Cisternino – Uno dei borghi più belli d’Italia

Cenni storici

Cisternino fino al 1927 era parte della Terra di Bari.
Il nome deriverebbe da “Cis-Sturninum”, al di qua di Sturni, antico centro japigio nei pressi di Ostuni che aveva preso la denominazione da Sturno, compagno dell’eroe omerico Diomede, scampato alla guerra di Troia.
Non c’è nessun documento che certifichi quanto accaduto nell’Alto Medioevo, ma ad accertare la presenza dei “Longobardi nella zona, potrebbe essere l’episodio – riportato dal Codice Diplomatico Brindisino nel Documento n. 11, in data 19 aprile X ind., cioè 19 aprile 1107 – in cui la contessa longobarda Sichelgaita, vedova del conte Goffridus, «dona alla Chiesa e al monastero di S. Maria Antica di Brindisi, per l’anima del suo marito e del figlio, nonché per la salute sua e dell’altro figlio Tanchredus», i villaggi di Tuturano e Valerano e altre proprietà, fra cui la «lama di Cisternino».


Naturalmente ciò che Sichelgaita donava, poteva essere del marito, cioè del normanno Goffredo, già signore di Brindisi dal 1097.
Ma la notizia è anche interessante per una delle rarissime attestazioni, in un documento antico, della presenza di Cisternino in età medioevale, anche se qui si parla soltanto di lama. Ma già il fatto che la lama avesse un nome, fa supporre che vi fosse un insediamento umano o, più verosimilmente, un casale.” (1)

La prima testimonianza archeologica sul Casale di Cisternino è data dalla scoperta, al di sotto della chiesa romanica di S. Nicola, dei resti di un piccolo tempio cristiano, edificato realisticamente intorno all’anno 1000. Papa Alessandro III, con una bolla pontificia del 26 febbraio 1180 assegnava questa chiesa ed il Casale di Cisternino al Vescovo di Monopoli.

Sui resti dell’antica chiesa di S. Nicola di Pàtara sorse nel XIV sec. l’attuale Chiesa Madre.

La Chiesa Matrice o di S. Nicola

“La chiesa, di chiara impostazione tardo-romanica, con immissione di elementi gotici successivi, manca dell’originaria facciata, sostituita a metà Ottocento da un’altra in stile neoclassico. Varianti si sono susseguite all’interno nel corso di vari secoli, ma attualmente la chiesa è ritornata alla sua prima concezione romanica, essendo state eliminate, a metà del Novecento, sovrastrutture decise nel tempo.
La chiesa attuale è un edificio a tre navate che, incrociando un ampio transetto sistemato probabilmente in periodo gotico e, ignorando, o meglio avendo perso l’abside per espandersi in un cappellone rettangolare dove alloggiare un pregevole coro ligneo nella seconda metà del Seicento – denota un susseguirsi di interventi che ne hanno snaturato in parte l’univoca immagine romanico-pugliese.
La navata centrale è divisa da quelle laterali da otto robuste colonne a sostenere sei archi a tutto sesto, semicircolari, tipici dell’architettura romanica.
Gli archi separano una campata dall’altra, proseguendo i sostegni e dividendo le volte poggianti su tali sostegni.
Le prime campate avevano ed hanno tuttora – con la nuova facciata – il loro appoggio nella facciata stessa, in cui risultano inglobate, per metà, le prime colonne.
Le colonne sono di tipo corinzio ed hanno: la base con il plinto (zoccolo squadrato) basso, ornato di fregi in rilievo e sormontato da un cercine anche a rilievo; il fusto a superficie liscia; il capitello a tronco di cono calato ed avvolto da foglie di acanto stilizzate.
La chiesa è coperta a capriate. Subito all’ingresso, sulla destra, v’è il Cappellone del S. Rosario, che la confraternita omonima volle fare aggiungere nella seconda metà del secolo XVI. È un ampio vano a cui si accede da un semplice largo portale. Nella cappella, oltre al Fonte battesimale, è da notare il quadro della Madonna del Rosario costellato da 15 medaglioni riferentesi ai Misteri del S. Rosario ed inoltre un bassorilievo in pietra del busto di Cristo morto, opera che si può attribuire a Stefano da Putignano.
E di Stefano da Putignano, continuando il percorso della navata destra, prima dell’altro cappellone del SS. Sacramento ancora della seconda metà del secolo XVI, vi è il gruppo scultoreo in pietra, una volta dipinta, della cosiddetta Madonna del cardellino, mirabile opera che esprime in pieno l’affermazione del Rinascimento anche in Puglia.
La Madonna di Cisternino, firmata e datata sulla base, del 1517, è della piena maturità dell’artista.
Il Cappellone del SS. Sacramento è di ampio respiro nella parte centrale, che fa da pronao alla più piccola cappella del SS. Sacramento vero e proprio, separata da un delicato cancello in ghisa.” (1)

