Chiesa dei santi Niccolò e Cataldo – Lecce

Costruiti al di fuori delle mura cittadine, la chiesa e l’annesso monastero benedettino più tardi passato agli olivetani, furono fondati da Tancredi d’Altavilla conte di Lecce e ultimo re di Sicilia.
Secondo le epigrafi incise sugli architravi delle due porte, la sua costruzione risale al 1180, cioè poco dopo il ritorno di Tancredi dalle imprese orientali (1169) al servizio di Guglielmo il Buono, ove sarebbe scampato a un naufragio nel canale d’Otranto. Al fortunato epilogo di questa vicenda si attribuisce l’intitolazione della chiesa ai SS. Niccolò (protettore dei naviganti) e Cataldo (protettore di Taranto).

La facciata
Nel 1716 gli olivetani intrapresero un radicale intervento di ristrutturazione dell’edificio. La facciata venne rifatta da Giuseppe Cino in puro Barocco leccese conservando, di quella originaria, solamente il pregevole portale e il rosone. Il prospetto fu arricchito da dieci statue lapidee e da un monumentale fastigio di coronamento in cui svetta lo stemma degli olivetani, costituito da una croce e dai rami d’ulivo.

Il chiostro con l’antico portale

I fianchi della chiesa si allungano, a destra, nel cinquecentesco chiostro dovuto a Gabriele Riccardi, adorno del seicentesco baldacchino sovrastante il pozzo posto su quattro colonne tortili, e, a sinistra, nell’area ottocentesca del cimitero.

Gli interni

L’interno è diviso in tre navate da pilastri quadrilobati con semicolonne addossate. La navata centrale è coperta da una volta a botte mentre quelle laterali hanno una copertura con volta a crociera ogivale. In corrispondenza del transetto si innalza una cupola ellittica impostata su un tamburo ottagonale. In origine la superficie interna era ricoperta interamente da affreschi; nel XVII secolo quelli sulle colonne e sulle pareti furono imbiancati o ricoperti da altari, quelli della volta furono intonacati o ridipinti con decorazioni in stile pompeiano. Nella cupola sono raffigurati l’Incoronazione ed il Transito della Vergine.
Nelle navate laterali sono presenti alcuni altari attribuiti a Mauro Manieri, tra cui quello intitolato ai santi Benedetto, Bernardo Tolomei e Francesca Romana e quello dei santi Niccolò e Cataldo. Entrambi gli altari espongono una tela settecentesca del pittore napoletano Giovan Battista Lama.
Di pregevole valore artistico sono la statua di san Nicola benedicente, nella navata sinistra, e due acquasantiere, tutte opere realizzate nel XVI secolo e attribuite a Gabriele Riccardi.
Il programma decorativo tardogotico si estende dalla controfacciata ad almeno le due prime campate delle navate laterali: si tratta di una sorta di edificante galleria con i santi protettori e la narrazione delle loro vite esemplari che, almeno due differenti mani, trascrissero ricorrendo all’uso dell’icona agiografica.
I protagonisti sono San Benedetto e San Nicola; manca San Cataldo la cui immagine, frammentaria, è relegata sulla controfacciata, ma non può escludersi che in altra parte della chiesa fosse celebrato con pari dignità. Nella seconda campata della navata settentrionale è rappresentato San Benedetto (480-547) con il pastorale nella mano sinistra.
Quel che resta della figura mostra il bordo inferiore della veste e la pedana lignea finemente sagomata; la porzione superiore del dipinto, soprattutto la parte centrale, è andata distrutta a causa dell’addossamento di un altare.
Nella navata settentrionale, nei riquadri intorno alla figura centrale, scene della vita di San Benedetto.
Nella navata meridionale, in esatta corrispondenza con l’affresco di S. Benedetto, è imbastito quello di S. Nicola, del quale oggi si leggono soltanto il bordo drappeggiato della veste, il pastorale e la pedana del trono resa in prospettiva. Delle numerose storie campite nei riquadri laterali ne restano soltanto due.
Come si è potuto appurare dai restauri, la decorazione tardogotica della chiesa era certamente più estesa di quanto oggi in luce. Indicative le sbiadite immagini della Maestà della Vergine e di San Nicola affrescate nelle lunette dei portali.
Sporadici brani sono riemersi, poi, anche sulla controfacciata (San Nicola e San Cataldo) e nella prima campata della navata destra è campito un Angelo.

