Palazzo Mezzacapo

In via Seminario, ad angolo con via Duomo, sorge il palazzo che apparteneva ai signori di Mezzacapo già dal 1667.

Ce lo conferma un atto del 1720 con cui  furono acquistate alcune casette per ingrandire il Seminario, “in loco detto davanti al palazzo dei signori di Mezzacapo”.

L’ultimo di questa famiglia fu un canonico che alla sua morte lasciò parte dei suoi beni al capitolo di questa città, ed al Monte “Ferreyra-Degli Alunni”.

Nel 1872 era di Perrone e Miceli.

 

Il portale, arricchito da due colonne laterali, richiama molto quello di palazzo Montenegro, del quale risulta coevo.

 

 

 

 

 

Al primo piano, sull’angolo del palazzo si può ammirare un corposo stemma che cosi il Leanza descrive:

 

“Rappresenta un ornato, metà guarnito di cartocci, lavoro antichissimo, poi sotto un mascherone.

L’altra metà, ossia il di sopra é guarnito da due putti che sostengono un cimiero con maschera chiuso e dai lati sporgono due teste di oca con bocca aperta, e sopra detto cimiero si vede scaturire una grande foglia di quercia e dai lati altre due, come altre due scaturiscono da sotto il collo delle due teste di oca, ed altre due dalla metà del cimiero.

Nel fondo dello stemma, in mezzo agli ornati, una mezza testa che ha sulla fronte un nastro che pende dietro. Testa d’uomo voltata a destra  e poggiata sopra uno scudo con 4 fasce trasversali scannellate senza che poggia sui suddetti cartocci”.

Il palazzo é ubicato nella stessa zona dove anticamente, già dal 1218 sorgeva la Chiesa di San Demetrio, che però nel 1500 risultava già crollata.

Nostro intervento Facebook del 26 gennaio 2021

Percorrendo via Duomo si incontra sulla destra la via del Seminario, con il Palazzo che fu dei Mezzacapo.
Il primo della famiglia ad essere citato nelle cronache fu Scipione, auditore nell’amministrazione cittadina negli anni 1590-91.
La famiglia, di verosimili origini amalfitane e di solide basi economiche, aveva realizzato il palazzo nel cosiddetto vicinato di San Demetrio, nella seconda metà del XVI secolo. Si estinguerà nella famiglia Serio sul finire del XVIII secolo, dopo essere stata illustrata da ecclesiastici, avvocati e pubblici amministratori.
L’ultimo della famiglia fu un canonico che, alla sua morte, lasciò parte dei suoi beni al Capitolo della città, ed al Monte Ferreyra degli Alunni.
Il palazzo, nella sua forma, assomiglia molto a Palazzo Montenegro, del quale risulta coevo. E, la zona in cui sorge, è la stessa in cui, nel 1218, sorgeva la chiesa di S. Demetrio che però, nel 1500, risultava distrutta.
Lo stemma di famiglia, ammurato sia all’esterno che all’interno del palazzo, viene descritto dal Leanza: “Rappresenta un ornato, metà guarnito di cartocci, lavoro antichissimo, poi sotto un mascherone.
L’altra metà, ossia il di sopra é guarnito da due putti che sostengono un cimiero con maschera chiuso e dai lati sporgono due teste di oca con bocca aperta, e sopra detto cimiero si vede scaturire una grande foglia di quercia e dai lati altre due, come altre due scaturiscono da sotto il collo delle due teste di oca, ed altre due dalla metà del cimiero. Nel fondo dello stemma, in mezzo agli ornati, una mezza testa che ha sulla fronte un nastro che pende dietro. Testa d’uomo voltata a destra e poggiata sopra uno scudo con 4 fasce trasversali scannellate senza che poggia sui suddetti cartocci”.
L’edificio, come tanti altri in città, ha avuto fama d’ospitare un fantasma. Il racconto popolare nasce, probabilmente, da un fatto vero annotato nella Cronaca dei Sindaci di Cagnes e Scalese, poichè alla data del 6 aprile 1688, Romano figlio di Filippo Romano, venne “trovato annegato doppo tre mesi nel pozzo di sotto le case del signor Francesco Paolo Mezzacapo, dove al presente è il mulino”.
Bibliografia:
Cagnes e Scalese, Cronaca dei Sindaci; N. Vacca, Brindisi Ignorata; G. Carito, Brindisi Nuova Guida; G. Leanza, Araldica della città di Brindisi curata da G. Maddalena Capiferro; N. Cavalera, I palazzi di Brindisi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *