Lecce Barocca – Da Porta Rudiae alla Basilica di Santa Croce e dintorni (seconda parte)

Nel 2019, la città di Brindisi decise di appoggiare la candidatura di Lecce come capitale europea nel tentativo di creare un polo salentino da contrapporre ai più forti concorrenti in competizione. Purtroppo, sappiamo tutti com’è andata e ciascuno ha potuto trarre le sue conclusioni quando alla fine ha visto sul podio della vittoria la piccola Matera.
Ma sappiamo anche, perchè ce lo dicono le cronache nazionali e lo constatiamo personalmente, che la Puglia e la vecchia Terra d’Otranto in particolare, sono quotidianamente invase pacificamente da frotte di turisti venuti da ogni dove. Particolarmente apprezzato, per tutto l’anno, è il centro storico di Lecce, che, con i suoi edifici, si fa ammirare per l’architettura, nel suo esclusivo stile barocco.
La scena che si presenta ai visitatori, fatta di monumenti, piazze e corti, chiese e palazzi, tutti avvolti dal medesimo stile, è il trionfo del Barocco leccese; uno stile affermatosi nel Cinquecento che ha resistito nelle costruzioni fino alla prima metà del Settecento.
Com’è noto il Barocco romano nasceva dal desiderio di rinnovamento della chiesa dopo il Concilio di Trento che aveva mobilitato schiere di architetti, scultori e pittori nello sforzo di trasformare le chiese in grandi opere d’arte di travolgente splendore. Così anche il Barocco leccese, in un primo momento, interessò solo gli edifici sacri e nobili, ma successivamente le esuberanze barocche con i motivi floreali, le figure, gli animali mitologici, i fregi e gli stemmi, trionfarono anche nell’architettura privata, sulle facciate, sui balconi e sui portali degli edifici.
Guido Piovene, giornalista Rai degli anni cinquanta, scrisse:

“Chiese e palazzi sono come ravvolti dentro una tonaca di pietra lavorata come lo stucco, sennonché la pietra tenera, esposta all’aria, prende un bel colore dorato. Il grande capriccio di Lecce va da San Matteo al Duomo (..) fino al Palazzo del Governo e a Santa Croce che è il culmine: aquile, draghi, scimmie, santi, i turchi, le colonne tortili, le balaustre, i trafori, i riccioli, i fiori, la frutta, i nastri svolazzanti. Pure quella facciata dà un’impressione d’armonia, e, come tutta Lecce, incanta.”

(Guido Piovene, Viaggio in Italia)

Le immagini di questo secondo itinerario, che poniamo all’attenzione di chi ci guarda, sono state riprese partendo da Porta Rudiae per poi arrivare a Piazza Sant’Oronzo, passando per via Libertini e via Vitt. Emanuele II. In fondo alla piazza, abbiamo deviato per via Templari, e proseguito su via Umberto I. Alla nostra destra è apparsa la magnifica Basilica di Santa Croce e il Palazzo dei Celestini. Continuando a camminare, abbiamo cercato di immortalare anche quegli edifici, ovviamente in stile barocco,  che erano in prossimità o nelle vicinanze delle strade principali.

Come già detto nella prima parte, le nostre fotografie sono solo una parte del patrimonio storico-architettonico esistente, da cui abbiamo dovuto forzatamente escludere gli edifici in restauro e quelli che, per cause indipendenti dalla nostra volontà, non ci è stato possibile fotografare.

E’ possibile vedere il nostro articolo Lecce Barocca – Da Porta Napoli a Piazza Duomo (prima parte), a questo link

http://wp.me/p8GemW-3zL

Porta Rudiae

Porta Rudiae è la più interessante e antica delle 3 porte di Lecce; quella che volgeva verso l’antica città distrutta di Rudiae, da cui prese il nome. Sorta sulle rovine di una porta più antica, fu ricostruita nel 1703 dal nobile leccese Prospero Lubelli. Tale porta, detta anche di sant’Oronzo, è sormontata dalla statua del santo e dagli altri protettori di Lecce, Sant’Irene e San Domenico.

Ospedale dello Spirito Santo

Via G. Libertini n. 6. Il muro dal basamento bugnato ci accompagna per un lungo tratto. Fu costruito nella prima metà del Cinquecento dall’arch. militare Gian Giacomo dell’Acaya

Chiesa  ed ex Conservatorio di S. Anna

La chiesa di Sant’Anna, insieme all’attiguo Conservatorio omonimo, è una costruzione barocca del centro storico di Lecce edificata nel 1680 e voluta da Teresa Paladini. L’edificio del Conservatorio è posto a destra della chiesa di Sant’Anna. Nel 1764 venne ristrutturato da Emanuele Manieri.