Esterno

La facciata neoclassica del 1848 in un’insolita prospettiva dall’alto

Le Navate

Navata centrale. Interni restaurati nel 2002

Controfacciata

Oblò con veduta sugli scavi della vecchia chiesa

Navata lat. sinistra

Navata lat. destra

Navata laterale sud con la Madonna con Bambino di Stefano da Putignano

I Capitelli

Cappella del S. Rosario

Tra le colonne interne è collocata la grande tela ad olio della Madonna del Rosario, circondata da 15 riquadri contenenti le raffigurazioni dei Misteri del Rosario. Ai due lati, fra le colonne tortili, le tavole rettangolari con i Santi domenicani Tommaso d’Aquino e Santa Rosa da Lima.

Sulla destra della Cappella del Rosario si trova il Cristo Risorto posto in un’edicola ottocentesca, dietro il battesimale rinascimentale.

Sulla parete sud della cappella si può vedere l’Imago Pietatis con tabernacolo tra due angeli quasi certamente opera di Stefano da Putignano.

Sul muro sinistro della Cappella del Rosario una statua lignea policroma del periodo barocco di S. Giuseppe con Gesù Bambino

Madonna con Bambino e committenti, di Stefano da Putignano, 1517

L’opera di maggior respiro, di grande impegno, di Stefano da Putignano è collocata, nella navata destra e fu scolpita da Stefano nel 1517 per la famiglia Longo, come afferma l’iscrizione della base dell’edicola: «Ad laude Dei et beate Virginis Marie dominus Paulus Longus Archipresbiter Cisternini opus hic condidit. Anno Domini 1517».
Rappresenta la Vergine in trono col Bambino, ammantata di vesti dalle pieghe profonde e morbide, quasi cesellate nella pietra resa duttile e preziosa da una tecnica avanzata e raffinata; è quasi accarezzata da due angeli che la incoronano ed ha ai suoi piedi, disposti ai lati del trono, i due committenti che sono i due fratelli Longo di cui parla l’iscrizione.
Il gruppo dei personaggi è parte integrante di una composizione tipicamente rinascimentale, che l’artista aveva sapientemente concepito e reso come un’unica espressione figurativa, sempre perseguendo quell’ideale classico nuovo, che si veniva affermando col Rinascimento. (2)
A prescindere dalla composizione e dalle forme, la sensazione è di trovarsi di fronte ad un capolavoro della scultura rinascimentale in Puglia.

Cappella del SS. Sacramento

Nella Cappella si possono ammirare tra le altre cose, le tele che rappresentano l’Ultima Cena e il Compianto su Cristo morto, attribuiti insieme ai sette ovali che li accompagnano, al pittore nativo di Cisternino Barnaba Zizzi (1762-1828). La sua produzione pittorica, diffusa nelle principali chiese di Brindisi, porta a definire Barnaba Zizzi un artista eclettico che, dalle sue prime opere riesce man mano ad affinarsi e raggiungere un elevato livello artistico.

Ultima Cena, (attrib.) Barnaba Zizzi
Cristo porta la croce, di Barnaba Zizzi
Gesù al Getsemani, di Barnaba Zizzi
Coronazione di spine, di Barnaba Zizzi
Flagellazione, di Barnaba Zizzi

Ultima cena, di Barnaba Zizzi
S. Giovanni Battista, di Barnaba Zizzi
Gesù Buon Pastore, di Barnaba Zizzi
Immacolata Concezione, di Barnaba Zizzi
Soffitto
Portale d’ingresso al SS. Sacramento

SS. Sacramento: interno con decorazioni murali, con archi ogivali a pennacchio, incavati a nicchia con esito in alto a forma di conchiglia
SS. Sacramento: interno con colomba, Spirito Santo, al centro del soffitto
SS. Sacramento: mensole angolari con cherubini

Coro e Altare

Ci spostiamo  dalla cappella del SS. Sacramento per andare verso altare, leggìo e sede.

