l’architettura sono esposti gli scudi e i distintivi delle colonie e dipendenze dell’Impero britannico, con al centro lo stemma reale. Nei due pannelli esterni sono elencati i nomi delle principali battaglie della prima guerra mondiale.

 

Work in progress

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