Via Libertini

Palazzo Luperto

Via G. Libertini, 41. Cinquecentesco edificio che ha subito grossolani interventi con danni irreparabili che ne hanno sfigurato il prospetto. Di originale è rimasto il portale con i due busti classicheggianti ad altorilievo.

Palazzo Lecciso

Via G. Libertini n. 45. Palazzo del XVI sec. probabilmente realizzato da un anonimo formatosi alla bottega del Ricciardi.

Via Vittorio Emanuele II

Chiostro ex Convento dei Teatini e  Chiesa di Sant’Irene

Costruita nel periodo della controriforma su disegno di Francesco Grimaldi; quando S. Irene era venerata come patrona della città. Sul prospetto la statua di S. Irene scolpita da Mauro Manieri, e la lupa col leccio simbolo della città.

Palazzo Personè

Via Vittorio Emanuele, 19 e 25. Completato ed ingrandito dalla famiglia Personè agli inizi del Seicento, la struttura passò per varie mani prima di arrivare ai Tafuri, uno dei quali, Antonio, lo trasformò riducendo a magazzini gli appartamenti del piano inferiore e innalzando sugli stessi un secondo piano.

Palazzo Brizio

Corso Vittorio Emanuele II n. 50. L’elegante palazzo dal portale adornato di colonne ioniche, fu opera di Gabriele Ricciardi.

Palazzo Tafuri

Corso Vittorio Emanuele II n. 65. Rimaneggiato nel sec. XVII cui risale la fisionomia ornamentale della struttura.

Piazza Sant’Oronzo (prima dei recenti restauri)

La statua di Sant’Oronzo

 La statua del Santo Patrono è posta nella omonima piazza, sin dal 1739. La statua è stata realizzata con una struttura interna in legno veneziano, rivestita con lamine di rame e finitura simil bronzo, raffigurante il Santo benedicente.

Piazza Sant’Oronzo (durante i restauri)

La colonna è priva della statua del Santo e i ponteggi coprono la Cappella di San Marco

Cappella di S. Marco (adiacente al Sedile)

La chiesetta fu costruita nel 1543 dalla colonia veneta e attribuita al Ricciardi. Rappresenta espressione significativa dei rapporti intercorsi tra Lecce e la Serenissima.

Sedile

Fu costruito sul luogo dell’antico sedile fra il 1588 e il 1592 dal mastro Alessandro Saponaro. Fu sede del Municipio fino al 1851, poi della Guardia Nazionale e, alla fine dell’Ottocento prima sede del Museo Civico

S. Maria della Grazia

La chiesa venne innalzata in seguito al ritrovamento di un affresco della Madonna, databile al XIV secolo. La sua edificazione avvenne negli ultimi decenni del Cinquecento, su disegno del teatino Michele Coluccio.

Palazzo Morelli

Via G. Matteotti, tra i nn. 25 e 27.  Dell’antico palazzo del XVI sec. di cui Giov. Vincenzo Morelli era il proprietario, oggi non rimane che il portale. Quest’ultimo, peraltro, sormontato dall’arme dei Morelli, è davvero straordinario con il suo arco formato dall’alterna sovrapposizione di bugne lisce e capitelli ionici.

Chiesa del Gesù vista da Corte dei Carnesecchi

In primo piano un’opera di cartapestai locali

Chiesa del Gesù vista da piazza S. Castromediano

Chiesa del Gesù 

La Chiesa del Gesù è stata per secoli sede della Compagnia di Gesù. La chiesa fu costruita a partire dal 1575 per accogliere i Gesuiti che erano giunti in città l’anno precedente al seguito di Bernardino Realino da Carpi. La costruzione della chiesa del Gesù comportò la demolizione dell’antica chiesetta di San Niccolò dei Greci. L’edificazione della struttura venne eseguita utilizzando i disegni del gesuita comasco Giovanni De Rosis.
L’intero edificio si ispira alla Chiesa del Gesù di Roma, considerata la Madre delle chiese dell’ordine dei Gesuiti.

Patria Palace Hotel (già pal. D’Anna-Petrarolo)

L’incerto anno di costruzione di questo edificio del XVIII sec. non consente di stabilire se i disegni del palazzo furono di Mauro od Emanuele Manieri; è certo però che, nell’atelier familiare da essi formato, fu concepito questo prospetto oggi trasformato in struttura di accoglienza turistica.