Dietro l’altare maggiore, bella creazione moderna dell’architetto Pierangelo Caramia (anno 2000), si dispiega oggi in completa vista il coro ligneo di forma poligonale, il quale cinge le pareti che chiudono l’abside rettangolare della chiesa.
Sino agli anni ’50 il coro era occultato dal grande altare che si estendeva lungo i pilastri che sorreggevano l’arco. È con i restauri della chiesa, che l’hanno riportata all’aspetto originario, che il coro barocco è riapparso in tutto il suo splendore.
La costruzione del coro, come si rileva dal volume di Saverio Ostuni, decisa dal Capitolo il 3 giugno 1678, fu attuata negli anni 1690-1694 in seguito a un lascito di 500 ducati del defunto arciprete Don Ottavio Semeraro (1681-1689) e con i contributi del clero e del popolo, come affermano le due lapidi laterali del Coro stesso, una del 1690 e l’altra del 1694.

In fondo alla navata troviamo il coro  e la statua di S. Nicola di Bari del XVIII sec. di un ignoto scultore napoletano

Statua lignea di S. Nicola (1700)

La rappresentazione scultorea del sacrificio di Cristo in Croce è collocata in alto tra le due grandi tele dedicate a S. Pietro e S. Paolo.

Il Cristo è cinto alla vita da un perizoma nero che rimanda come data di fattura al periodo tardo-gotico.

I quadri a olio, applicati su legno, sono disposti ai lati dell’altare: a sinistra di chi guarda San Pietro, alla destra S. Paolo.

Coro, S. Pietro. Barnaba Zizzi (imput.)
Coro, S. Paolo. Barnaba Zizzi (imput.)

Cappellone Oratorio

Il transetto visto dal Cappellone

Nel Cappellone troviamo due statue policrome: a sinistra la scultura di S. Anna con la Madonna bambina; a destra la Vergine Maria con Gesù Bambino

Nella nicchia l’Immacolata Concezione, statua lignea attribuita a  Giuseppe Sarno (1793)

Madonna di Costantinopoli tra S. Giorgio e S. Caterina d’Alessandria – Affresco murale
“Sulla parete della navata laterale sinistra, verso il transetto, è stata riportata all’originario splendore la pittura murale della Madonna di Costantinopoli con i SS. Giorgio e Caterina, dopo un accurato e sapiente restauro effettuato da Valentino De Sario.
La pittura murale è inclusa in un’edicola finta ad arco, dipinta in maniera illusionistica, con due cornici alternate che ben rendono la visione prospettica della scena in profondità. Purtroppo in passato il dipinto fu in parte distrutto dallo scavo di una nicchia destinata a contenere l’immagine del Cuore di Gesù, asportando la parte centrale della pittura murale. Successivamente, durante i lavori di ristrutturazione nel 1946-48, la nicchia fu rinchiusa e lasciata in bianco.” (1)

Affresco: Madonna di Costantinopoli con S. Giorgio e S. Caterina d’Alessandria

 

Acquasantiera

Cisternino nel Grand Tour

“I viaggiatori stranieri cominciano a percorrere l’Italia già nel Medioevo come pellegrini, attraversando in genere la penisola per recarsi nei luoghi santi dell’Oriente, lasciando però solo eccezionalmente testimonianze edite delle loro esperienze ed impressioni, che riservavano a diari rimasti per lo più manoscritti.
Nel Cinquecento il motivo dominante dei viaggi è l’attrazione di una cultura, quella italiana, che riporta a splendore la tradizione classica, rinnovandola col genio dei suoi protagonisti rinascimentali, ma è nel Seicento che il viaggio in Italia, per lo straniero europeo, in genere studenti di famiglie facoltose accompagnati dai loro pedagoghi o studiosi e letterati, diventa quasi d’obbligo, risultando l’Italia la tappa finale, ma determinante, del “Grand Tour”.” (2)

Tra i pochi che ebbero l’ardire di raggiungere Cisternino, sito collinare agreste un po’ isolato e distante dalle grandi vie di comunicazione, è interessante ricordare il Pacichelli che ne dà una descrizione diffusa e dettagliata alla fine del ‘600:

