Palazzo Perez – Brindisi

La famiglia Perez, che abitava nell’omonimo palazzo che vi mostriamo, risultava nel catasto onciario di Brindisi, appartenente alla classe dei “patrizi”.

Don Pascale, di anni 25, abitava nel 1754 in comune coi fratelli un quarto del palazzo sopra le Colonne (CO, fol. 513 t). Lo storico N. Vacca ci racconta un curioso episodio accaduto nel 1830 a casa Perez.

Proprio in quell’anno  la Carboneria, società segreta che esisteva anche in Brindisi e a cui Francesco Perez apparteneva, di ispirazione liberale e democratica (per approfondire si veda il nostro articolo La massoneria a Brindisi a questo link – http://wp.me/p8GemW-65), congiurava contro il governo e aveva avuto un ruolo decisivo nei moti di Modena e Reggio del 1830. I rivoluzionari guidati da Ciro Menotti, furono traditi dal duca Francesco IV che li aveva precedentemente appoggiati, e tutti i capi della rivolta furono arrestati e giustiziati.

Forse per questo anche l’episodio che raccontiamo e la severità dimostrata dagli organi di polizia crediamo vada letto alla luce del pesante clima di sospetto e intimidazione che regnava in quel periodo.

Dal libro Brindisi Ignorata di N. Vacca:

“A ridosso delle Colonne, a ovest, è il palazzo Perez in cui si svolse una romantica scena del nostro Risorgimento. A 3 ore di notte dell’8 febbraio  1830 nella casa di D. Francesco Perez s’intratteneva una comitiva di amici, tra cui delle signore e degli attendibili in politica. La riunione, che non doveva essere la prima, era stata segnalata alla polizia la quale picchiò alla porta più volte, ma invano. Infine, ritornata con un rinforzo di gendarmeria, picchiò nuovamente e così la porta fu aperta. Il commissario in una sala vi trovò persone parte in piedi e parte sedute mentre D. Felice Quarta e Moisè Della Corte suonavano due strumenti musicali. Fra gli altri vi era il “famosissimo settario D. Giovanni Crudo, uomo irreconciliabile con l‘attuale sistema di cose, già Gran Maestro dell’Ordine Carbonaro, tenente legionario, portato a fare delle innovazioni politiche, colpevole d’immiscenze settarie ed altri fatti criminosi anche dopo il marzo 1821 ed uno di quelli che finsero la condanna a morte e bruciarono l’effigie del principe di Metternich nella pubblica piazza di questo Comune”. Vi erano inoltre Pietro Magliano che nel 1820 era stato segnalato in Napoli come rivoluzionario, e Domenico Nervegna “settario graduato”.

Il Commissario, che aveva compreso trattarsi di tutt’altro che di una festa tra amici, intimò alla comitiva “danzante” di sciogliersi. L’Intendente chiamò a Lecce i soggetti sorpresi e li trattenne per quindici giorni sotto mandato. Don Francesco Perez fu fatto “ritirare” per 90 giorni in un monastero di Brindisi “per ricevervi i santi esercizi”, ma nessuna misura fu adottata contro le signore, sulle quali tuttavia il Commissario espresse il sospetto che fossero degli stessi sentimenti degli uomini.”

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