Basilica di Santa Croce

La Basilica di Santa Croce insieme all’attiguo ex convento dei Celestini costituisce la più elevata manifestazione del barocco leccese.
I lavori per la costruzione della basilica durarono per due secoli, fra il XVI e il XVII, e videro coinvolti i più importanti architetti dell’epoca quali Gabriele Riccardi, Cesare Penna e Giuseppe Zimbalo. Sono probabilmente i loro ritratti e di alcuni collaboratori, che possiamo vedere seminascosti nel fogliame che circonda l’ampio rosone da noi evidenziati.
La prima fase della costruzione, cominciata nel 1549, terminò entro il 1582 grazie al contributo del Riccardi, e vide la costruzione della zona inferiore della facciata, fino all’enorme balconata sostenuta da telamoni raffiguranti uomini e animali. Una successiva fase dei lavori, a partire dal 1606, durante la quale vennero aggiunti alla facciata i tre portali decorati, è marcata dall’impegno di Francesco Antonio Zimbalo. Al completamento dell’opera lavorarono successivamente Cesare Penna e Giuseppe Zimbalo. Al primo è dovuta la costruzione della parte superiore della facciata e dello stupendo rosone (vicino al quale è scolpita la data 1646), al secondo va probabilmente attribuito il fastigio alla sommità della struttura.

Convento dei Celestini

Via Umberto I. Naturale proseguimento, per coerenza scenografica, del prospetto della chiesa di S. Croce, è il contiguo palazzo monastico dei Celestini, nel quale hanno sede oggi gli uffici della Prefettura e della Provincia.

Il palazzo ha un lungo prospetto a due ordini. Il primo, iniziato nel 1659, viene attribuito a Giuseppe Zimbalo, come anche i disegni dell’intero edificio; l’esecuzione del secondo ordine, iniziata nel 1688 e conclusa nel 1695, viene riferita a Giuseppe Cino.

L’attuale fisionomia neoclassica del chiostro risale alla prima metà dell’Ottocento, quando, per adattare l’edificio a sede dell’Intendenza di Terra d’Otranto, furono costruiti i pilastri che inglobarono le colonne esterne del porticato.

Via Umberto I

Palazzo Personè

Via Umberto I, n. 7. In questa strada è sito il portale bugnato che si vede in foto. L’edificio presenta anche un altro accesso dalla via Saponea, per cui veniva chiamato con voce dialettale “li ddoi purtuni”. Nel XVII sec. fu abitazione del poeta e musicista Diego Personè.

Palazzo Loffredo-Adorno

Via Umberto I, n. 32. Costruito negli anni 1568-1569 da Cicco, figlio di Ferrante Loffredo, marchese di Trevico, presumibilmente su disegni di Gabriele Riccardi. E’ l’unico palazzo del Cinquecento leccese che presenti il bugnato liscio all’esterno e sfaccettato nell’androne. Tra portone e balcone troviamo lo stemma settecentesco dei Personè, successivi proprietari, con i puttini abbracciati.  La Provincia di Lecce, proprietaria dei locali, ne ha fatto la sede del Centro di Studi Salentini.

Palazzo Bozzicorso

Via degli Antoglietta n. 42. Realizzato per la famiglia Prato nella seconda metà del sec. XVI, fu ingrandito, modificato e restaurato quando ne divenne proprietaria la famiglia Bozzicorso di Monteparano. Fu sede anche degli uffici della Pretura.

Chiesa di San Niccolò dei Greci (nota come “chiesa greca”)

Fino al 1575 ebbe sede in una cappella dove attualmente sorge la Chiesa del Gesù. Concessa l’area ai Gesuiti, la colonia greca fu costretta a trasferirsi in quella di San Giovanni del Malato che fu riconsacrato a San Nicolò, detta dei Greci per i suoi riti. Nel 1765, su disegno dell’architetto Francesco Palma, l’edificio fu ricostruito venendo così ad assumere l’attuale connotazione tardobarocca.

Nel dedalo di viuzze del centro storico si incontrano edicole molto interessanti

Chiesa di S. Giovanni Evangelista

La chiesa, con annesso monastero delle Benedettine, venne assoggettata alla diretta dipendenza del pontefice, da Anacleto II.
La sua fondazione fu voluta dal conte normanno Accardo II, nel 1133. San Giovanni divenne il monastero la cui comunità di claustrali fu, per molti secoli, formata da fanciulle della più facoltosa aristocrazia salentina. La sua considerevole importanza viene documentata dal prezioso archivio librario e documentario, dal tesoro di sacri arredi e paramenti, entrambi conservati nel monastero, e dalla sopravvivenza – unico tra tutti i monasteri cittadini – alle soppressioni, pur dopo l’incameramento statale dei beni ecclesiastici che spogliò San Giovanni di ogni sostanza. Nonostante la fondazione del complesso risalga al XII secolo, ben poco rimane della originaria struttura.

Arco di Prato

Via L. Prato, nella piazzetta. L’arco basso e profondo immette nell’atrio, profondamente rimaneggiato.

Palazzo D’Amore

Via A. Galateo, n. 61. Il balaustrato palco ad archi che si affaccia sull’atrio scoperto, potrebbe essere opera dell’ingegno di Emanuele Manieri.

Fonti storiche: Michele Paone, Palazzi di Lecce; Fiorella Congedo, Nuova Guida di Lecce; Wikipedia

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