“Siede al presente la Terra in un delitioso poggio, à fronte delle Reliquie, e del Mare che le dà trafico per l’Olio copioso e perfetto, e la fornisce di Pesci. È dotata di Acque pretiose, di Fiori, e Frutti, spetialmente Pomi Granati, Pistacchi, Mandorle, Grisommole, Peri, Pruni, Sorbe, Nespole, Fichi, & altri. Di Uve, che fan gustare Vini eccellenti, Grechi, Moscatelli, Malvagie, & altri. Di Orgio, Grano, Lino, Legumi, & Herbe da pascersi.
Hà Borgo elegante nelle strade, co’ Giardini uniti alle case. Dentro poi vi risplende ogni comodità. La torre accennata, in quadro, alta cento cubiti, e larga quaranta palmi, raffigura una inespugnabil Fortezza. La Chiesa madre col titol sudetto di S. Nicolò Patarese in forma di Collegio con cinque Dignità e dieci Canonaci per lo più Dottori, sostenuta da colonne, spiega nelle cappelle, Tele ancor di Luca Giordano, una Venerabile Immagine rilevata del Crocefisso nel soccorpo, molte Sagre Reliquie, e maestosi Sepolcri. La Chiesa di Santa Lucia Parocchiale, si frequenta co’ sagrifici. Né fuori manca la Pietà in quelle, di S. Maria di Costantinopoli, S. Quirico, Santa Maria d’Ibernia, Santa Maria del Soccorso, S. Salvadore Commenda di Malta, e nella propria de’ Capuccini.
Usano i Cittadini le mode correnti nel vestire. Dilettanti delle Arti liberali, e de l’esercitio della Caccia, frà le selve colme di Cinghiali, Cervi, Capri, Volpi, Lepri, Martore, Istrici, & altri, usando schioppi, e funi insidiose. Così, nelle Acque del Mare, e de’ Fiumi, predan gli Uccelli.” (2)

La torre di Porta Grande o Normanno-Sveva

La torre, sulla sui sommità svetta la statua di San Nicola, costituisce l’ingresso principale ad uno dei Borghi più belli d’Italia.

Svettante sul Colle delle Forche, secondo un’antica tradizione, la torre risalirebbe all’età romana, costruita dall’imperatore Claudio nel 44 d.C., ma in realtà il suo nucleo originale risale all’epoca Normanna e più esattamente alla fine dell’anno 1000 o ai primi anni del 1100. La sua prima struttura aveva la stessa altezza dell’attuale (circa 18 m.) ma era più stretta.

L’antica torre fu quasi completamente distrutta sul finire del 1300 dalle invasioni degli Unno-Bretoni e ristrutturata e ampliata nel 1400, quando intorno alla vecchia torre fu addossato un nuovo e possente muro. Al suo interno erano presenti solai in legno di cui si conservano le buche dove venivano inserite le travi. Da un piano all’altro si passava per mezzo di scale e botole lignee, simili a quella ancora visibile nell’angolo S/O del 1° livello.
I muri interni erano coperti da dipinti di cui sono rimaste alcune tracce. Particolarmente significative quelle, di fattura seicentesca, presenti all’ultimo piano e raffiguranti la testa di un vescovo e uno stemma. Sempre all’ultimo piano è presente un’antica lapide che ricorda la ristrutturazione del 1400, sormontata da un’arma nobiliare e da uno stemma vescovile.
Sino alla metà del 1800, la torre era collegata alla facciata della Chiesa Madre per mezzo della “Porta Grande”. Nel tempo, la torre è stata sede della Guardia Nazionale, del podestà, degli Uffici Comunali e Giudiziari, delle Poste, dei Vigili Urbani, dell’Archivio Storico Comunale, delle Scuole e della Pro Loco.
Dalla sommità della torre, svetta la statua di S. Nicola di Patara che, con lo sguardo rivolto alla Valle d’Itria, osserva e protegge il paese e i suoi abitanti.

Il magnifico panorama visto dalla torre

 

Uno sguardo al Centro Storico
Affacciato sulla Valle d’Itria, nella cosiddetta Murgia dei Trulli, Cisternino dista 46 chilometri da Brindisi, poco lontano dal litorale adriatico.

Nel centro storico è possibile ammirare le dimore storiche, dal palazzo del Governatore, bellissimo esempio del barocco in Puglia, al cinquecentesco palazzo vescovile, da Palazzo Amati a Palazzo Lagravinese, fino a Palazzo Ricci-Capece con la Torre del Vento.

