Masseria Badessa – S. Vito dei Normanni (Br)

Vi si accede dalla Mesagne-Serranova e dista 13 chilometri da Brindisi e 6 da S. Vito. I suoi fabbricati, in gran parte ottocenteschi, si sviluppano sui quattro lati della corte. Sul fianco destro un porticato, al cui termine c’è l’accesso alle grotte; su quello sinistro, la chiesetta semi-distrutta.
Nell’età antica, nei terreni della masseria “fu attiva una villa rustica romana sia nell’età repubblicana che in quella imperiale (*). Le grotte scavate potrebbero aver ospitato un insediamento monastico, indizio questo che fa pensare ad un’utilizzazione agricola dei terreni anche nel periodo medievale”.
Nel 1107, le benedettine di Brindisi, riceveranno in donazione da Sichelgaita, moglie del normanno Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo. il possesso dei terreni.
Fu Maria Teresa Seripando che, nel 1686, col consenso del marito d. Francesco Caravita, dotò la Masseria di “una chiesa sotto il titolo del Salvatore, per commodità de massari, ed altri lavoratori esistenti in detta massaria, acciò questi nelli giorni festivi, non perdessero la messa, stante la distanza che detta massaria tiene di questa città, e di altri luochi convicini”.
Dopo molte vicende e cambi di proprietà, la Masseria fu acquistata da Luigi Dentice nella prima metà del 1800, ed espropriata per i provvedimenti connessi alla Riforma Fondiaria, intorno al 1950. Rimasero ai Dentice circa 10 ettari oltre ai fabbricati che, con D.M. 8/3/1982, furono sottoposti a vincolo.
Nella lunga storia della Masseria accadde anche un fatto di cronaca nera passato alla storia (**): “Il 21 novembre 1862, dopo il sacco di Carovigno, i briganti protagonisti dell’assalto, si rifugiano a Badessa. Qui vengono notati da un gruppo di guardie nazionali e carabinieri; la vedetta piazzata dal Romano, capo della banda, sul sommo della Masseria avvista però il drappello cui vanno incontro i briganti su due ali con l’intento d’accerchiarlo. I militi cercano allora di retrocedere verso gli ulivi della masseria Argentieri e, nella circostanza, incontrano il massaro F. D’Adamo che poi relazionerà ai briganti sull’esatta posizione dei militi che vengono raggiunti prima degli ulivi; uno di essi, Michele Catamerò è fatto prigioniero. Il brigante D. Amati, rimasto ferito, fu condotto nella masseria Badessa e fatto nascondere nel relativo sotterraneo con la complicità del D’Adamo che temendo guai fuggirà, con la moglie, dalla masseria ove poi i militari troveranno il brigante.”
(*) A. De Castro e G. Carito – Le masserie dell’agro di Brindisi dal latifondo alla riforma pp. 108/14 (Riferim. Marangio, La romanizzazione p.113; repertorio p. 50)
(**) Questo il resoconto dei fatti nel “Nuovomonitorenapoletano.it:
– 21 novembre 1862. La banda irruppe in un paese indifeso, Carovigno, saccheggiando e devastando abitazioni private e negozi.
-21 novembre 1862. Subito dopo il saccheggio di Carovigno la banda ebbe uno scontro a fuoco con un reparto di carabinieri e di guardie nazionali. Essa venne respinta e sconfitta, ma riuscì a fare un prigioniero, la guardia nazionale Michele Catamarò, che venne condannato a morte. Il carnefice fu il brigante Antonio Briante, che gli recise la gola con un coltellaccio.”

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