Navata centrale

Navata laterale dx con altari

 

Scene dalla vita di San Nicola

Nella navata meridionale, in esatta corrispondenza con l’affresco di S. Benedetto, è imbastito quello di S. Nicola, del quale oggi si leggono soltanto il bordo drappeggiato della veste, il pastorale e la pedana del trono resa in prospettiva.
Delle numerose storie campite nei riquadri laterali ne restano soltanto due, San Nicola che salva un fanciullo caduto in mare e, la vicenda di un ebreo che, prossimo a partire per un viaggio, aveva affidato tutti i suoi averi alla protezione di un’icona raffigurante San Nicola. Al suo ritorno, scoprendo di essere stato derubato iveì contro l’immagine, incolpandola di negligenza. L’affresco riproduce l’intervento del santo che mette in fuga i ladri costringendoli a restituire la refurtiva e culmina con la Conversione dell’ebreo battezzato da un chierico.

 

 

Navata sx con altari

Scene dalla vita di San Benedetto

Nella seconda campata della navata settentrionale è rappresentato San Benedetto (480-547) con il pastorale nella mano sinistra. Quel che resta della figura mostra il bordo inferiore della veste e la pedana lignea finemente sagomata; la porzione superiore del dipinto, soprattutto la parte centrale, è andata distrutta a causa dell’addossamento di un altare. La prima scena in alto a sinistra, rappresenta San Benedetto in eremitaggio a Subiaco. Il secondo riquadro inscena l’Arrivo a Montecassino. L’epilogo della vicenda si legge nella zona inferiore, in cui San Benedetto (ormai vecchio, con barba e capelli bianchi) resuscita un monaco schiacciato da un muro (fatto crollare dal diavolo che poi fugge a gambe levate). Segue una scena con San Benedetto in vesti pontificali, in posizione orante. Nell’ultimo riquadro a sinistra, una sequela di santi dell’Ordine è ritratta in preghera verso la figura perduta di S. Benedetto. La figura che fa capolino dietri santi vescovi, privo dell’aureola, potrebbe essere quella dell’anonimo committente-donatore.
Nel primo riquadro, in alto a destra, S. Benedetto impartisce la benedizione a due laici. Stando alla leggenda la scena potrebbe raccontare la Presentazione dei due giovanetti da parte dei rispettivi padri. Nel riquadro successivo S. Benedetto opera un esorcismo e, attraverso il segno della benedizione, scaccia il demonio che si era impossessato di un chierico, ritratto ai suoi piedi. Nel brano seguente S. Benedetto guarisce un lebbroso e, nell’ultimo riquadro in basso, racconta la Morte di S. Benedetto visto salire in cielo.

Immagine sulla controfacciata

Soffitto affrescato

Alcune scene dalla volta

Immagini del transetto

Immagini dal coro

Al XVII secolo risalgono il monumento sepolcrale del poeta epico leccese Ascanio Grandi e gli affreschi del coro (1619).

Il nostro ringraziamento ai volontari del FAI per il loro determinante contributo alla visita

Fonti bibliografiche:

Sergio Ortese, Pittura tardogotica nel Salento. Locopress per conto di M. Congedo editore, 2014

Wikipedia:

  • Lecce elegia del Barocco, Michele Paone, Congedo Editore, Galatina (Lecce), 1999
  • F. Canali, V, Galati, Paesaggi, città e monumenti di Salento e Terra d’Otranto tra Otto e Novecento, Una «piccola Patria» d’eccellenza, dalla Conoscenza alla Valutazione e alla Tutela dei Monumenti…, Firenze, 2017, pp.723 e segg..

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