Vediamole in questa incredibile passeggiata che ha inizio all’entrata del paese dopo aver oltrepassato la ormai ipotetica Porta Grande tra Chiesa Matrice e la Torre Normanno-Sveva

Palazzo Vescovile

Il vescovo, nella seconda metà del Cinquecento, risiedeva nel Palazzo Vescovile, fatto edificare dal vescovo Fra Ottaviano Preconio (1546-1561), come ricorda una iscrizione lapidea del 1560 posta sopra al portone.

Palazzo vescovile
Accanto al fregio è ancora leggibile l’iscrizione che dice: Palazzo costruito per la tutela dei Vassalli
Arme araldica quasi completamente cancellata

Continuiamo a camminare attraversando vicoli e stradine finchè non arriviamo alla Piazza Grande con la sua Torre dell’Orologio opera dei maestri Curri di Alberobello, 1850 ca.

Tra i vicoli del ‘600 e ‘700
Case del ‘600 e ‘700
Tra i vicoli del ‘600 e ‘700
Piazza Grande
Torre dell’Orologio opera dei maestri Curri di Alberobello, 1850 ca.
Torre dell’Orologio – part.
Torre dell’Orologio – part.

Ci addentriamo nel’antico borgo finchè non incontriamo la piccola chiesa di S. Lucia, originariamente della famiglia De Leonardis.  Al suo interno nell’absidiola, resti di un affresco risalente, date le caratteristiche, al secolo XVIII. Rappresenta un Cristo benedicente di artista non identificabile.

Tra i vicoli del ‘600 e ‘700
Tra i vicoli del ‘600 e ‘700
Case del ‘600 e ‘700
Tra i vicoli del ‘600 e ‘700
Tra i vicoli del ‘600 e ‘700
Tra i vicoli del ‘600 e ‘700
Chiesa di S. Lucia
Chiesa di S. Lucia – Interno
Chiesa di S. Lucia – Interno
Palazzi  padronali nei pressi della casa del Governatore
Palazzi padronali nei pressi della casa del Governatore

Palazzo del Governatore

Ingresso del Palazzo del Governatore (1500 circa)
Palazzo del Governatore – part.
Palazzo del Governatore – part.
Case del ‘600 e ‘700
Palazzo padronale
Case intorno a Porta Piccenne (Porta Piccola)
Caseggiato di Porta Piccenne (Porta Piccola)
Porta Piccola ( in ostunese Porta Piccenne)
Porta Piccola ( in ostunese Porta Piccenne)

Incontriamo poi la Chiesa di S. Cataldo, costruita in stile barocco nel 1783, ma aperta al culto dal 1788. Nella nicchia la statua in pietra di S. Cataldo.

Chiesa di S. Cataldo
Chiesa di S. Cataldo
Chiesa di S. Cataldo – Statua del Santo
Chiesa di S. Cataldo – Vetrata con immagine della colomba dello Spirito Santo

Inizia la parte nuova del borgo che, verso la fine del ‘700, andava espandendosi aldilà del centro storico con la sua particolare architettura.

Al termine della via incontriamo la Chiesa nuova o Chiesa di Cristo (1860), a semplici forme neoclassiche

Chiesa nuova o Chiesa di Cristo (1860)

Di rimpetto, sulla stessa piazza, c’è la Torre Angioina o Torre del vento inglobata nel Palazzo Capece

Torre Angioina o Torre del vento inglobata nel Palazzo Capece
Torre Angioina o Torre del vento inglobata nel Palazzo Capece
Torre Angioina o Torre del vento inglobata nel Palazzo Capece

Particolari della vista dal belvedere della piazzetta

Sulla via del ritorno incontriamo l’altra Torre Angioina inglobata nel Palazzo Amati

Torre Angioina inglobata nel Palazzo Amati
Torre Angioina inglobata nel Palazzo Amati – Particolare
Torre Angioina inglobata nel Palazzo Amati – Particolare con la scultura in evidenza

Proprio davanti alla Chiesa di S. Nicola ritroviamo il Monumento ai caduti nelle guerre 1935-1945

Sulla via del ritorno troviamo la Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta

Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta

Si ringrazia Mario Carlucci per la preziosa collaborazione

(1) R. Semeraro + 5, La chiesa di San Nicola a Cisternino. Grafischena Srl – Fasano, 2003

(2) Raffaele Semeraro, Cisternino – Storia, arte, tradizioni, protagonisti. Grafischena Srl – Fasano, 2005

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